Mauro Meazza, Il sole 24 ore 3/4/2009, 3 aprile 2009
AUSTIA, BELGIO E SVIZZERA SOTTO ESAME
In origine erano 38, poi sono diventati tre, da ieri sono diventati quattro (cattivi) più quaranta (sotto osservazione). Non è semplice tenere il conto degli Stati e dei territori giudicati «paradiso fiscale», neanche limitandosi all’evoluzione della materia in ambito Ocse (il Fisco di ogni Paese può poi decidere autonomamente quali Stati giudicare «amici»). In ogni caso, da ieri sera sappiamo che esistono – per decisione del G-20 basata sul giudizio dell’Ocse – tre livelli di valutazione per giudicare la bontà fiscale di un Paese, guardando alla sua trasparenza e alla sua volontà di cooperare con le altre amministrazioni fiscali. C’è una lista bianca, che comprende chi rispetta gli standard fissati dall’Ocse in materia di accessibilità e scambi di informazioni. Qui si trovano 40 Stati, tra i quali l’Italia, quasi tutti i partner Ue, gli Usa, ma anche ex cattivi o presunti tali come le Isole Vergini, Guernsey o l’Isola di Man.
C’è poi una seconda lista, grigia, in cui vengono menzionati quei Paesi che, nel report Ocse del 2000 considerato il punto di partenza per tutte le valutazioni successive, erano stati classificati come tax havens, cioé paradisi fiscali. Nel 2000 questa lista (totalmente nera, all’epoca e senza sfumature di sorta) comprendeva 38 tra Stati e territori, che non avevano sottoscritto impegni a rispettare gli standard di trasparenza internazionali. Dal 2000 a oggi, molti dei tax havens (35, per l’esattezza) hanno siglato accordi con l’Ocse. Soltanto Andorra, Liechtenstein e Monaco non hanno mai reagito a quella lista del 2000 raggiungendo intese con l’organizzazione. Tuttavia, la maggior parte di quei territori non ha ancora dato sufficiente seguito alle intese e quindi nella lista grigia compaiono 32 giurisdizioni che non hanno ancora «sostanzialmente implementato» gli accordi per la trasparenza e lo scambio di informazioni.
In questa stessa lista grigia l’Ocse ha poi inserito alcuni territori critici in qualità di centri finanziari: Austria, Belgio, Brunei, Cile, Guatemala, Lussemburgo, Singapore e Svizzera. Sono Stati, in un certo senso, sotto esame, che stanno avviando l’adeguamento agli standard Ocse ma che ancora non possono essere promossi alla lista bianca.
C’è infine il terzo elenco, quello dei cattivi tout court. Ci sono finiti Costa Rica, Malesia, Filippine e Uruguay, tutti per lo stesso motivo: non hanno accettato i tax standard fissati dall’Ocse, contenuti nel Modello Ocse del 2002.