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 2009  giugno 12 Venerdì calendario

IL PARTITO DEI PIRATI


«Dai, pensaci bene che è facile. Anzi, certe volte mi domando perché nessuno ci sia arrivato prima di noi». Seduto in un divanetto bianco al cafè di Sodermalm, l´ex quartiere operaio ora crogiolo di negozi di design, boutique vintage e ristoranti vegetariani, Christian Engstrom ripete la sua domanda e intanto si racconta con aria beata a una tv romena, poi a una radio finlandese, e così per tutta la mattina. Come un bravo maestro al termine di una lezione, ripete il quesito con tono divertito e ci aggiunge anche la risposta. «Cos´è la cosa alla quale nessun giovane, mai, rinuncerebbe? Facile: il computer e Internet. Senza, i ragazzi si sentirebbero persi». Bastava pensarci, dice portandosi l´indice alla tempia destra. Qualcuno infine lo ha fatto. Magari non sarà una gran trovata, ma il copyright, anche se lui questa parola proprio la odia, ormai è suo. Il partito di Internet adesso esiste. E non solo come gruppo politico che si organizza, comunica e raccoglie fondi online («Roba superata, Obama è già storia»). No, proprio un partito vero, con sezioni, programmi e tesorieri, che si occupa esclusivamente dell´universo del web, di "accesso all´informazione e alle tecnologie".
Il capo del Piratpartiet è lui, Christian. Il capo dei Pirati, così lo chiamano tutti, e si vede subito che la definizione non gli dispiace. Il suo sorriso è spalmato sulle prime pagine di tutti i quotidiani svedesi, che celebrano la sua elezione all´europarlamento come uno choc per il premier conservatore Fredrik Reinfeldt. Così va la vita.

Internet libero per tutti. Con questo programma gli "europirati" svedesi sono entrati in Parlamento. Sono stati i più votati tra gli under 30 perché hanno intercettato un bisogno diffuso: scaricare file senza pagare diritti d´autore. Un´idea semplice ma geniale. E il copyright stavolta è loro
Secondo i politologi il Piratparteit è il primo partito generazionale " stato facile, per i giovani il pc è troppo importante"
La Consulta in Francia boccia la legge anti-pirateria E a Stoccolma il neo eletto esulta "Possiamo fondare un´Internazionale"

