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 2009  aprile 03 Venerdì calendario

MASTELLA


Clemente Mastella e Tonino Di Pietro sono i dioscuri del profondo Sud, quello dell’entroterra, che va dalla Campania interiore al Molise citeriore. Vegliano ai confini estremi di questo territorio dimenticato da Dio, come Fra’ Diavolo e i Guardiani della soglia. Sono loro i Romolo e Remo dell’Interno Sud, fratelli coltelli a volte con ruoli invertiti. Non parlo tanto di due politici bensì di due tipi umani che incarnano alla perfezione la doppia anima brigante e britgadiera del profondo Sud. Ma di un brigante popolare e in tondo utile alla sua cittadella; e di un brigadiere a volte accusato di violare le leggi, i diritti e i poteri, passando dal giudiziario al legislativo fino all’esecutivo. I loro ruoli ricordano un vecchio gioco dei bambini meridionali, Mago o Libero, acchiappatori o acchiappati.
Confesso di nutrire simpatia verso Mastella e fino a ieri pensavo che fosse solo istintiva, etnica, biologica e ludica, ma non politica, tantomeno culturale. Il primo turbamento mi giunse quando appresi che Mastella era laureato in filosofia; pensai a una mascalzonata dei giornali, a uno scherzo perfido, ma col tempo ci ho creduto davvero. Poi ho considerato Mastella un vero filosofo che ha preso il mondo e la politica con vera filosofia; una filosofia che qualcuno chiamerà «paraculismo», ma è una corrente di pensiero seria e tutt’altro che banale; è la versione secolarizzata e pragmatica del pensiero meridiano e orientale che appartiene a noi del profondo Sud da qualche millennio. Una filosofia che lui ha adattato alla militanza democristiana ma che è precristiana, forse preumana. Poi col tempo la simpatia per lui è cresciuta e ora che è caduto in disgrazia è totale; mi piace persino rievocare la sigla cacofonica del suo partito, l’Udeur, che fino a ieri consideravo una specie di grugnito di cinghiale sannita o una parola d’ordine ammiccante per alludere a misteriosi intrecci, una specie di chiave d’accesso per entrare nel regno segreto di Clemente. Una sigla che andava pronunciata con una mimica allusiva, facendo l’occhiolino e ruotando la mano mentre si compone sulle labbra la parola Udeur, come Totò quando pronunciava con aria complice «birra e salsiccia». Una specie di Croce rossa per compensare le bizze minacciose della Lega. In caso di ernergenza rompere il vetro; là nella teca, come il martello e la Madonna, c’è lui, il serafico san Clemente da Ceppaloni, Salvatore dei governi in difficoltà, patrono delle svolte più spinose, come l’indulto, potente bossicida in grado di compensare le crisi nordiste.
Mastella è una frontiera fatta persona, il punto di passaggio tra il centro destra e il centro sinistra, la sottile dogana del bipolarismo, il vero simbolo del Terzismo nazionale. E’ passato alla storia, anche se vi ostinate a condannarlo alla geografia, perché grazie a lui l’Italia ha avuto per la prima volta un premier venuto dal comunismo, D’Alema; dove non riuscirono Gorbaciov, il muro di Berlino, il compromesso storico, e altri eventi epocali, vi riuscì Mastella. Così nacque il primo governo di Falce e Mastella.
Lo offendono quando lo definiscono un leghista del Sud, perché Mastella usa metodi e linguaggi più felpati, è più ragionevole, con lui ci si può mettere d’accordo in modo più concreto. Non sogna guerre di secessione ma solo piccole insorgenze finalizzate ad amorosi inciuci; non traffica in ampolle del fiume Calore, l’equivalente beneventano del Po, nella piccola Padania dei sanniti di cui Mastella è stato a lungo l’imam riconosciuto e venerato. Mastella ha l’occhio inquietante di Saddam ma ha la voce sussurrante di Geggè e i Confidenziali: lui però è sannita, mica sunnita, nonostante l’aspetto sultanesco e la sua Mecca a Ceppaloni.
Rispetto ai padani, può rivendicare un’origine nordica più certa e più guerriera; infatti la sua zona è più padana di quella leghista perché fu dominata a lungo dai longobardi. Esistono tuttora non poche tracce, non solo onomastiche, di quell’oasi germanica in piena Magna Grecia. Gli scherzi della storia alla geografia.