Francesco Specchia, Libero, 2/4/2009, 2 aprile 2009
Masi direttore generale. Mezza Rai trema - «...Gli altri statali lavorano 36 ore? Noi dobbiamo lavorare di più
Masi direttore generale. Mezza Rai trema - «...Gli altri statali lavorano 36 ore? Noi dobbiamo lavorare di più. Gli altri hanno i tornelli? Dobbiamo averli anche noi»; «noi abbiamo bisogno di eccellenze, di persone e strutture capaci di pensare»; «rispetteremo in modo rigido la soglia dei 65 anni per il pensionamento e annulleremo molte deroghe concesse» (dal discorso alla segreteria generale di Palazzo Chigi, ottobre 2008). Ohibò. A ricordare i punti-cardine della spietata filosofia aziendale di Mauro Masi, nei moquettosi corridoi Rai - spesso sede di consulenti ad vitam, di fancazzisti e d’incompetenze stratificate - la notizia della nomina, proprio di Masi, a nuovo direttore generale è stata accolta da sorrisi pietrificati. Eppure era nell’aria. Ad esser pignoli, tecnicamente, Masi non è ancora il deus ex machina della Rai. In questo momento il presidente Garimberti, intascata la proposta d’incarico del candidato unico di viale Mazzini con 2 voti contrari, 1 astenuto e 6 favorevoli lui compreso, sta porgendola graziosamente agli azionisti, Siae e Ministero del Tesoro; i quali dovranno accoglierla e rimandarla al cda. Presumendo che non vi siano problemi (e non ve ne saranno), insomma, oggi stesso Mauro Masi, gran comìs di navigata esperienza passerà dalla Segreteria Generale della Presidenza del Consiglio al settimo piano del Cavallo. Notizia citofonata. Esclusi i candidati interni del ”partito Rai” era, in effetti, la soluzione tecnica più affidabile. Masi è come un blazer di taglio classico: sta bene con tutto. Amato da Berlusconi, elogiato da Dini - di cui fu portavoce e capo segreteria - , stimato oltremisura da D’Alema - di cui fu capogabinetto - e dal Vaticano, Masi, infatti, per capacità di mediazione, è assimilato ora a un Gianni Letta coi baffi, ora (definizione di Daniele Scalise su Prima) a un ”palindromo” . Cioè a quella figura retorica leggibile sia da destra che da sinistra. Intendiamoci: è uno che ci capisce. Per lui parla, anzi sussurra, il cursus honorum. Il cavaliere della Repubblica Mauro Masi nasce a Civitavecchia il 26 agosto del 1953, sposato con due figli è laureato in giurisprudenza con lode con tesi in economia politica; conclude il suo percorso di studi frequentando la scuola di Sviluppo Economico dell’Unione Camere di commercio di Roma, quella di direzione aziendale della Bocconi, l’IMF Institute di Washington e la Harvard Law School. Nel 1978 entra in Banca d’Italia. Svelto, efficiente, di rare chiacchiere, rivoluziona l’Ufficio di Vigilanza Bancaria di Milano. Dal 1988 punta a Roma, al ”cuore opaco della macchina politica”, distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dove è nominato consigliere per la comunicazione economica. Crolla la prima repubblica, ma lui rimane sempre lì, vivo Sansone morti tutti i filistei. Nel maggio del 1994 è nominato Capo della segreteria particolare del Ministro del Tesoro, Direttore dell’ufficio stampa e portavoce. Dal 1995 al 1996 è con l’allora Presidente Dini. Poi fa il Capo del Dipartimento per l’Editoria della Presidenza e si occupa in modo accademicamente maniacale di comunicazione: è estensore della legge che modifica e integra la legge sul diritto d’autore (considera i pirati, i taroccatori di cd e gli hacker soggetti da ”tatuare virtualmente” ); è, tra le altre cariche, Commissario straordinario della Siae ridotta a un colabrodo, che riporta a 5 milioni di utile da 28 di perdita. Insomma, il ragazzo ci sa fare. Proprio nel giorno dell’epicedio di Cappon con l’approvazione del bilancio Rai 2008 con 8 voti a favore, il suo successore Masi prepara, dunque, l’incoronazione. Dopodichè, come dice Berlusconi, ”ogni dossier potrà essere affrontato istituzionalmente solo con Masi”. Cioè: con le nomine di direttori di rete e di tg saranno cavoli esclusivamente suoi. Anche se, dopo che si è invocato, senza troppa fortuna, il nome di Augusto Minzolini della Stampa, pare che la poltrona più contesa del Tg1 debba spettare a Maurizio Belpietro, che rinuncerebbe al cospicuo stipendio di Panorama. Sicchè, nel solito irrinunciabile, irrefrenabile, indefettibile effetto-domino della Rai, il finiano Mauro Mazza si sposterebbe alla direzione di Raiuno e al suo posto al Tg2 spunterebbe il giovane direttore del Mattino Mario Orfeo, sponsorizzato dalla coppia napoletanissima Bocchino/Carfagna. Si attendono, poi, alla vicedirezione generale la cattolica Lorenza Lei e il sempiterno Antonio Marano delegato al prodotto. Stranamente, per la prima volta della storia, nessuno in Rai sgomita per fare il vicedirettore. (Non sarà perchè, col nuovo contratto giornalisti, il vice non è più eterno ma licenziabile come tutti i dirigenti? ...).