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 2009  marzo 31 Martedì calendario

LETTERA

Manager e invidia di classe
Sono un manager. Ebbene sì, uno di quei mostri sbattuti in prima pagina come incapaci, incompetenti e dediti al facile guadagno. Mi sono laureato presto e bene e mi sono guadagnato sul campo la qualifica di manager. Ancora oggi, a 50 anni, trascorro la metà del tempo lontano dalla famiglia, prendendo aerei alle 7 del mattino e tornando a casa spesso a tarda ora. Certo - si dirà -, ma vuoi mettere lo stipendio? Infatti, dopo 25 anni di lavoro, vivo nell’unica casa di cui sono proprietario, niente ville né appartamenti al mare o in montagna. La mia vita è fatta dalla mia famiglia e dall’azienda nella quale metto tutte le mie competenze e la mia passione. Sono spesso stato apprezzato, qualche volta criticato, per le cose che ho fatto e di cui sempre mi sono assunto la responsabilità. Ora, per colpa di qualche approfittatore, devo sentirmi annoverato tra la feccia di questa società. No, non ci sto! Lo grido forte sapendo di non essere solo e con l’orgoglio di chi ha contribuito, con molti altri, allo sviluppo del Paese.
MARCO CAMURATI

Trovo giusto che si protesti contro i manager che hanno approfittato. Ma per protestare basta chiederne il cambio. Indicarne con chiarezza le responsabilità. Assediarli, e metterli tutti in un unico fascio, è pura isteria. Ha fatto dunque bene a scrivere per spezzare una lancia contro le generalizzazioni. Non capire le differenze è lo stesso errore che si fa descrivendo tutti i commercianti come evasori fiscali, le piccole aziende come regno del lavoro nero e, se permette, tutti i sindacalisti della Cgil come pericolosi comunisti estremisti. Chi è colpevole di questa generalizzazione? Le ideologie? Può essere, perché le ideologie funzionano per schemi. Per «motivare» devono offrire ricette semplici. Fin qui possiamo essere d’accordo. Tuttavia, in un’epoca come la nostra in cui appare assodato che le ideologie classiche siano a brandelli, possiamo ancora chiamare in causa la destra e la sinistra per definire le tensioni che si stanno scoprendo in questa crisi? Azzardo un’indicazione diversa: da anni l’«invidia» è oggetto di studio della sociologia, spesso indicata come sostituzione di quello che una volta si chiamava la «lotta di classe». Non l’invidia spicciola, quella per il vicino, o l’amico, ma l’invidia sociale che si sviluppa in una società fortemente piramidale in cui l’insuccesso non è più definito rispetto al prodotto che si fa (buono, cattivo, etico, non etico) ma solo in rapporto alla vicinanza al vertice della piramide. Questa idea di successo e insuccesso risulterebbe dunque il perfetto specchio di un mondo in cui - come stiamo vedendo - si sostituisce il fare con l’ottenere. Saremmo insomma un mondo di frustrati: non importa a che punto tu sia della piramide, ci sarà sempre qualcuno più in alto di te.