Massimo Gaggi, Corriere della Sera 1/4/2009, pagina 5, 1 aprile 2009
Fiat, la Borsa tifa per l’accordo. Marchionne a Detroit. Corriere della Sera, mercoledì 1 aprile New York
Fiat, la Borsa tifa per l’accordo. Marchionne a Detroit. Corriere della Sera, mercoledì 1 aprile New York. Una partecipazione iniziale nel capitale Chrysler che per la Fiat – se si farà l’accordo – sarà del 20 e non del 35%, come inizialmente previsto. Se gli obiettivi saranno centrati, il gruppo italiano vedrà comunque crescere la sua quota fino al 49%. L’eventuale acquisizione della maggioranza della società Usa potrebbe, invece, richiedere un’immissione di capitale da parte italiana. Il giorno dopo la straordinaria apertura di credito di Obama alla Fiat, emerge con più chiarezza che gli esperti della «task force» della Casa Bianca hanno «alzato l’asticella» per tutti: anche per l’azienda torinese, uscita comunque promossa dall’esame del governo Usa, a differenza di Gm e Chrysler, che sono finite dietro la lavagna. Mentre ieri i mercati hanno mostrato fiducia nella nuova avventura che attende il gruppo italiano (nonostante la conferma del downgrading da parte di S&P, il titolo Fiat ha guadagnato più del 10%, recuperando quanto aveva perso il giorno prima e trascinando l’intera Borsa), l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, non ha perso tempo: volato lunedì stesso negli Usa, subito dopo il discorso di Obama, ieri stesso ha iniziato gli incontri con i suoi interlocutori. Non è stata resa nota alcuna agenda, ma si sa che, oltre a negoziare «a tappe forzate» col capo di Chrysler, Bob Nardelli, per arrivare all’accordo definitivo entro la scadenza di fine aprile fissata dalla Casa Bianca, Marchionne incontrerà i principali creditori del gruppo Chrysler e i leader della Uaw, il sindacato dell’auto, Ron Gettelfinger e General Holiefield: i rappresentanti, cioè, delle parti – lavoratori e detentori del debito Chrysler – ai quali verranno chiesti i sacrifici maggiori per la sopravvivenza di Chrysler. Marchionne tornerà anche a Washington per incontrare la task force automobilistica di Obama. Quella di salvare la Chrysler rimane un’impresa difficilissima: il mercato Usa, che fino al 2007 assorbiva 16 milioni di veicoli l’anno, ora è sceso a 9-10. E Chrysler, dicono gli esperti di Obama, è quella che ha i maggiori problemi di qualità e obsolescenza dei modelli oggi offerti. Quelli nuovi, basati su tecnologia Fiat, non arriveranno prima del 2011: in mezzo, due anni difficilissimi, una vera «traversata del deserto». Ma è proprio in questi 24 mesi che il mercato dell’auto subirà una profonda trasformazione: nel mondo la produzione dovrebbe concentrarsi in 67 grandi gruppi, mentre negli Usa gli incentivi «mirati» di Obama spingeranno gli americani a sostituire i loro veicoli più vecchi, con vetture più piccole e dai consumi più contenuti. Per questo la Fiat si è buttata a capofitto nell’impresa, nonostante la sua difficoltà. «E’ il riconoscimento che i nostri prodotti e i nostri motori sono all’ avanguardia tecnologica, rispettosi dell’ambiente ed estremamente competitivi» ha detto ieri il presidente del gruppo, Luca Cordero di Montezemolo, dopo aver notato che le parole di Obama sono un omaggio all’impegno «delle donne e degli uomini che lavorano da anni per far tornare la Fiat forte e credibile nel mondo». Molto soddisfatto anche Corrado Passera, l’amministratore delegato di Intesa: «Il discorso di Obama ci rende orgogliosi: noi abbiamo fatto la nostra parte; ora la Fiat ha le risorse e l’intelligenza per progettare la sua prossima fase di crescita». Massimo Gaggi