Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 02 Giovedì calendario

Suor Littizzetto nel musical dei carcerati - Detenuti in attesa di giudizio (universale) mettono in scena uno spettacolo guidati da una regista giovane, bella e appassionata come Kasia Smutniak

Suor Littizzetto nel musical dei carcerati - Detenuti in attesa di giudizio (universale) mettono in scena uno spettacolo guidati da una regista giovane, bella e appassionata come Kasia Smutniak. Nel nuovo film Tutta colpa di Giuda, Davide Ferrario riflette, a ritmo di musical, su carcere e religione. Gli ospiti della casa Circondariale di Torino «Lorusso e Cutugno» raccontano la Passione di Cristo a modo loro, rifiutando la figura chiave del traditore, misurandosi con i cori e i passi di danza. «Ho cominciato a frequentare il carcere nove anni fa - spiega il regista -, tenevo un corso di montaggio, doveva essere un’una tantum, ma l’impatto con i detenuti fu così forte che chiesi un permesso da volontario e da allora continuo a lavorare dentro». Dietro le sbarre il problema della fede diventa più impellente, c’è più bisogno di speranza: «Sono un ateo convinto e sereno. Dio, o il suo silenzio, è un problema che non mi angoscia minimamente, ma capisco il senso della religione come risposta alle mille domande della vita, anche se trovo assurdo che qualcuno possa alzarsi e dire di parlare in nome di Dio. Credo però che le religioni ci aiutino a vivere». Insomma non è un caso se, nel film, i due rappresentanti della Chiesa sono un prete scombussolato e timoroso come Don Iridio (Gianluca Gobbi) e una suora rigida e sarcastica come Luciana Littizzetto: « un’amica - racconta Ferrario -, anche lei frequentatrice del carcere, una gran mangiapreti. Proprio per questo ho pensato di affidarle il ruolo di Suor Bonaria, con quell’abito e quelle battute è perfetta, apre lo spazio necessario a porsi domande sulla fede». Nel cinema il filone carcerario ha una lunga tradizione: «Le prigioni sono descritte come luoghi conflittuali, con detenuti mai belli e direttori laidi. In realtà le carceri finiscono per essere piccole città, in questo momento alle Vallette ci sono 1.600 reclusi, ma sulla carta lo spazio sarebbe per 900, in più bisogna aggiungerci gli agenti, insomma, un modo per andare avanti ogni giorno bisogna trovarlo, non si può fare sempre la guerra». Per questo, in Tutta colpa di Giuda, il direttore Fabio Troiano, si chiama Libero, parla in napoletano e ha la rassegnazione intelligente della gente del Sud: «Gli ho chiesto di fare la parte di un uomo dotato di autorevolezza, ma maldestro nella vita privata. E ho voluto che parlasse come Luigi Pagano, ex direttore, nella realtà, del carcere di San Vittore». Per Smutniak, che Ferrario ha dipinto come «una combattente, una specie di Davide in lotta contro incommensurabili Golia quali l’Istituzione e Dio stesso», l’incontro col carcere è stato illuminante: «Ho scoperto un mondo, più ci stavo più mi sentivo al sicuro, e mi veniva di chiedermi: in che modo viviamo noi che siamo fuori?». Visto che si tratta di un musical, coreografie e colonne sonora (le musiche originali sono di Cecco Signa, Fabio Barovero e Marlene Kuntz) hanno un ruolo fondamentale: «Non disponevo di professionisti, ma di detenuti. Quando ho buttato lì l’idea che avrebbero dovuto ballare, la prima reazione è stata: ma non è che poi sembriamo dei froci?».