Maria R. Calderoni, Liberazione 1/4/2009, 1 aprile 2009
CHI E’ IL PRIMO UOMO VENUTO DALLE TANGENTI
Accidenti sì, lo avevamo dimenticato. Mario Chiesa il mariuolo, ma dov’è finito, ci chiedevamo. Eccolo dov’è finito, in carcere. Ancora una volta a San Vittore. Ancora una volta per corruzione. Ancora una volta come allora, 17 anni fa; era precisamente il 17 febbraio 1992, una data storica. Quel giorno infatti iniziò Mani Pulite.
Mario Chiesa, il sassolino che divenne valanga. Aveva 47 anni, nel 1992, l’ing. Mario Chiesa, celebrato presidente-manager del Pio Albergo Trivulzio - l’istituto per anziani e orfani, l’amata "Baggina" dei milanesi - ed era un brillante esponente del Psi stile Milano da bere, già capogruppo del garofano al Consiglio provinciale di Milano, già assessore ai Lavori pubblici, già assessore all’Edilizia scolastica, già in corsa per la poltrona di sindaco. Un tipo molto sveglio, molto in vista, molto rampante, molto vicino a Pellitteri e soprattutto molto gradito a Bettino Craxi.
E’ in politica dagli anni 70, il Mario, e tutto fila liscio, senonché inciampa in una grana personale, il divorzio litigioso da una moglie che non gli perdona questo e quello e specialmente l’assegno taccagno che l’ing. le vuole rifilare, lui che - come la signora rivela e rinfaccia in vari burrascosi colloqui - di soldi ne intasca parecchi e non tutti puliti. Intercettazioni telefoniche; sospetti confermati di affari non proprio trasparenti: infine la denuncia nero su bianco che arriva da un piccolo imprenditore di Monza che si chiama Luca Magni. Stufo, dice, di versare soldi in cambio di un appalto di pulizie al Trivulzio. Nero su bianco, «l’appalto è di 140 milioni, l’obolo da devolvere al Mario è del 10%, fanno 14 milioni».
Alle 18,30 del 17 febbraio 1992, tre carabinieri in borghese si presentano nel suo elegante ufficio al Trivulzio, lui cerca disperatamente di far sparire la mazzetta di 7 milioni che il Magni gli ha appena versato, la prima parte dei 14 pattuiti - scaricandoli via water, secondo una accreditata versione - ma la perquisizione non gli lascia scampo. Il rampante craxiano di belle speranze è accompagnato in caserma dove c’è ad attenderlo un sostituto procuratore di nome Antonio Di Pietro, con tanto di ordine di custodia cautelare. Alle 21, scatta l’arresto, e per l’ing. Mario Chiesa inizia tutta un’altra storia. Si scoprì poi che si era messo in tasca diversi miliarducci sparsi in vari conti esteri intestati a suo nome; collezionò condanne per 5 anni e 4 mesi; restituì 6 miliardi e nell’agosto del 2000 finì di scontare, come si dice, il suo debito con la società: si era perfino redento, come si dice, lavorando nei servizi sociali e occupandosi di assistenza ai disabili. Lo avevamo dimenticato. E invece rieccolo, al solito modo, nella cronaca nera di ieri. L’uomo-emblema di Tangentopoli che torna alla ribalta proprio a dar ragione a Di Pietro: «Tangentopoli non è mai finita». Mario Chiesa. un nome che porta iella (non sarà che a volte ritornano?...).
Allora, 17 anni fa, fu un’iradiddio. La notizia scoppia come una bomba, per la notorietà del personaggio, l’imminenza della campagna elettorale, il peso dell’allora Psi craxiano nella politica italiana; le voci che corrono parlano di altri arresti imminenti, Mario Chiesa è sospeso dal partito in via cautelare e Bettino Craxi, presidente del Consiglio in pectore, cerca di parare il colpo. «E’ solo un mariuolo isolato», dichiara baldanzosamente al Tg3, una scheggia impazzita di un Psi dalla fedina immacolata. Ma il mariuolo davanti ai giudici vuota il sacco, svela il "sistema", la tangente diventata una sorta di tassa richiesta nella stragrande maggioranza degli appalti, beneficiari partiti e politici, Dc e Psi in testa. Craxi non lo sa ancora, ma già è aperto presso la Procura della Repubblica un fascicolo che porta il numero 9520 e che di lì a poco diventerà noto come l’indagine "Mani pulite".
"Roma ladrona!": è "grazie" a Mario Chiesa che compare per la prima volta l’invettiva della Lega Nord, decisa a cavalcare alla grande l’indignazione popolare che l’inchiesta del pool milanese va suscitando. In aprile si svolgono le elezioni, il quadripartito (Dc, Psi, Psdi, Pli) conserva la maggioranza, ma riceve una bella batosta, la Balena Bianca passa dal 34 al 29, il Psi perde un punto netto. Non è che l’inizio. Si deve votare il nuovo presidente della Repubblica; né Forlani né lo stesso Andreotti ce la fanno, la spunta Scalfaro, il candidato dei "moralizzatori". E Craxi, che aspira a tornare alla presidenza del Consiglio, resta al palo, a favore di Giuliano Amato. E Sergio Moroni, accusato di corruzione, si suicida (lo seguiranno poi Raffaele Cagliari e Raul Gardini).
"Milano ladrona, Di Pietro non perdona", anche questo è un nuovo slogan che, nel dicembre 1993, discende per li rami dal caso Chiesa; ci sono le amministrative, la Dc perde metà dei voti, il Psi praticamente sparisce; una pioggia di avvisi di garanzia raggiunge politici ed imprenditori, il Palazzo è sommerso da un’ondata di clamorose dimissioni forzate; "Mani pulite" picchia duro e molta robetta viene alla luce. Saltano fuori i "conti personali", sui quali è finito un bel po’ dei soldi delle tangenti, dirottati anche a nome proprio (non solo per il sedicente partito). Per esempio, do you remember?, il "conto protezione" intestato a Claudio Martelli, che è ministro della Gustizia e che si deve dimettere (sarà condannato in appello nel 2001). E la Lega trionfa al Nord, lì è il primo partito, Milano ha un sindaco leghista, Marco Formentini.
E’ il tempo del primo "governo tecnico" della Repubblica, quello messo in piedi per disperazione dal Governatore della Banca d’Italia Ciampi, chiamato da Scalfaro alla presidenza del Consiglio. E’ il tempo dei deputati leghisti che accolgono al grido di "ladri" la negata autorizzazione a procedere nei confronti dell’inquisito Bettino Craxi; degli studenti romani che manifestano per le strade della Capitale; della sassaiola contro la sede nazionale del Psi in via del Corso. Il tempo di Forlani in stato confusionale davanti ai giudici e il tempo delle monetine lanciate al Raphael (l’hotel residenza romana di Craxi) al grido "Bettino Bettino il carcere è vicino". Il tempo in cui morì la Prima Repubblica. Il tempo che iniziò da Mario Chiesa, quel "non pentito".