Michele Nones, Il sole 24 ore 1/4/2009, 1 aprile 2009
ARMI, ADESSO LA CINA INSIDIA GLI USA
Fra i pochi settori dell’industria che possono guardare al prossimo futuro senza eccessive preoccupazioni, quello dell’aerospazio, sicurezza e difesa gioca un ruolo di primo piano. Si può stimare che la spesa militare passerà dai 1.340 miliardi di dollari di quest’anno ai 1.580 del 2017, con un incremento medio annuo del 2,3% nei nove anni considerati. Ma anche considerando solo il primo quinquennio, nel 2013 è prevista una spesa di 1.420 miliardi di dollari, con un incremento medio annuo dell’1,6 per cento.
Nel periodo 2009-2013 vi è una sola area, gli Stati Uniti, in cui è prevedibile una leggera diminuzione, limitata all’1-2% medio annuo a seconda delle fonti. Va però osservato che questo risultato dipende in gran parte dal previsto ritiro dall’Iraq e, si spera, dall’Afghanistan.
Tutte le altre aree è previsto registrino un trend in crescita. Il Medio Oriente, l’Europa e l’America Meridionale intorno all’1% d’incremento medio annuo, l’Africa il 2%, l’Asia il 5% e la Russia ben il 9 per cento. Due settimane fa, il Presidente russo Medvedev ha annunciato un piano di riarmo "su vasta scala" volto a modernizzare le forze armate, riducendone le dimensioni e dotandole di equipaggiamenti più moderni, anche nel campo delle armi nucleari strategiche.
L’area di maggiore interesse è sicuramente l’Asia per la sua progressiva crescita: se, infatti, oggi rappresenta circa il 24% del mercato mondiale, fra cinque anni dovrebbe essere il 27% e fra nove quasi il 30 per cento. In quell’anno, Cina e India dovrebbero insieme coprirne quasi un terzo. Già quest’anno la Cina aumenterà le sue spese militari del 15 per cento. In India, lo shock dell’attentato di novembre a Mumbai ha portato in primo piano le spese per la difesa. Per quanto riguarda l’Europa, il previsto aumento della spesa militare non dovrebbe consentire di mantenere l’attuale posizione: è infatti previsto che passi dal 22 al 20% della spesa militare mondiale.
Diverso è il quadro per gli investimenti che dovrebbero passare dai 270 miliardi di dollari del 2009 ai 310 del 2013 per arrivare ai 360 del 2017, con una crescita media annua del 4,3 per cento. Medio Oriente ed Europa dovrebbero registrare un incremento medio annuo dell’1% nel primo quinquennio, gli Stati Uniti del 3%, l’Africa del 4%, l’Asia del 5% e la Russia quasi del 10 per cento.
Un aspetto interessante è relativo al mercato americano perché, a fronte della leggera riduzione della spesa complessiva, è previsto un consistente incremento della spesa per equipaggiamenti: quasi 3% medio annuo fino al 2013 e 5% nel quinquennio successivo. Anche se è probabile una razionalizzazione dei programmi e una limitazione di un certo "imbarocchimento" tecnologico sviluppatosi nell’ultimo decennio, la supremazia tecnologica americana non dovrebbe venire toccata. Ma è nuovamente l’Asia a richiamare l’attenzione perché resta un mercato più aperto (avendo ancora un’industria tecnologicamente più debole) e per il forte ritmo di crescita. Partendo da meno del 30%, nel 2017 dovrebbe arrivare al 35% del mercato mondiale, un valore prossimo a quello americano, che dovrebbe nel frattempo scendere al 38 per cento.
Quali sono le ragioni di questo andamento in controtendenza del mercato militare? La prima è nell’essere caratterizzato da lunghi cicli, legati soprattutto all’invecchiamento degli equipaggiamenti in termini sia assoluti sia relativi. Il ciclo di vita di un grande sistema dura decenni, anche se sottoposto a sempre più frequenti ammodernamenti. Ma quando è superato, l’introduzione di una nuova generazione richiede, a sua volta, decenni per essere sviluppata, industrializzata e completata. Parallelamente, va però considerato l’aspetto strategico-militare del confronto con le potenziali minacce e con i partner. L’obsolescenza è infatti legata al livello tecnologico dei potenziali nemici da contrastare e dei propri alleati con cui bisogna operare. Se il loro livello tecnologico cresce, com’è avvenuto nell’ultimo decennio, i propri equipaggiamenti devono essere sostituiti prima della fine del loro ciclo di vita.
Inoltre, una volta avviato un ciclo di rinnovamento di un equipaggiamento, non si può più interrompere, ma al massimo diluire nel tempo. Il supporto logistico dei mezzi in via di sostituzione diventa infatti sempre più difficile e costoso, anche perché si riducono le dimensioni del mercato relativo. Viceversa, trascorsi pochi anni dall’ingresso in servizio di nuovi mezzi, una doppia attività di supporto logistico diventa un lusso che ben pochi si possono permettere.
La seconda ragione della tenuta del mercato militare è legata alle scelte nazionali. In questo momento molti dei Paesi industrializzati non possono permettersi di aprire nuovi fronti sul piano sociale ed economico, anzi alcuni, come la Francia, puntano ad aumentare gli investimenti in funzione anti-crisi e di sviluppo tecnologico complessivo. I Paesi produttori di petrolio, pur risentendo del crollo del prezzo del greggio, mantengono una fortissima capacità di spesa e comunque, non appena superato questo difficile momento, vi sarà un certo recupero con conseguente adeguamento delle loro entrate.
La terza ragione sta nello scenario strategico. L’area dell’instabilità continua a rimanere ampia e numerose restano le situazioni di crisi conclamata. Durante lo scorso anno è riesploso il conflitto in Palestina, s’è aggravata la situazione in Afghanistan e vi sono forti preoccupazioni sulla stabilità del Pakistan, anche perché potenza nucleare. Il terrorismo di matrice islamica ha colpito a Mumbai, mentre si espande il fenomeno della pirateria. La Corea del Nord continua lo sviluppo delle sue capacità missilistiche e questo allarma il Giappone. Il riarmo cinese preoccupa tutti i Paesi confinanti e spinge verso un loro rafforzamento militare. Nel contempo, l’espansione commerciale e industriale cinese in Africa comincia a creare allarme per il parallelo assorbimento di materie prime africane e per il forte aumento d’influenza politica a discapito dei Paesi industrializzati. La Russia è intervenuta militarmente in Ossezia dopo quasi dieci anni di non uso della forza. L’Iran coltiva le sue ambizioni nucleari e l’intera area del Golfo è conseguentemente messa sotto pressione. I rapporti fra Russia e Nato restano altalenanti; nei Balcani il fuoco continua a covare sotto la cenere; nell’America Meridionale tornano a prendere corpo alcune tradizionali politiche nazional-populiste.
A fronte di tutti questi elementi negativi si registra come unico dato positivo una relativa stabilizzazione dell’Iraq, con il progressivo trasferimento della sicurezza alle forze nazionali. Ma è un processo ancora lungo e fortemente dipendente dall’andamento del contesto regionale.
Nel complesso, quindi, la domanda di sicurezza e di difesa non sembra essere destinata a ridursi. Anzi emergono due elementi: il mercato dell’aerospazio, sicurezza e difesa continuerà ad assorbire nel prossimo decennio crescenti risorse finanziarie; i grandi gruppi europei, fra cui Finmeccanica, vedranno premiata la loro strategia d’internazionalizzazione.