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 2009  settembre 10 Giovedì calendario

FABBRICHE E GAZEBO: LA LEGA MODELLO PCI


Narrano le cronache leghiste della campagna elettorale che il Senatur Umberto Bossi, davanti ai picchetti degli operai della Saint Gobain Sekurit di Savigliano (Cuneo), schierati notte e giorno in difesa del posto di lavoro, si sia commosso. Non si è spinto a promettere’ come fece Enrico Berlinguer nel 1980 davanti alla Fiat – di occupare la fabbrica assieme alle tute blu, ma ha pronunciato un altrettanto fatidico: «Non chiuderà».

Soprattutto Bossi ha rassicurato i 250 dipendenti della multinazionale francese che ne avrebbe parlato diret­tamente con il ministro dell’Econo­mia Giulio Tremonti. L’episodio di Sa­vigliano non è l’unico: anche davanti alla Mvb-Manifattura, una fabbrica tessile di Zogno nella Val Brembana, i leghisti sono andati a portare la loro solidarietà agli operai in lotta. La capa­cità del Carroccio di essere presente sul territorio nei momenti topici evo­ca immediatamente il parallelo con il Pci degli anni d’oro e la capacità dei vecchi leader rossi di farsi vedere sem­pre e comunque vicino ai lavoratori.

A stare a sentire il senatore leghista Armando Valli quello che è nato nel­l’ultimo anno è «un laburismo leghi­sta che spariglia le antiche divisioni di classe» e ha reso possibile l’impe­tuosa crescita elettorale del Carroccio estesasi dalle zone pedemontane fino in Emilia e in Toscana. Di recente la Lega ha aperto due sezioni di fabbri­ca, in due cattedrali dell’operaismo italiano, la Fiat Mirafiori di Torino e la Om di Brescia e i responsabili del­l’una e dell’altra sostengono che a vo­tare per Bossi, ormai con una certa re­golarità, sono anche molti iscritti alla Fiom-Cgil. «Questa è la vera novità – sostiene l’ex segretario della Cisl Savino Pezzotta ”. Il mondo in cui esisteva il Pci era rigidamente diviso in bianchi o rossi, dalla culla alla tom­ba i tuoi comportamenti erano segna­ti. Oggi è diverso, l’operaio può per­mettersi di essere opportunista, di fa­re zapping associativo. Può iscriversi alla Cgil, frequentare una bocciofila di parrocchia e votare per il centrode­stra. Il tutto senza drammi». A dimo­strazione della sua tesi Pezzotta porta il fatto che la Lega non spinga più di tanto l’organizzazione del Sin.pa., il suo sindacato. In fondi i voti degli iscritti a Cgil-Cisl-Uil li prende lo stes­so. «Le feste invece sì, quelle somiglia­no come una goccia d’acqua alle feste dell’Unità. Lo schema è collaudato e funziona sempre».

Gianfranco Salmoiraghi è il respon­sabile organizzativo della Lega e non respinge il paragone con il Pci. Tutt’al­tro e non solo per quanto riguarda le feste di partito. «Tutto sommato le modalità organizzative sono le stesse. Il principio base è quello della presen­za capillare. Loro erano una forza pre­sente su tutto il territorio nazionale, noi non ancora». Le differenze le tro­va però nel tesseramento. Il Pci iscri­veva intere famiglie e in più riprese ha superato il milione e mezzo di ta­gliandi. La Lega tessera solo i militan­ti, in tutto 35 mila a cui vanno aggiun­ti 110 mila sostenitori. «Limitando il tesseramento a chi partecipa diretta­mente all’attività di partito – dichia­ra Salmoiraghi – evitiamo che si crei­no i signori delle tessere e le corren­ti ». Le sezioni del Carroccio sono 1.200 e fanno da punto di riferimento per qualsiasi problema si crei sul terri­torio. In qualche caso, come racconta­no a Radio Padania, persino per que­stioni spicciole di condominio. Ma il vero tratto distintivo della presenza le­ghista sul territorio è rappresentato dai mitici gazebo bianchi. «Ogni sezio­ne di paese li organizza almeno in una decina di occasioni l’anno. Sono funzionali, si vedono bene da lontano e nonostante che sia aperti creano un ambiente separato. Chi l’ha inventati? Ma Bossi, chi altro! Il guaio è che ce li hanno copiati tutti i partiti» si lamen­ta Salmoiraghi.

