Francesco Petretti, Il Riformista 12/06/2009, 12 giugno 2009
QUEL PIGRO DI UN PANDA
Quando alla metà degli anni Sessanta il naturalista inglese Sir Peter Scott, figlio del noto esploratore polare, scelse il panda gigante come simbolo del WWF da lui appena fondato, forse non immaginava che quell’orsacchiotto bianco e nero sarebbe diventato il popolare testimonial di tutte le specie viventi in pericolo di estinzione.
Il panda divenne anche il protagonista del disgelo fra USA e Cina negli anni Settanta quando nel 1972 Ling Ling e Hsing Hsing, due magnifici esemplari di questo orso, furono regalati dal governo della Repubblica Popolare al Presidente USA e furono accolti in America con gli onori solitamente tributati a un capo di Stato.
Era un segno di pacificazione e di distensione e gli orsetti bianchi e neri, sottratti alle foreste di bambù del cuore della Cina, ne furono i protagonisti. Oggi i due panda sono morti di vecchiaia, ma il loro posto è stato preso da molti altri esemplari, sempre provenienti dalla Cina, che hanno occupato la grande gabbia dello zoo di Washington per mantenere vivo nell’opinione pubblica americana il ricordo di un fatto in fondo storico e per far capire che il Panda non è solo un simbolo, ma è soprattutto un animale in carne e ossa.
Il Panda non è facile da gestire in cattività e, nonostante sia trattato con molta cura, si comporta in modo apatico, non reagisce alla presenza dei suoi simili e soprattutto mostra completa indifferenza per l’altro sesso.
Le coppie, anche quelle bene assortite, infatti si corteggiano poco e svogliatamente; i maschi coprono le femmine raramente, spesso senza riuscire a fecondarle. Per questo i panda in cattività nascono con il contagocce e molti non riescono a sopravvivere alle prime delicatissime fasi dello sviluppo.
I ricercatori, i veterinari, il personale degli zoo di tutto il mondo stanno sperimentando ogni ritrovato possibile e immaginabile per favorire un boom delle nascite: dagli stimolanti ormonali per i maschi - tipo Viagra - alla psicologia pandina che prevede l’impiego di passatempi e trastulli vari per stimolare l’animale a lasciarsi coinvolgere in un gioco amoroso.
Si è sperimentato anche l’impiego di profumi afrodisiaci, ma con scarsi risultati. I maschi sono totalmente indifferenti alle femmine e preferiscono dormire e mangiare piuttosto che accoppiarsi.
Sembra una farsa ma è una tragedia, perché i panda in libertà sono sempre più minacciati e la sola speranza di salvare la specie sembra quella di incrementare la popolazione che vive negli zoo.
Solo negli ultimi anni, grazie alle tecniche di fecondazione artificiale, il mondo sta assistendo a un baby boom di panda : ma questi cuccioli, una volta cresciuti, troveranno un paradiso naturale ancora in grado di ospitarli?
Il loro habitat è ormai ridotto a un fazzoletto di natura intatta in cima alle montagne della Cina centrale, circondato da un mare di coltivazioni e villaggi come un’isola può essere circondata dalle acque dell’oceano.
Per questa, e per molte altre specie, anche le i vasti territori asiatici rischiano di diventare troppo angusti.