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 2009  aprile 08 Mercoledì calendario

USA, QUANDO CRISI ECONOMICA MOLTIPLICA GLI OMICIDI DI STRADA


Quattro poliziotti uccisi a Oakland (California); un uomo arrestato in Alabama mentre attraversava le strade della sua cittadina armato di fucile a pompa in cerca di vittime tra i passanti. Sette anziani assassinati a colpi di mitra in una casa di riposo della Carolina del nord. Sei persone (tra cui quattro bambini) ammazzate in un quartiere chic di Santa Clara (California). I dettagli di questi fattacci di cronaca nera non sono ancora chiari; i moventi esatti restano sfuggenti e, con molta probabilità, non saranno mai del tutto chiariti. Di certo negli Stati Uniti questo tipo di crimini si stanno moltiplicando. Secondo il parere dei criminologi, il fenomeno è dovuto ai crescenti licenziamenti, alle difficoltà economiche che stanno creando una pressione terribile su milioni di cittadini americani.
«In generale questi massacri sono accentuati dalla crisi, quando l’economia sprofonda è naturale che aumentino i drammi e le catastrofi individuali», spiega Jack Levin, insegnante all’Università del Nord-Est, nella contea di Boston.
E’ tuttavia difficile stabilire un legame tra i cicli dell’economia e gli omicidi, mette in guardia Shawn Bushway docente all’Università Albany di New York, anche se riconosce che gli Stati Uniti non hanno mai conosciuto una crisi economica di tale ampiezza dai tempi remoti della Seconda guerra mondiale: «Ammetto che ci troviamo in una situazione straordinaria».
In tal senso i criminologi sono convinti che durante le crisi e le recessioni, i delitti tendono ad aumentare significativamente. Ad esempio la recessione che agli inizi degli anni 90 si è abbattuta sugli States «è stata accompagnata da un aumento spettacolare dei crimini sul luogo di lavoro: gli ex impiegati tornavano infatti a regolare i conti con il loro padrone e i loro colleghi armati di Ak-47», aggiunge Levin.
Uno studio pubblicato lo scorso 23 marzo in Florida stabilisce una connessione tra gli ultimi crimini domestici e tragedie sociali come la perdita del posto di lavoro o il pignoramento della propria abitazione. La Florida ha in tal senso registrato un incremento del 40% delle domande ai centri specializzati in violenze familiari, il che, secondo lo studio, è strettamente legato alla situazione dell’economia.
Il "Vilence Policy Center" di Washington sta analizzando la relazione tra i recenti massacri e suicidi con gli effetti della crisi: «Abbiamo constatato un’evoluzione che sembra confermare il rapporto. Ad esempio, tra la strage all’Università del Texas del 1966 e quella di McDonald’s del 1984, questi crimini sono stati relativamente rari. Oggi ne vediamo molti di più e il picco è cresciuto improvvisamente solo da alcuni mesi», afferma la direttrice del centro Kristen Rand.
Tutti dati che autorizzano a rilanciare il controverso dibattito sul diritto dei cittadini Usa a possedere armi da fuoco. Per i partigaini del controllo, la proliferazione di pistole e fucili nei focolari domestici è la causa principale degli omicidi, in particolare nel contesto familiare. «Gli studi commissionati sul fenomeno dimostrano senza appello che un’arma sul comodino di casa ha molte più probabilità di essere utilizzata contro un membro della famiglia che contro un intruso», puntualizza Juliet Leftwich, direttrice giuridica della sezione di San Francisco dell’associazione "Legal Community against violence".
Eppure, secondo molti studiosi, violenze del genere si spiegano attraverso dei fattori che vanno oltre il semplice possesso di armi da fuoco: «L’isolamento sociale gioca un ruolo importante. Quando si osservano i luoghi in cui sono avvenuto i recenti massacri, ci si accorge che si tratta di città dove è molto alta la presenza di stranieri, di gente di passaggio, di emarginati, insomma di persone che non hanno alcun sostegno concreto e morale per riuscire a sopportare i momenti di difficoltà», conclude Levin.