Il neolaburismo marca Carroccio ha il grosso vantaggio rispetto agli schemi della «vecchia sinistra» di po­ter essere dichiaratamente interclassi­sta («tuteliamo operai e piccole impre­se, è un nuovo sincretismo sociale» proclama Valli). Così i padani attirano una fetta di voto operaio ma soprat­tutto riescono a intercettare la simpa­tia di tutti quelli che in qualche misu­ra si sentono gli outsider della società moderna e globalizzata. Siano piccoli imprenditori che rischiano di chiude­re per la crisi, artigiani che fanno la coda per farsi ricevere dal direttore della banca, commercianti messi a du­ra prova dalla concorrenza delle gran­di catene, partite Iva a caccia di lavori e lavoretti, persino pendolari che ve­dono ogni mattina i loro treni fermar­si per far passare i convogli ad alta ve­locità. La consonanza leghista – l’idem sentire – con il mondo dei pic­coli è fortissima. «Il nostro movimen­to è schierato da sempre in difesa apertamente lobbistica delle piccole medie imprese» si vanta il senatore Massimo Garavaglia. Così si racconta che abbia simpatie per il Carroccio il presidente della Confapi Paolo Galas­si, che l’Api di Brescia si sia spesa esplicitamente per il candidato lum­bard alla Provincia e che il neopresi­dente della provincia di Cuneo, Gian­na Gancia, sia un ex dirigente del­l’Api. Ma tra i sindaci, pardon borgo­mastri, del partito di Bossi partite Iva e microimprenditori sono presentissi­mi, dal commercialista al pasticcere.

Per averne una riprova basta legge­re le prime dichiarazioni rilasciate da­gli eletti, tutte tese a rassicurare la co­stituency sociale che li ha fatti vincere. Il neopresidente della Provincia di Lo­di, Pietro Foroni, che ha interrotto una tradizione di amministrazioni di sini­stra che durava da 14 anni, ha subito dichiarato che «darà impulso» all’arti­gianato, all’agricoltura e alla piccola impresa. La priorità di Roberto Simo­netti sono le infrastrutture per avvici­nare le imprese biellesi alla Lom­bardia. Antonello Con­tiero va al ballot­taggio a Rovigo con la parola d’or­dine «mantenere il Consorzio agra­rio provinciale» e Massimo Sertori, eletto a Sondrio, punta a ridiscutere subito le concessioni idroelettriche della Valtellina perché si creino ricadute a favore del territorio.

Agli artigiani il partito di Bossi fornisce una lob­by ma qualcosa di più, una bussola. La Lega, in­fatti, non è solo, «un parti­to di prossimità» come di­ce Pezzotta, ma è anche ca­pace di fornire ai Piccoli un racconto del proprio tempo. Spiega loro che non è vero che la storia dei popoli la fan­no solo i top manager e le top model, i frequent flyer e gli in­ternet provider, ma la si costrui­sce anche nei bar e nelle trattorie di paese perché la cosa più mo­derna che c’è è ancora il consen­so. Lo si fa battendosi, come si vantano i ministri leghisti, «contro l’invasione del riso cinese». Ma an­che frequentando il reclamizzatissi­mo Campionato Italiano del Salame che si terrà tra pochi giorni a Brescia e che, salvo disguidi dell’ultim’ora, co­me annuncia La Padania, dovrebbe vedere «gli insaccati padani primi an­che nel gusto». Con tanta voglia di esorcizzare le rivendite di kebab che spuntano come funghi ovunque.