Vanna Vannuccini, la Repubblica 12/06/2009, 12 giugno 2009
L’ULTIMA CARTA DI AHMADINEJAD "SONO IO IL PALADINO DEI PIU’ POVERI"
Viaggio tra i sostenitori del presidente. Oggi Iran al voto
"Ha denunciato i ladri, e spezzato l´aura di sacralità che li rendeva intoccabili"
Nelle campagne l´ex sindaco di Teheran è venerato, paga anche le bollette della luce
TEHERAN - «Ha avuto il merito di denunciare i ladri, spezzato quell´aura di sacralità che li circondava e li faceva sentire intoccabili». Non sono pochi, nel sud di Teheran, ad ammirare «il coraggio» del presidente. Le sue accuse a Rafsanjani, visto dalla gente come l´incarnazione della ricchezza e della corruzione, hanno elettrizzato i sostenitori di Ahmadinejad. Ancora una volta le divisioni passano tra ricchi e poveri. Chi aveva votato Ahmadinejad 4 anni fa perché avrebbe portato «le rendite petrolifere sulle mense dei poveri», lo voterà di nuovo oggi che è diventato l´eroe che si batte contro le «mille famiglie» - un´espressione usata ai tempi dello scià che oggi viene usata per la nomenklatura teocratica. «Voi venite da Teheran nord e non potete capire» dice un saldatore. «Ahmadinejad ha aumentato del 50% le pensioni. Mio padre ora riesce a campare con 458mila tuman (380 euro). Prima ne prendeva 270mila. Ha permesso agli artigiani di venir curati gratis in caso di infortuni sul lavoro. Ha cominciato a distribuire le "azioni di giustizia" (sahame edalat, azioni di imprese petrolifere che rendono circa 70 euro all´anno di dividendi). E anche se sono più quelli che le aspettano di quelli che le hanno ricevute, almeno ci ha dato la speranza».
Nelle campagne Ahmadinejad è venerato. A Ferdows, nel Khorasan, mi dice un´amica che in quella zona ha ereditato dei terreni e costruito un agriturismo raffinato, tutti votano per Ahmadinejad. I contadini colpiti dalla siccità hanno ricevuto 200.000 tuman (20 euro), le famiglie dove non c´è un uomo che lavora hanno avuto le bollette della luce pagate. Ahmadinejad è stato il primo ad andare in queste zone, come era nella tradizione dei grandi feudatari persiani, a ricevere lettere e petizioni dei poveri. Ma basta andare in una città non lontana da Ferdows, e appena un po´ più grande come Neishabur, dove vive una piccolissima borghesia fatta di impiegati e commercianti, gente che ha visto il proprio reddito eroso dalla politica economica del presidente, perché Moussavi sia il preferito. In tutto l´Iran questa piccolissima borghesia, che ha redditi di 400-500 euro al mese, conta intorno ai 15 milioni. La distribuzione a pioggia dei petrodollari ha mandato alle stelle i prezzi di cibo, benzina, appartamenti, senza ridurre la disoccupazione. Che statisticamente non è aumentata di molto grazie a un cambiamento nella definizione di "occupato": finora lo era chi lavorava due giorni la settimana, oggi bastano tre ore.
Fiumane di donne coperte dal chador e di uomini i cui vestiti denunciano le ristrettezze economiche, aspettavano martedì di poter acclamare il presidente nella grande moschea di Mosallà, dove Ahmadinejad non è potuto arrivare per l´ingorgo provocato dalla "catena umana" dei sostenitori di Moussavi. Tra loro c´era Parvin, una donna anziana che si è barcamenata per tutta la vita subendo le più umilianti ingiustizie. Ama il presidente perché «ha fatto dell´Iran un paese rispettato in tutto il mondo», ha «saputo tener testa agli occidentali colonizzatori e difendere il diritto all´energia nucleare». Lei, mi dice, non manca mai a una manifestazione, e non solo per quei pochi soldi che riceve. E´ perché il presidente l´ha resa consapevole che lei «non è inferiore ai ricchi, anzi capisce di più di tutti gli intellettuali del paese».
Il leader supremo Khamenei ha ricevuto Rafsanjani, che gli aveva scritto una lettera aperta lamentando il suo silenzio dopo le accuse di Ahmadinejad e chiedendogli di garantire che non ci siamo brogli. Ma la sua ingombrante presenza potrebbe indebolire il fronte di Moussavi: le accuse di Ahmadinejad l´hanno obbligato a uscire allo scoperto. Ieri sera, dopo gli ultimi appelli dei candidati (in spregio alla par condicio Ahmadinejad ha potuto parlare in tv per 20 minuti, Moussavi 103 secondi, Karrubi 76 e Rezai 70), sono continuate fino all´alba le manifestazioni dei giovani per le strade, con scambi verbali accesi ma senza scontri violenti. Tutti sono consapevoli che il momento è cruciale, e che non «schiudere il pugno» alla mano tesa da Obama potrebbe significare un altro lungo periodo di isolamento internazionale e forse peggio. I tre rivali di Ahmadinejad promettono il dialogo, ma tutti sono consapevoli che chiunque venga eletto, l´ultima parola spetta a Khamenei, anche nella politica internazionale. L´esperienza di Khatami, i cui tentativi di riforma furono tutti bloccati dalle alte sfere, brucia ancora. E´ questo convincimento che trattiene dall´andare alle urne molti iraniani, convinti che il voto non abbia altro senso che quello di legittimare l´esistenza della teocrazia. Molto dipenderà dunque dall´affluenza alle urne. Secondo le previsioni nessuno dei candidati potrebbe superare il 50%, rendendo necessario il ballottaggio. Ma gli iraniani sono maestri nel riservare sorprese.