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 2009  giugno 12 Venerdì calendario

IL CORAGGIO DI PARLAR MALE DEL SUD

Ha ragione Roberto Saviano quando si veda Il Sole 24 Ore di ieri - afferma che la questione meridionale «è sempre la stessa». Quella di Mazzini che spiegava che l’Italia «sarà quello che sarà il Sud Italia». Quella di Giustino Fortunato per il quale il Mezzogiorno sarebbe stato «la fortuna o la sciagura» del paese. E, aggiungerei, quella di Gaetano Salvemini che al primo posto dei mali del Sud poneva il malgoverno.
Ponendo il problema del buongoverno, Salvemini rivolgeva la sua critica alle classi dirigenti del Mezzogiorno, ma anche a quelle del Nord che, a suo giudizio, avevano tutto l’interesse a che il Sud fosse rappresentato politicamente ai livelli più bassi. L’accusa era a Giovanni Giolitti definito con furore «il ministro della malavita» perché faceva eleggere in Parlamento quelli che il meridionalista di Molfetta chiamava «gli ascari».
Dai tempi di Giolitti e degli ascari le cose non sono certo migliorate per il Sud. Anzi. In fondo, a quel tempo gli ascari facevano capo a Giolitti, al quale più avanti negli anni lo stesso Salvemini dovette fare qualche riconoscimento, correggendo le invettive che gli aveva dedicato.
Oggi, e il riferimento può andare proprio a come sono andate le elezioni di domenica in particolare a Napoli e dintorni, gli ascari fanno capo in un caso a Berlusconi e nell’altro a Bassolino. Nel primo caso prende più voti degli altri, escluso il capolista, la giovane "attrice" Barbara Matera; nel secondo, a fare il pieno è invece un collaudato quanto discusso assessore di Bassolino, Andrea Cozzolino. Sostenuto proprio dal presidente della Regione, in un quadro di assoluta débâcle del suo partito, che ha anche sacrificato nelle elezioni provinciali un galantuomo come Luigi Nicolais. Sul Sole 24 Ore del 10 giugno, Biagio Di Giovanni, pur dispiaciuto per la sconfitta dell’ex ministro della Funzione pubblica, osservava: «Se avesse vinto il centro-sinistra, sarebbe stato un segno di totale opacità da parte dell’opinione pubblica». La tesi di De Giovanni è che comunque una reazione dell’opinione pubblica c’è stata. E non poteva che andare a destra, visto che altre offerte politiche convincenti non c’erano.
Forse il malgoverno delle giunte di Napoli e della Campania di ultima generazione, quelle del disastro monnezza, sono riuscite anche a far dimenticare i guasti di tangentopoli e persino il malgoverno delle amministrazioni laurine, quelle che ispirarono il film di Rosi Le mani sulla città. in questo quadro di desolante amarezza che sono di straordinaria attualità la parole di Saviano quando denuncia«l’idiozia della classe dirigente convinta che se si denuncia il marcio si allontanano gli investimenti. Parliamo del bene, non del male, dicono. Parliamo di turismo, non di camorra».
Sono cose che una volta dicevano i laurini, prendendosela con i meridionalisti liberali di «Nord e Sud» o con quelli comunisti di «Cronache meridionali». Colpisce che adesso a metterle in campo siano i politici dell’una e dell’altra parte.Che,anche dinanzi al disastro, dicono: «Non bisogna parlar male di Napoli, non bisogna parlar male del Sud». E invece (e anche qui la questione meridionale non è cambiata) per fare il bene del Mezzogiorno bisogna avere il coraggio di parlar male di Napoli.
Perché Napoli resta la città paradigma della questione meridionale. E non è un caso che oggi sia al livello più basso di offerta politica.Da una parte e dall’altra.Ma soprattutto a sinistra. Una voltac’erano Mario Alicata, Giorgio Amendola, Francesco De Martino, Gerardo Chiaromonte, Giorgio Napolitano. Oggi ci sono Bassolino e Cozzolino con Nicolais che perde e con il centro-destra che vince con candidati di modesto richiamo. E quel diritto «a vedere il mare» che, Eleonora Pimentel Fonseca reclamava per ogni napoletano, è sempre più lontano, mentre la città e i suoi abitanti, nella loro amarissima solitudine, appaiono invece sempre più simili a come li ha descritti Anna Maria Ortese in Il mare non bagna Napoli.