Rinaldo Gianola, l’Unità 3/4/2009, 3 aprile 2009
Storici quotidiani americani chiudono o bloccano le edizioni cartacee a favore di Internet. In tutto il mondo giornalisti e tecnici perdono il posto
Storici quotidiani americani chiudono o bloccano le edizioni cartacee a favore di Internet. In tutto il mondo giornalisti e tecnici perdono il posto. La crisi investe anche l’editoria italiana. Ma non è solo una questione economica. La vera domanda è quale ruolo possono avere ancora il giornalismo e l’informazione. Lo abbiamo chiesto a Giorgio Bocca, protagonista del giornalismo italiano. Bocca, nel tuo ultimo libro ” la stampa, bellezza!” alla fine scrivi che ci sarà sempre bisogno di un giornalismo etico e di informazione. Sei sicuro? «La mia è una speranza, non è una certezza. Viviamo oggi un momento difficile. La crisi dell’editoria è come quella dell’auto: abbiamo fatto prodotti troppo grandi e troppo cari, la strada del gigantismo la paghiamo ora. Siamo vittime e protagonisti di scelte sbagliate, di un’economia incontrollabile e irrazionale che ti spinge a comprare la casa anche se non hai soldi, siamo dentro un capitalismo finanziario disastroso che pensa di risolvere i problemi della gente vendendo truffe e illusioni ». E i giornali? «Sono parte del gioco. Abbiamo fatto a gara a chi diventava più grande. Repubblica, il Corriere della Sera e altri giornali hanno moltiplicato le pagine in modo spropositato, con inserti e supplementi che nessuno legge. Tutto per la pubblicità, abbiamo asservito i giornali alla pubblicità e ora che è in crisi non sappiamo più cosa fare. Il nostro modello sta crollando». Ma il modello per anni ha funzionato: più pubblicità, tantecopie, soldi per tutti,perle imprese e anche per i giornalisti. «Non mi è mai piaciuto. Questa crisi è frutto di quella euforia, è avvenuto tutto in modo così disordinato e caotico che anche i bravi manager non hanno capito per tempo che la stagione dell’opulenza sarebbe finita. Ci sono giornali importanti, con grandi azionisti, che si trovano in difficoltà perché la pubblicità non tiene più il passo del loro gigantismo. Il Corriere e Repubblica sono oggi penalizzati dalle spese assurde realizzate negli anni passati, da un modo sbagliato di fare i giornali». Un esempio. «Troppe pagine e poche scelte. L’altro ieri il mio giornale mi ha chiesto un articolo sull’arresto di Mario Chiesa. Il giorno dopo c’erano cinque articoli su questo argomento. Non ha senso. C’è sempre la paura di non esser abbastanza abbondanti, pensando che l’abbondanza di articoli rappresenti la completezza dell’informazione. un errore». In questa crisi, però, non si può dare solo la colpa alle imprese, agli editori. I giornalisti si sono crogiolati in un comodo conformismo, magari ben retribuito proprio grazie a questo gigantismo delle imprese editoriali. « vero. Ugo Stille mi raccontava un po’ sorpreso come erano felici i redattori del Corriere quando c’erano i giochini, le promozioni, i gadget che portavano miliardi di pubblicità e migliaia di copie.Ma non ho ancora capito che legame esiste tra questa corsa a diventare grandi e un giornalismo etico, d’informazione ». molto più comodo scrivere una’marchetta” per lo stilista o il politico brillante, piuttosto che andare in giro a fare inchieste, a cercare notizie, a studiare, non ti pare? «Nei giornali la corruzione dell’etica c’è sempre stata. Una volta era determinata dall’egemonia politica, ci poteva essere dipendenza dai partiti. Oggi, invece, c’è la corruzione del denaro e della pubblicità, è una malattia più grave e non si sa come guarirla. I giornalisti hanno seguito l’onda dei loro editori: meglio vivere di rendita, difendere le posizioni, guai alla concorrenza. I giornali non competono più. Quandolavoravo alla Gazzetta del Popolo aspettavamo la prima edizione della Stampa per vedere i ”buchi” (le notizie esclusive ndr) che avevamo dato e preso. C’era una concorrenza vivissima. Adesso non succede più. Oggi si fa la gara solo sulla scemenza». Forse un cambiamento potrebbe arrivare dai direttori, se gli editori ne trovassero qualcuno di nuovo. «La staffetta al Corriere tra due direttori identici, che hanno già occupato quel posto, conferma che gli editori vogliono che tutto resti così com’è, non vogliono fastidi. I padroni hanno semplicemente riaffermato il loro potere proprietario: spostiamo i direttori e non cambiamo nulla». sempre stato così o una volta era diverso. I grandi industriali sapevano fare gli editori? «Chi possiede i giornali in Italia lo fa per esercitare il potere, c’è poco da farsi illusioni. Gianni Agnelli si divertiva con i suoi giornali, sceglieva anche direttori in gamba come Gaetano Scardocchia, ma poi finiva con quello che adesso fa il cinema.... come si chiama? Ecco: Carlo Rossella». Il padrone peggiore? «Berlusconi. Lui ha sempre dato il peggio. Si serve dei giornalisti affinché gli diano lustro, usa i suoi giornali per intimidire gli avversari. La libera informazione non gli interessa, lo spaventa». C’è una cura per salvare i giornali e il giornalismo? «Le medicine che vedo mi sembrano sballate. C’è chi dice che il futuro è Internet oppure la free press. Non mi convincono le nuove tecnologie. Il mio collaboratore che mi aiuta nel lavoro miporta notizie scaricate da Internet che arrivano da chissà dove, di cui non si conosce la fonte, difficilmente verificabili. Ma che giornalismo è questo». E allora, siamo morti? «L’unica soluzione che vedo è questa: tornare ai giornali di opinione di mezzo secolo fa, con 50 redattori invece di 400, tagliare i costi. Tornare a un giornalismo serio, di vera informazione. Oggi i giornali sono ricchi di pagine,ma spesso non si trovano le informazioni, i contenuti bisogna cercarli affannosamente ». C’è un modello che ti piace? «Ci prova Giuliano Ferrara, che naturalmente non mi piace per nulla. Non condivido le sue scelte, fa il teocon con delle posizioni inaccettabili per uno con la mia storia. Però il Foglio tenta di fare un’informazione colta, un giornalismo di qualità». Consiglieresti a un giovane di fare il giornalista? «Permeil giornalismo è stata una missione, il lavoro gratificante diunavita e mi sembrava, dopo la grande stagione della lotta partigiana, di rendermi utile al Paese. Adesso non so davvero cosa consigliare. Il giornalismo, forse, offre ancora un certo status, magari viaggi e un buono stipendio. Vedo che molti sognano di fare l’anchorman in tv. La mia preghiera è che ci sia ancora bisogno di un’informazione etica»