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 2009  giugno 12 Venerdì calendario

URNE D’IRAN. 77 IL NUMERO VINCENTE?


Dopo un’accesa campagna elettorale, gli iraniani avranno oggi 10 ore di tempo per scegliere il nuovo presidente della Repubblica e la Commissione incaricata di vigilare sul voto è convinta che tantissimi, tra i 46,2 milioni di aventi diritto, si recheranno oggi alle 45.713 urne disponibili. forte il timore di brogli e violenze qui in Iran e il Consiglio dei Guardiani ha chiesto ai 110.000 osservatori elettorali trasparenza, neutralità e rispetto degli interessi nazionali. «Chi si occuperà della regolarità del voto si astenga in ogni modo dall’influenzare le scelte degli iraniani. Sarebbe contro l’etica religiosa, la morale e la legge». Il Presidente uscente Ahmadinejad cercherà di conquistare altri quattro anni di governo, dalla sua i precedenti storici: nessun presidente della repubblica ha lasciato l’incarico dopo i primi quattro anni di mandato.
Per votarlo gli iraniani dovranno scrivere sulla scheda il suo nome e il suo codice, il 44. Ogni candidato ha infatti un numero identificativo, che va aggiunto al nominativo prescelto. Voterà per lui chi lo considera l’ultimo eroe contro i nemici dell’Iran, la classe più povera del Paese gratificata dal suo populismo, chi ne apprezza il suo radicalismo anti-occidentale, chi resta affascinato dalla sua retorica, dal suo moralismo e dal suo pauperismo.
«Non creda, avrà anche tanti voti dai colletti bianchi», mi dice un accademico che insegna alla prestigiosa università Sharif. « un presidente ambizioso che non si vergogna di pensare in grande. Se lei avesse detto, quattro anni fa ad un iraniano, che la sua nazione sarebbe stata in grado di inviare in orbita nello spazio un satellite, senza acquistare alcun componente dagli Stati Uniti, le avrebbe riso in faccia». E la sua politica estera? Non è stata un disastro? «Ahmadinejad verrà rieletto e realizzerà il grande colpo di riallacciare le relazioni con gli Stati Uniti. Sorprenderà il mondo, in Iran arriveranno prodotti industriali americani e questo sarà un volano incredibile per la nostra economia», mi dice sorridente il professore. «I prodotti iraniani conquisteranno i mercati della regione, del Sud America e di alcuni stati africani ed ex sovietici».
Ahmadinejad dovrà guardarsi le spalle da tre avversari, l’ex capo dei Pasdaran Mohsen Rezai, l’ex presidente del Parlamento Mehdi Karoubi e l’ex Premier Mir-Hossein Mousavi, contraddistinto dal numero 77, unico in grado di scalzarlo dalla poltrona di presidente. stata una campagna elettorale senza freni, combattuta da tutti i candidati senza risparmio e alcuna concessione al bon ton. Resteranno indimenticabili gli insulti e gli attacchi tra Ahmadinejad e Mousavi, nello scontro televisivo di qualche giorno fa, che ha incollato gli iraniani alla Tv. 38 trasmissioni televisive per 1800 minuti, aggiunti a 1924 minuti di programmi radiofonici, dovrebbero esser stati sufficienti ad informare gli iraniani sui programmi di chi aspira a ricoprire la seconda carica istituzionale del Paese dopo la Guida Suprema.
Mercoledì sera la televisione di stato ha concesso, tra roventi polemiche, altri 19 minuti e 44 secondi al Presidente Ahmadinejad, «per consentirgli di difendersi dalle accuse dei suoi rivali fatte irregolarmente, perché senza la sua presenza». Non gli è stato difficile, senza contraddittorio, accusarli di «creare tensioni e scontro perché consci di aver già perso». «Quest’ennesimo abuso gli si rivolterà contro» dicevano i tanti giovani che lo attendevano fuori dagli studi televisivi per contestarlo. Ieri pomeriggio intanto, i comitati elettorali dei diversi candidati risultavano spogli di ogni strumento di propaganda elettorale. «Rispettiamo la legge…è vietato» mi dice una ragazza nel quartier generale di Mousavi. «Temendo violente intrusioni, abbiamo fatto sparire tutto».
Ancora qualche volantino stropicciato sulle scrivanie degli attivisti, intenti a studiare attentamente qualsiasi possibile esito del voto. Nelle discussioni della vigilia tiene banco la lettera dell’ex Presidente Rafsanjani alla Guida Suprema di qualche giorno fa. «Si sono incontrati», mi aggiorna, accaldato, il responsabile della macchina elettorale. «Non si sa cosa si siano detti, ma secondo Rafsanjani è stato l’incontro più costruttivo mai avuto con il Leader. Vedrà…Ahmadinejad ha perso». Comincia l’imbrunire, le strade si riempiono, niente però in confronto con la notte di mercoledì.
I giovani di Teheran si erano appropriati delle piazze della capitale, le ragazze fatto a gara nell’utilizzo più stravagante e originale del sabz, il verde, il colore di Mousavi. Mi aveva colpito una di loro, il dito di una mano tinto di verde, completamente fuori dal finestrino dell’auto, con un sorriso incredibilmente felice. «L’Iran cambierà…», gridava. Il pensiero a Mousavi e a quanto si legge sul suo programma. «Il nostro difetto è che non ci fidiamo abbastanza dei giovani ed appena osserviamo un piccolo cambiamento nel loro modo di vestire li accusiamo delle cosa più cattive. Ma io credo che dobbiamo fidarci di loro e ricordarci che pure loro vogliono bene al loro Paese».