Marco Damilano, L’Espresso, 18 giugno 2009, 18 giugno 2009
MARCO DAMILANO PER L’ESPRESSO 18 GIUGNO 2009
L’Italia di B&B Dalle urne il centrodestra esce vittorioso. Ma non come sognava Berlusconi. il trionfo della Lega di Bossi. Un alleato più forte. E ancora più scomodo
Tendenza Veronica, magnificavano un tempo gli adulatori della moglie e soprattutto del marito. Lui, Silvio B., ancora nei suoi comizi per le elezioni regionali in Sardegna, quattro mesi fa, raccontava di scenette familiari tipo lui che torna a casa, i nipotini che lo aspettano sulla soglia, la signora che butta la pasta. Tutto finito, ora. La sola coppia che resiste all’usura degli anni, al logorio del tempo, a tradimenti, abbandoni, bagatelle è la loro, quella delle cene di Arcore del lunedì sera, di B&B, Berlusconi&Bossi: l’unica fedeltà che il Cavaliere conosca.
Tendenza Umberto, dunque. Rafforzata dai risultati delle elezioni europee e amministrative. Dovevano essere una passeggiata trionfale per il premier. Il Cavaliere coltivava un sogno: avvicinarsi al 51 per cento con il suo nuovo soggetto politico, il Pdl, traguardo raggiunto solo da Alcide De Gasperi nel 1948. E quindi procedere a una riforma in senso presidenziale della Costituzione, con un predestinato pronto ad ascendere al Quirinale, a furor di popolo. Lui, naturalmente. Da questo punto di vista, il terremoto in Abruzzo era stato una formidabile occasione per le prove generali: il presidente di tutti gli italiani a mensa con gli sfollati in tenda, in mezzo alla gente, lontano dalle autorità. Onnipresente.
Il sogno si è interrotto sulla strada di Casoria. Quando il quotidiano cattolico ’Avvenire’ ha scritto che per indossare i panni dell’uomo di Stato bisogna innanzitutto incarnare la virtù della sobrietà: lost in translation, parola intraducibile nel reame di Berlusconia. E tanti elettori, sobriamente, hanno preferito astenersi dal votare il Cavaliere: tre milioni di voti in meno alle europee per il Pdl rispetto al 2008, due milioni e 700 mila preferenze personali per Berlusconi che si era candidato ovunque. Uno sproposito per un politico normale, una delusione bestiale per il premier che giurava di raccogliere le lodi del 73 per cento degli italiani. Il plebiscito può attendere, insomma. E di scaricare l’amico Bossi, come gli hanno consigliato di fare Roberto Formigoni, Giuseppe Pisanu, e soprattutto Gianfranco Fini, non se ne parlerà più. Anche perché la Lega, al contrario, ha stravinto. E ora per il Carroccio tutti gli obiettivi sono alla portata: il Lombardo-Veneto, Raidue e perfino la poltrona di sindaco di Milano, da cui far sloggiare la signora Letizia Moratti, come si farebbe con una qualsiasi terrona seduta nella metro.
Tendenza Umberto, la coppia reggerà. Nonostante le gelosie degli esclusi, i colonnelli di An ridotti allo stato di paggetti del matrimonio più solido della politica italiana. Bossi il coniuge che può garantire a Silvio una tranquilla, serena vecchiaia: al riparo dai complotti internazionali, dai fantasmi di governi istituzionali che si agitano dalle parti del presidente della Camera o del ministro dell’Economia, in asse con Massimo D’Alema. E grazie anche all’imbarazzante spettacolo del primo partito di opposizione che il giorno dopo il voto ha esultato per aver perso ’solo’ quattro milioni di voti. Il Pd non si scioglierà, non divorzierà da se stesso, è già qualcosa. Ma molti suoi elettori hanno già abbandonato la casa, magari per scappare verso Antonio Di Pietro. Aspettano che qualcuno li convinca a ritornare indietro. Se non è troppo tardi.