Mariolina Iossa, Corriere della sera 12/06/2009, 12 giugno 2009
A DUE ANNI COME HAWKING I PICCOLI GENI DA PROTEGGERE
Quoziente d’intelligenza a 160. La psichiatra: no al test
ROMA – Ha solo due anni e mezzo, quasi tre ma il suo quoziente intellettivo è 160. Lo stesso QI di Bill Gates e di Stephen Hawking. Karina, la bambina prodigio che vive a Guildford, in Inghilterra, ha un punteggio ben al di sopra della media nazionale inglese, che è 100, e anche superiore a 140, considerato un traguardo di tutto rispetto.
La mamma Charlotte aveva notato che la sua piccola sembrava avere un’intelligenza vivace ma, ha poi raccontato, «ho scoperto le doti di Karina solo dopo aver visto un programma alla tv che parlava di bambini geniali. L’ho portata dal professor Joan Freeman a Londra e lui l’ha sottoposta allo Stanford-Binet IQ». Per Karina adesso si apre un futuro da piccolo genio, o almeno tutto lo lascia pensare. Ma è sempre così? sempre facile riconoscere un bambino plus dotato e al contrario, quelli riconosciuti come piccoli talenti quali rischi corrono?
In Europa i bambini plus dotati, dice la psicologa Anna Maria Roncoroni, che è responsabile del progetto Italian giften children del Mensa, sono «mediamente tra il 5 e l’8 per cento. L’Italia è assolutamente nella media europea ma da noi il rischio più grosso per i piccoli di talento è quello di non essere riconosciuti. A meno che il talento non sia di tipo musicale, artistico o sportivo, quindi evidente. Lì comincia il discorso contrario, il pericolo è di generare grosse aspettative. Ai genitori che stressano i figli plus dotati noi spieghiamo che non bisogna sovraccaricarli e sovrainvestire su di loro. Non si può ipotecare il loro futuro, i bambini sono prima di tutto bambini. Nessuno di noi ha la sfera di cristallo, non sappiamo dire che genio in futuro diventerà quel bambino. A noi interessa il qui e ora, dar loro gli strumenti che possono aiutarli a sviluppare i talenti».
«Che sciocchezza fare il test del QI ad una bambina di due anni e mezzo – dice la psichiatra Federica Mormando, fondatrice di Eurotalent, un’associazione che si dedica al riconoscimento dei bambini dotati ”. Quello che si può fare è un esame psicomotorio, un’osservazione globale del bambino sul linguaggio, la concezione dello spazio, la coordinazione occhio- mano. Ma soprattutto quello che bisogna sapere è che un enfant prodige non è necessariamente un bambino plus dotato. In realtà molti piccoli geni possono apparire disturbati, iperattivi, con problemi e disagi. L’unica possibilità di venir fuori è di crescere in modo globale. Io sono favorevole al metodo Montessori soprattutto in quell’età che la Montessori stessa definiva ’della mente assorbente’».
Bambini geni trattati come disadattati ed enfant prodige considerati piccoli mostri. Sono i due risvolti della stessa medaglia, dice la psicologa Maria Rita Parsi. «Li hanno definiti ’bambini indaco’, dal colore, bambini speciali, ma spesso non sanno di esserlo, negano il loro genio, si sentono inadeguati, hanno seri problemi di relazione». Perché? «Perché non sono compresi dagli adulti che non riconoscono la loro specialità e li costringono ad adeguarsi alle aspettative comuni. Io penso che tutti i bambini siano un prodigio e che hanno potenzialità da sviluppare. Quando però il piccolo genio viene fuori bisogna creargli attorno un ambiente favorevole, non farne un fenomeno da baraccone».