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 2009  marzo 25 Mercoledì calendario

«IO PROVOCATORE CON LE IMMAGINI SFIDO L’INCONSCIO COLLETTIVO»


Sgrana gli occhi Jean-Paul Goude davanti alle immagini della rivista La difesa della razza che paradossalmente richiamano le sue, e poi molto interdetto comincia dicendo: «Le idee cambiano con il tempo: una volta Spike Lee mi disse che se qualcuno da giovane lo avesse chiamato ”black” invece che ”negro”, probabilmente gli avrebbe dato un pugno... ». Francese di nascita, trasferitosi a New York fine anni ”60, Goude diviene presto l’art director di una rivista di tendenza comeEsquire. Il periodico è stato per lui un mezzoper inventarsi creatore di immagine e immagini. Alla fine dei ”70 trasforma la sua fidanzata, una divetta della disco music, in unaicona rockpop: Grace Jones. Nei primi anni ”80, in uno spot per jeans, immortalò un mondo di persone di razze diverse, con vestiti molto colorati e che giocano tra loro: una delle campagne più copiate della storia della pubblicità. In un altro suo spot un uomo combatte con la sua ombra per il possesso di una bottiglia di profumo tra le drammatichemovenzedella Danzadei cavalieri di Prokof’ev. La sua consacrazione nel 1989 con la fluviale parata a Parigi per il bicentenario della Rivoluzione, da lui curata per il governo francese. Un tragitto esemplare dai ”60 ai ”90 quello di Goude, proprio nell’inventare quel mondo interetnico, colorato e multiculturale, tribale e pop, che negli anni ”80 ha cominciato a spopolare. Nei lavori di Goude stupisce come gruppi etnici e sociali disparati siano esaltati attraverso immagini che pur basandosi su stereotipi, ne ribaltano la valenza simbolica. il caso dei glutei prominenti dei neri, un simbolo negativo per i manuali nazifascisti sulla difesa della razza negli anni ”30, mentre nelle immagini di Goude prendono una valenza del tutto diversa. «Nel mio lavoro - dice - cerco sempre di provocare con le immagini: ”Pensi sia brutto? Allora guarda: invece è bello”. Estetica è una parola che non mi piace, bellezza ancora meno: chiamiamola armonia. Perché la maggior parte del genere umano considera la Venere di Milo bella? Quasi che l’inconscio collettivo voglia stabilireuna regola d’oro.Nonmi convince ». Allorailsuoèunatteggiamentopolitico? «Forse etico: ma bisogna stare attenti. Sono nato nel 1940, in Europa c’erano le leggi razziali: nella mia giovinezza il modello femminile era ancora la donna bianca, bionda, occhi chiari, grandi tette niente sedere. Al contrario fin da giovane ero attratto da corpi scuri, muscolosi con forme pronunciate e occhi allungati. Forse a spingermi c’è ancheuna attrazione sessuale». Altro che attrazione, Goude: lei con le sue immagini ha flirtato con sensualità, erotismo e pornografia. Perché? «Perché sono un puritano e come molti puritani sono attratto dal peccato, dal suo mistero. Quando mi innamorai di Grace Jones volevo stare con lei per capire, scoprire cosa ci fosse dietro il fascino di quella donna. E poi è venuto il resto». In un suo ciclo di foto sul ballo del 1975 ritrae i neri, i portoricani, i bianchi e i gay e non è che i bianchi facciano una gran bella figura: era attratto dalle culture allora considerate diverse, e ancora oggi rifiutate da molti? «In quelle foto la figura dei piùdemocratici la fanno i gay, perché sono di tutti i colori e razze. Ero interessato da quelle culture, ma in quelle foto sulla danza mi interessava anche un secondo livello: e cioè che i neri non ballano meglio o peggio dei portoricani o dei bianchi,malo fanno molto diversamente. inutile che si ostinino a cercare di fare degli arabesque... ». Tuttavia lei truccòdeliberatamente la foto di Grace Jones proprio mentre fa unarabesque: e le correzioni fotografiche sono una cosa che ha sempre fatto. Vuole cambiare la natura? «Serve all’immagine, alla sua stilizzazione e forsemi viene spontaneo perché nasco come disegnatore: il problema è cercare di colpire l’inconscio con un’idea estetica, sì, ho sempre cercato di dare una risposta mia. Negli anni ”90 bisognava ammirare Claudia Schiffer, allora vi dò Farida Khelfa: araba, islamica, dura, sempre incazzata e conuncoltello nascosto negli abiti». il cosiddetto stile beur (arabo-francese) echeleihalanciato,mentrecon Jones ha inventando una donna giamaicanachesembravaunuomo, cantava anche in francese in una strana misceladi stilimusicali.Nonèglobalizzazione anche questa? «Forse sì, ma allora le globalizzazioni sono due. Oggi le grandi aziende vogliono vendere al mondo. Pensano: cosa vuole la gente povera quando compra Dior? Vuole Parigi, e allora pelle bianca, occhi chiari, capelli biondi eccetera. Il mio modo di pensare è diverso: posso essere globale nei miei territori». Lei è stato tra i creatori di una cultura pop di grande diffusione: oggi molte persone cercano di assomigliare alle sueimmaginidi20o30anni fa.Come definisce il suo lavoro? «Tra arte e artigianato: l’arte propone qualcosa di unico, con una forte impronta personale del creatore. L’artigianato produce oggetti in serie e più spersonalizzati. Ecco,ho cercato di inventare prodotti con qualcosa di unico e legato alla mia personalità: da giovane pensavo che un giornomene avrebbero reso merito, ma ora credo sia stata una battaglia persa».