Fino a qualche settimana, era uno dei tanti imprenditori di software falliti con la "bolla" dei primi anni Duemila, condannato a una vita da nerd attempato. Adesso festeggia la decisione della Corte Costituzionale francese di bloccare le nuove sanzioni contro il download. «Abbiamo trovato un altro fratello pirata a Parigi», dice in tono scherzoso prefigurando una Internazionale dei bucanieri. Engstrom, occhiali da presbite e canottiera bianca sotto alla camicia azzurra, non ha davvero nulla del pirata. Però adesso pontifica - così sembra a chi assiste ai suoi monologhi con il drink in mano - a nome di una generazione, intercalando riferimenti che tagliano fuori tutti quelli che non fanno parte di quel mondo: Napster, Open Source, Copyleft, Creative Commons. «Ma è il mondo dei giovani - s´infervora - che difatti non vanno a votare perché i leader ignorano queste realtà o, peggio, le denigrano».
Vicino alla stazione della metropolitana Slussen bivaccano i ragazzi "Millenial", ispirati alla trilogia di Stieg Larsson che qui ha vissuto e scritto i suoi tre romanzi. Soren Holmberg, professore di Scienze politiche all´università di Goteborg, spiega che il Piratpartiet è il primo, vero partito generazionale. Ha preso il 7,2% a livello nazionale, ma nella fascia d´età compresa tra i 18 e i 30 anni è stato il più votato in assoluto. «Sono principalmente giovani e maschi» osserva il politologo. Una hacker seducente come Lisbeth Salander, protagonista di "Uomini che odiano le donne", è ancora una rarità. «Lo definirei un tipico partito di protesta - aggiunge Holmberg - che nel suo Dna ha il destino della meteora. Le preferenze nei suoi confronti sembrano davvero un capriccio. E infatti il 40% dei suoi elettori ha già detto che potrebbe non rivotarlo più». Alle politiche del 2006 il Piratpartiet aveva ottenuto un misero 0,6%, appena trentacinquemila voti. Ma gli "hacktivisti" sono invece convinti che sia nato un movimento nuovo, e che il tempo sia dalla loro parte. Engstrom ha in tasca il numero dei futuri elettori, quelli che avranno compiuto la maggiore età tra due anni. Tutti ragazzi allevati al P2P, il famoso peer-to-peer che permette di scaricare gratis musica e video, secondo le ricerche sociologiche al primo posto tra le loro priorità, anche davanti a temi classici (e più fondamentali) come ambiente, lavoro, sicurezza.
«Quando il vento del cambiamento soffia, c´è chi costruisce ripari e chi mulini a vento». Peter Bostrom ha 19 anni, studia al Politecnico dove uno studente su cinque ha votato "pirata", e cita un vecchio proverbio cinese per spiegare la corsa della "filosofia corsara" verso il potere. «Devo fare una premessa. A me la politica fa schifo, penso che le elezioni non servano a niente e chi viene eletto è soltanto un mangiapane a tradimento». Però ha votato. «Questa volta era diverso. C´è in ballo un nostro diritto». Il diritto a violare un altro diritto, quello dell´autore dei tanto amati "file" profusi sul web. «Tutte balle. Personalmente sono pronto a finanziare un artista, comprando il biglietto al cinema o a un concerto, ma non le major che si arricchiscono senza fare nulla di artistico». Peter ammette che c´è un bug nel meccanismo e che «bisogna lavorare per trovare una soluzione affinché gli artisti possano campare». Ci penserà il Piratpartiet, aggiunge. Lui intanto passa dieci ore al giorno davanti al pc, a casa non ha più la televisione, e sceglie come spendere in base a quello che dice la "comunità". «Del marketing non me ne importa nulla» conclude Peter, che veste nero d´ordinanza, ha ancora i brufoli e un lunghissimo codino biondo.
Pirati come Peter si rafforzano nella battaglia, ovviamente giuridica. uno dei trucchi che Pirate Bay, il sito svedese di file sharing frequentato da milioni di utenti, usa sin dalla sua creazione, avvenuta cinque anni fa. Non nascondersi, affrontare i "bastimenti nemici". E farlo in piazza, quindi su Internet. Nella sezione "Legal threats" del sito si trova l´imponente collezione di letteracce che gli hacker hanno ricevuto da legioni di avvocati, e le loro risposte. Alla Dreamworks di Steven Spielberg, che nel 2004 lamentava il pirataggio di Shrek2, replicavano così: «Come forse sapete, o magari no, la Svezia non è uno stato degli Stati Uniti d´America. La Svezia è una nazione del Nord Europa. Nel caso vi fosse sfuggito, qui da noi non si applica la legge americana». Firmato "anakata", ovvero Gottfir Svartholm, uno dei soci fondatori insieme a Fredrik Neij (alias "TiAMO") e Peter Sunde (alias "brokep"). Il primo vessillo, dal quale vengono anche questi tre giovani, è stato Piratbyran, il Bureau della Pirateria, fondato a Stoccolma nel 2003 e diventato una sorta di "think tank" nel quale giuristi ed economisti riflettono ancora oggi se il copyright debba essere semplicemente azzerato o piuttosto riformato. Piratbyran continua ad esistere, elabora persino lavori artistici sulla cosiddetta "etica hacker". Il braccio operativo è dunque Pirate Bay, in gergo chiamato "tracker". L´esploratore del mare che trova nel Web i file da scaricare.
Con l´aggiunta di un´interfaccia politica, la flotta svedese pare ormai inattaccabile. In aprile, una settimana dopo il verdetto che ha condannato Pirate Bay, le iscrizioni al Piratpartiet sono triplicate. Già nel 2006, dopo un´irruzione della polizia nella sede del provider, il partito pirata aveva avuto in poche ore 3 milioni di contatti. «Anche dal Pakistan», ricorda il Rick Falkvinge, il fondatore 37enne. Dopo qualche giorno i pirati erano di nuovo in Rete a sfidare le autorità. «The Pirate Bay non chiuderà mai perché dopo l´operazione della polizia la sua infrastruttura hardware è stata decentrata in vari luoghi del mondo e non c´è più una singola sala server da sequestrare». Nonostante la loro guasconeria, anche su questi antagonisti digitali è comparsa qualche ombra minacciosa. La magistratura svedese li accusa di usare il file sharing non solo per «condividere liberamente il sapere», come proclamano, ma anche per arricchirsi con pubblicità gestita da società svizzere. Secondo i giudici, Pirate Bay avrebbe anche ricevuto finanziamenti dall´imprenditore Carl Lundstroem, legato alla destra nazionalista e xenofoba. Bisognerà aspettare almeno un anno, quando ci sarà il processo d´appello, per capirne di più.
Un pirata che diventa normale dirigente politico stipendiato rimane comunque una contraddizione in termini. Ma Engstrom risponde prendendola da molto lontano, addirittura citando Gutenberg e la rivoluzione della stampa. «Molte forze politiche sono nate per interessi particolari: pensiamo ai partiti operai o ambientalisti. Non ci vedo nulla di male. Una circolazione sempre più libera del sapere renderà la gente più intelligente, più tollerante e ci permetterà di risolvere ogni sorta di problemi», dice con un determinismo tecnologico che non conosce dubbi. Sarà. Una risata che mette in mostra la dentatura irregolare suggella l´ottimismo del neo deputato europeo. Ma, in un momento in cui anche la prospera Svezia risente della crisi e si avvicina a tassi di disoccupazione vicini a quelli del continente, è lecito coltivare il sospetto che i voti al Piratpartiet siano davvero un lusso, e non una esigenza primaria.