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 2009  aprile 01 Mercoledì calendario

Il lifting di Nefertiti. Corriere della Sera, mercoledì 1 aprile Forse non cambierà niente. O quasi

Il lifting di Nefertiti. Corriere della Sera, mercoledì 1 aprile Forse non cambierà niente. O quasi. E il busto della regina Nefertiti (moglie del faraone Akhenaton, XVIII dinastia, un busto vecchio di 3400 anni) continuerà ad attirare, da una parte, un gran numero di visitatori nelle stanze dell’Altes Museum di Berlino mentre, dall’altra, susciterà l’invidia delle autorità egiziane che hanno inserito quello stesso busto (assieme alla Stele di Rosetta conservata al British Museum) tra i cinque oggetti preziosi da riportare assolutamente in patria. Certo, però, che scoprire che la bellissima regina non fosse poi così bellissima e che anzi si fosse sottoposta ad un bell’intervento di lifting al naso (per ridurre un banale bozzo), agli zigomi (per renderli più prominenti), alle labbra (per togliere qualche piccola ruga) e alle palpebre (per renderle meno cascanti) farà piacere, è inutile dirlo, a tutti i comuni mortali francamente un po’ invidiosi di colei che veniva definita «donna piena di grazia» e «dotata di tutte le virtù». Anche se tecnicamente non si tratta di un lifting con blefaroplastica «e annessi » come lo intendiamo noi e il responsabile non un chirurgo di allora ma lo scultore che doveva rappresentare la «Monna Lisa del Nilo» e che ha firmato il busto oggi all’Altes Museum e che aveva deciso di migliorarne l’immagine (sicuramente anche su indicazione del faraone consorte) con tutta probabilità «per farla aderire ai canoni di bellezza dell’epoca »: per farlo l’insigne artista (si ipotizza il famoso scultore reale Thutmosis) aveva, tra l’altro, ricoperto il volto originale sotto una pesante mano di stucco per renderlo più affascinante. A rivelarlo, sulle pagine della rivista «Radiolo­gy », è stato (assieme ad un gruppo di colleghi) Alexander Huppertz, direttore dell’Imaging Scien­ce Institute di Berlino, che ha preso sotto esame «per un semplice controllo» quel busto di 50 centi­metri (bellissimo, intrigante e secondo alcuni vaga­mente iettatorio) che tecnicamente consiste in «un pezzo di pietra calcarea» ricoperta appunto di stuc­co. Già analizzata nel 1992 (all’epoca solo con la Tac), la bella Nefertiti, sotto l’impetosa scure di una tecnologia definita «imaging medicale» (la «nuova» Tac spirale con sezioni millimetriche è sta­ta utilizzata in particolare per esaminare il busto e la corona), ha finito così per rivelare i limiti di quel fascino regale. Ovvero zigomi meno prominenti, una leggera protuberanza sul naso, rughe ai lati del­la bocca e delle guance, minore profondità agli an­goli delle palpebre. Niente di grave, in fondo, se non per una dea. Ancora meno se quei difetti («Si posso­no riscontrare – ha scritto Huppertz nella sua relazione – anche una serie di fessure pa­rallele all’altezza delle spalle, delle parte bassa del busto e dietro la co­rona ») erano stati politi­camente cancellati «per far aderire la regi­na ai canoni di bellezza dell’epoca». Continua così, ma stavolta con un tocco di reali­smo in più, l’incredibile leggenda della bella nubia­na venuta da lontano che divenne sposa di un gran­de faraone. Una leggenda alimentata in buona par­te proprio da quel busto oggi all’Altes di Berlino (venne scovato nel 1912 a Tell el-Amarma dall’arche­ologo tedesco Ludwig Borchardt). E che certo non perderà nemmeno una briciola del suo fascino mi­sterioso per colpa di qualche piccola ruga insignifi­cante o di un «bozzo» sul naso. Stefano Bucci