Glauco Maggi, la Repubblica 12/06/2009, 12 giugno 2009
GLI STRADIVARI SONO MEGLIO DEI LINGOTTI
Oro o diamanti? Van Gogh o mobili inglesi? E perché no dei bei violini Stradivari? Più la recessione economica deprime i portafogli in denaro e titoli, più si fa affannosa la ricerca del rifugio nel bello che dura, che conserva ed anzi accresce il suo valore. Ma l’arte è volatile (il Mei-Moses Fine Art Index ha perso il 35% nel primo trimestre del 2009), e l’oro è ormai una commodity che fa l’altalena con il petrolio sui grafici finanziari.
Più nobili, e più stabili nelle loro quotazioni, appaiono gli strumenti a stringa che hanno fatto la storia della musica. Cremona Street, da secoli, vanta per i suoi gioielli firmati Antonio Stradivari, Nicolò Amati e Giuseppe Guarneri del Gesù performance che non hanno mai steccato. Uno studio sugli strumenti musicali di altissima qualità di Kathryn Graddy, economista della Brandeis University di Boston, ha mostrato che i violini sono in testa alla lista delle rivalutazioni di prezzo nel tempo: dal 1850 all’aprile scorso, in termini reali cioè tenendo conto dell’inflazione, gli strumenti di qualità hanno reso il 3% l’anno. E i violini e le viole dei maestri italiani del Seicento e del Settecento, ha garantito incrementi superiori.
Non a tutti gli investitori è consentito di diversificare in questi strumenti d’elite. Non basta fiuto musicale, ci vuole una bella base economica. I pezzi che hanno un mercato fedele di acquirenti appassionati e facoltosi sono solo quelli da oltre un milione di dollari, gli unici che non stonano mai. La Emigrant Bank Art Finance concede prestiti milionari e usa come garanzia violini di alta qualità. E seguendo lo spartito dell’ex violoncellista Borseman che ha creato Stradivari Invest per fare consulenza ai grandi investitori, l’esperto londinese Florian Leonhard ha fondato il Fine Violins Fund, per cui sta raccogliendo 50 milioni di dollari per l’acquisto di una cinquantina di esemplari. Appena nato è pure l’Artist Rare Instrument Fund (Arif), iniziativa del collezionista Christophe Landon. La formula di Arif è originale: non solo acquista, come altri fondi, violini Stradivari, ma ne ha in portafoglio alcuni posseduti da musicisti di fama mondiale che li usano, e che diventano così testimonial e beneficiari del fondo stesso. Il minimo investimento in Arif è di un milione, mentre il massimo è di 10 milioni: chi entra si impegna a non disinvestire per 5 anni, trascorsi i quali può, ogni fine dicembre, offrire una quota minima di 1 milione ai soci già investitori del fondo o ad altri partner.
Il richiamo del violino è suadente, perchè la sua correlazione con indici azionari tipo il Dow Jones o lo Standard & Poor’s 500 è molto ridotta. Per chi vuole ancorare una parte del patrimonio a uno strumento affidabile, il Violin Index suona bene. E, chissà, magari anche i piccoli investitori oggi lasciati fuori da Cremona Street potranno avere qualche profitto: la rivista Time informa che il giornale Pensions, a firma dell’esperto finanziario R.A.J. Campbell, ha suggerito ai fondi pensione di diversificare il rischio comprando violini o quote dei fondi ”musicali” milionari.