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 2009  aprile 03 Venerdì calendario

LA CRISI E’ UN COMPLOTTO DI QUELLI DEL SIGNORAGGIO


Con un balzo è tra il pubblico, sventola il microfono e urla «guardiamo le facce, torniamo agli istinti!». Poi chiede a un ragazzo: «sai chi è quello là?». La telecamera ha già virato sullo sfondo: con un rombo vengono presentati "i quattro Cavalieri dell’apocalisse". Beppe Grillo continua a gridare «una volta c’erano i gangsters, adesso ci sono i banksters» e la telecamera zoomma sul volto grinzoso di Alan Greenspan. Ex governatore della Federal Reserve, oggi tra i principali imputati della crisi finanziaria internazionale. «E’ un banchiere o un cane da slitta?», si sgola il comico, «noo, al cane, se gli tiri qualcosa, te la riporta indietro. Il banchiere col cazzo!».
L’elegante premessa servì allora, nei primi ami Duemila, per sferrare il consueto attacco contro il sistema e sostenere, senza ironia, una delle più famose teorie complottiste al mondo, l’anti signoraggio. In questi giorni di proteste londinesi e di epidemia di sequestri di manager in Francia, insomma di insurrezione anti banchieri, i siti internet si stanno riorganizzando. Come si sta rianimando lo spontaneisrno anti capitalista di ogni colore che unisce improvvisamente anarchici e trotzkisti nel "G20 Meltdown" di Londra, di solito più propensi a sfondarsi il cranio a vicenda o a coalizzarsi contro i naziskin.

Il padre della battaglia italiana anti-signoraggio, della guerra contro "Bankitalia Spa" come la chiamano gli adepti, è Giacinto Auriti. Giurista e grande esfimatore di Ezra Pound, coniò una moneta tutta sua, introdotta per un breve periodo nel suo paesino di provenienza, Guardiagrele, che gli costò una condanna per «raccolta abusiva del risparmio». Morto nel 2006, soleva dire che «non sono fascista perché è troppo poco» e che «sono cattolico, apostolico, romano. Anche se sono abruzzese».

Il signoraggio, in senso stretto, è la differenza tra il costo di emissione e il valore della moneta stessa che le banche centrali o lo Stato incassano ogni volta che la emettono. Nel caso della Banca d’Italia la maggioranza di questi utili viene aggiunto alle riserve valutarie e il resto viene dato allo Stato. Ma chi crede ad Auriti non si fida. E pone ossessivamente le stesse domande: perché lo Stato non si stampa da solo la moneta, perché batte solo le monetine che gli costano più di quanto valgono e non le banconote, perché accumula debito pubblico che deve a se stesso, eccetera. Oppure, come si vede in un pomposo video su youtube accompagnato dai Carmina Burana, «i banchieri internazionali creano il denaro dal nulla e senza nessuna contropartita, semplicemente, stampandolo». Ergo, le tasse «servono quasi tutte a pagare gli interessi».

Inevitabilmente, queste tesi sfociano in una ricetta sola, espressa da Marco Ferrando, leader del Partito comunista dei lavoratori, diventato famoso durante il governo Prodi perché il suo pulsante in Parlamento diventò come il pulsante rosso della valigetta dei presidenti americani, sempre pronto a far esplodere tutto. A ottobre del 2006 su Canale Italia, concluse che bisognava procedere alla «statalizzazione e l’unificazione delle banche, finalmente restituite al controllo dei lavoratori e della maggioranza della società».

Ovviamente le colpe dei banchieri e della finanza più spericolata nell’attuale crisi internazionale sono indiscutibili e sono sotto gli occhi di tutti. Ma la politica non sembra attualmente in grado di scongiurare gli spontaneismi, di governare la rabbia popolare e di convogliarla verso canali ordinati di sfogo (un ruolo tradizionalmente assunto, ad esempio, dai sindacati e dai partiti della sinistra europea). Una tendenza che sta diventando pericolosa.

Un esempio lampante di questo trend - che auspicabilmente provocherà un’aristotelica catarsi e non tentativi di emulazione - è il film uscito oggi nelle sale italiane, "Louise-Michel". Film a basso costo, premiato al festival del cinema indipendente Sundance, racconta la storia di un gruppo di operaie aggirate dal padrone. Il giorno dopo aver regalato a tutte un grembiulino nuovo, lui chiude la fabbrica. E loro si autoorganizzano, appunto, e assoldano un killer per uccidere il padrone. Uno dei due autori del film, Gustave Kerverm, era a Roma, ieri. Ai giornalisti ha detto che i sequestri dei manager in Francia non sono da condannare. Sono sempre esistiti e «dunque non credo che il film abbia contribuito a determinarli. I lavoratori li avrebbero fatti comunque».

Accanto alle tesi anti signoraggio che descrivono un mondo reso schiavo dalle banche, mietono consensi sempre piu ampi le teorie sul mondo reso schiavo dalle multinazionali. Teorie divenute molto popolari con l’avvento della globalizzazione e i primi, vistosi eccessi della finanza internazionale negli anni Novanta. E se la Madonna è Naomi Klein, il san Paolo di questa branca della religione anticapitalista è John Perkins, autore nel 2004 di "Confessioni di un sicario economico".

Un uomo dal «sorriso innocente» che «ricorda più un vecchio insegnante di yoga che un sicario» secondo il New York limes. Per 35 anni il suo lavoro è consistito nell’utilizzare «le organizzazioni della finanza internazionale per creare le condizioni affinché altri Paesi si sottomettano alla corpocrazia che domina le nostre grandi aziende, il nostro Governo e le nostre banche», scrive. Andava nei Paesi poveri, questo pentito della "corpocrazia americana", e concedeva grandi prestiti. Quando i Governi non erano in grado di restituirli, il risarcimento era «il controllo dei voti alle Nazioni Unite, l’installazione di basi militari o l’accesso a preziose risorse come il petrolio o il Canale di Panama». Il tutto, racconta Perkins, a servizio del «nostro impero globale». Un libro, commentò La Stampa, che «vuole partire per una riparazione» e per la realizzazione «di una società più equilibrata e giusta». Ma la vera domanda è chi governerà questa "riparazione" verso un mondo più giusto.