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 2009  aprile 03 Venerdì calendario

RIVALUTATI GLI "ASSET TOSSICI" COLPO DI COSA DI WALL STREET


Non è stato il G20 ieri la vera causa scatenante del rialzo di Wall Street, bensì un regalo normativo ai banchieri. Mentre a Londra i leader di Stato assumevano l´impegno a varare regole più severe sui mercati finanziari, l´America ha fatto un passo indietro riscoprendo la deregulation a favore della "finanza creativa". L´Authority che fissa le norme sulla contabilità ha deciso di allentare i criteri di valutazione dei titoli tossici. Finora valeva la norma del "mark-to-market": le banche erano tenute ad assegnare ai titoli che possiedono un valore calcolato in tempo reale in base alla loro quotazione di mercato. E´ così che i maggiori istituti di credito del mondo sono stati costretti a rivelare delle voragini nei loro bilanci. Montagne di titoli-spazzatura, infatti, non trovano acquirenti sul mercato se non a prezzi che sono una minuscola frazione del loro valore teorico (quello nominale o di emissione). Di fronte a questa diffidenza dei mercati e alla latitanza di acquirenti, i banchieri erano obbligati a svalutare i loro portafogli-titoli, con una spirale di perdite. E´ quella regola contabile che ha precipitato i fallimenti bancari (come Lehman), le nazionalizzazioni ufficiali o di fatto (da Aig a Royal Bank of Scotland).
Ieri è scattato il contrordine. Il Financial Accounting Standards Board (Fasb), Authority che determina i requisiti della contabilità societaria, ha varato una sorta di indulgenza plenaria. Il "mark-to-market" è di fatto sospeso. Le banche possono usare un criterio molto più flessibile. Sono autorizzate ad attribuire ai loro titoli un "fair value", un valore equo che possono determinare a loro giudizio. Di colpo i titoli tossici possono essere rivalutati d´incanto, se solo le banche che li detengono decidono che il loro valore reale è superiore a quello di mercato. Pazienza se non ci sono acquirenti a cui venderli; quei titoli spazzatura possono diventare ben più pregiati se questa è l´opinione di chi redige i bilanci. Di conseguenza si allenta sulle aziende di credito la pressione per rivelare le perdite legate al deprezzamento di quei titoli. Non stupisce l´euforia di Wall Street, dove i titoli delle banche hanno trascinato il listino al rialzo. L´indice Dow Jones ha ormai recuperato oltre il 20% rispetto ai minimi di marzo. Perfino il dato sui senza lavoro (in aumento a 669.000 i disoccupati mensili) è stato ignorato dai mercati di fronte al cambio di regole per la contabilità bancaria.
La svolta annunciata ieri dal Fasb non era inattesa. Da mesi i banchieri si battono per ottenere questa deregulation contabile. Suscitando ulteriore indignazione tra i contribuenti americani, si è scoperto che le stesse banche semi-nazionalizzate, dopo aver ricevuto centinaia di miliardi di aiuti hanno aumentato le loro spese di lobbying per far pressione sul Congresso e sull´Amministrazione Obama. I banchieri spiegano così la loro richiesta: nella crisi attuale alcuni mercati di fatto hanno smesso di funzionare; l´assenza di fiducia ha fatto scomparire gli investitori per certi prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più senso e doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio, secondo questa tesi, sono temporanee perché in futuro gli stessi titoli tossici potranno ritrovare acquirenti a valori più ragionevoli. Oppure le banche potranno tenersi i titoli fino alla scadenza, e non sempre i debitori che sono all´origine di quei titoli si riveleranno insolventi. Costringere le banche a deprezzare pesantemente quei titoli non fa che alimentare la spirale della sfiducia.
Questi argomenti hanno fatto breccia nelle autorità e i banchieri l´hanno spuntata. Ma adesso il rischio si sposta nuovamente altrove: dalla parte dei risparmiatori che non sanno più se possono fidarsi dei bilanci bancari. All´origine di questa crisi ci fu proprio la mancanza di trasparenza, che il Fasb ora legittima nuovamente. Quando le banche di tutto il mondo fecero incetta di titoli-spezzatino legati ai mutui subprime, quei titoli avevano l´etichetta della "tripla A" generosamente rilasciata dalle agenzie di rating. Tutte in conflitto d´interessi, perché pagate dagli emittenti dei titoli. La decisione del Fasb rischia di riprodurre gli stessi problemi: mancanza di trasparenza, e conflitto d´interessi visto che saranno gli stessi banchieri ad attribuire un prezzo ai titoli che hanno in casa.