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 2009  aprile 01 Mercoledì calendario

TRA MONNEZZA E CRISI MISTICHE LA PARABOLA DEL "MARIUOLO" CHE SOGNO’ DI FARE IL SINDACO


Farsi dimenticare. Un´immersione da sottomarino della politica. Negli ultimi, lunghi, diciassette anni è stato questo, oltre ad arricchirsi, l´obiettivo principale di Mario Chiesa, il primo indagato, imputato e condannato di Tangentopoli. Lo presero, disse il pm Antonio Di Pietro, «con le mani nella marmellata». Oggi lo accusano di aver le mani «nella monnezza». E fa una certa impressione sapere che le bombe di profondità che ieri, alle 3 del mattino, l´hanno svegliato buttandolo giù dal letto sono state sganciate dagli investigatori dell´allora «Capitano Ultimo». E cioè l´ufficiale dei carabinieri che nel gennaio del ”93 mise spalle a terra Totò Riina, il capo dei capi, e adesso lavora al Nucleo carabinieri ecologici.
 finita la stagione delle stragi, l´implosione della prima repubblica è un fatto storico, ma il destino trova sempre qualche curiosa coincidenza. Il 17 febbraio del ”92 venne arrestato («Procedimento 8655/92: Chiesa più altri») e il 17 febbraio del 2005 sono state autorizzate alcune intercettazioni telefoniche che, quattro anni dopo, hanno portato alle sue manette-bis.
Come sempre, sia di persona sia al telefono, Chiesa parla poco. Ha sessantacinque anni, è rimasto il ragazzaccio di Quarto Oggiaro, il quartiere duro dove mosse i suoi primi passi nella sezione del Psi. Pochi amici aveva allora - con le sue smisurate ambizioni da sindaco ammorbava soprattutto i succubi fornitori - e pochi amici ha adesso. Un solitario. Ai nuovi compari domanda: «Ma si può fregare sui pesi?», e cioè il peso dei carichi della spazzatura. Ai vecchi amici, quasi tutti «vecchio sottobosco socialista», più qualche imprenditore delle pompe funebri, confida perle sull´importanza dell´anonimato: «Devo volare basso».
Relativamente basso. Nel Duemila, è vero, era stato costretto a mollare la sua prestigiosa villona in viale Monte Rosa e abitava in una casa civile dalle parti del quartiere Bovisasca, periferia nord. In quel periodo, dava poco nell´occhio. Aveva finito di scontare la condanna per corruzione e finanziamento illecito. I 5 anni e mezzo s´erano ridotti - grazie a condoni e sconti - a due anni di lavoro in una cooperativa sociale. Una sera, ormai libero, incontrò per caso il cronista in una pizzeria con pochi tavoli e dai prezzi modici nella popolare via Pellegrino Rossi: «Un uomo mi ha cambiato la vita», disse. E mostrò, ispirato, la copertina di un libro, con la foto di don Giussani: «Un grande», lo definì, con varie citazioni evangeliche. E alcune considerazioni un po´ stupefacenti: «Ho perdonato il troppo male che mi avete fatto».
In verità, dopo essersi mostrato a qualche congresso di Comunicazione e Liberazione e aver capito abbastanza in fretta che la Compagnia delle Opere non era il tipo di associazione che forse ipotizzava, sparì. Non andò più nemmeno al circolo di Marcello Dell´Utri, né ai congressi forzisti. «Non lo vediamo da dieci anni», dicono i ciellini. Mollate dunque le periferie e l´aria malinconica che infligge la finta penitenza, «el Mariet» era tornato alla riconquista del suo tenore di vita, riuscendoci.
Ieri però la sua ammiraglia tedesca ultimo modello è rimasta nel box. E nello spazioso appartamento del condominio lussuoso in zona San Siro, prima ancora di infilarsi la giacca e seguire i carabinieri, ha preso copia della cartella clinica. Per esibire un ricovero per problemi cardiaci nel 2004 all´ospedale Sacco, che un tempo era stato nelle sue grinfie d´amministratore. Ieri è stato trasferito subito nell´infermeria del carcere di San Vittore.
Tornare sotto i riflettori chissà che effetto gli fa. Tentava seriamente di farsi scordare. Era stato cercato di recente, durante la vendita all´asta organizzata dal programma di Radiodue "Caterpillar" della valigetta in cui Luca Magni, imprenditore delle pulizie, aveva messo le banconote della famosa tangente, ma anche la microspia dei carabinieri. Se qualcuno gli domandava che cosa facesse, rispondeva: «Attività immobiliari», una frase che è stata parecchio di moda, prima della crisi.
E lui, forse non da ingegnere e nemmeno da ex politico, ma da navigatore esperto aveva fiutato in anticipo i tempi delle vacche magre. Non sembra infatti casuale la sua abitudine di regalare ai funzionari pubblici, quelli che gli facevano il favore di pesare troppo o troppo poco i detriti delle strade, non banconote, come ai suoi bei tempi. Ma semplici buoni-pasto. O buoni-benzina. E persino cedole per i negozi d´abbigliamento. Una sorta di baratto che però, sostengono gli investigatori, ha permesso a qualcuno «di triplicare lo stipendio». E a lui di credere ancora di essere saldo in sella, finché il colonnello Michele Sarno, prima del sorgere del sole, gli ha offerto un caffè.