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 2009  aprile 01 Mercoledì calendario

LA MERKEL GELA GLI OPERAI "NO ALLO STATO NELLA OPEL"


Non vi lasceremo affondare, ma soltanto se si farà avanti un investitore privato. questo il messaggio che il cancelliere Angela Merkel ha portato ieri ai dipendenti di Opel a Rüsselsheim, il quartier generale della casa automobilistica tedesca. Una visita prevista con largo anticipo, ma che è giunta in un momento delicato: travolta di rimbalzo dalla crisi che rischia di mettere al tappeto la casa-madre, la statunitense General Motors, Opel ha bisogno di racimolare a breve 3,3 miliardi di euro per non scomparire. Per adesso l’azienda è riuscita a tirare il fiato grazie al boom degli ordini incassati in seguito al bonus rottamazione voluto dal governo tedesco. L’immediato futuro è però incerto. Molti dei 3.000 dipendenti che hanno affollato ieri la sala K18 dell’ultramoderno stabilimento di Rüsselsheim, in Assia, sperano pertanto in un ingresso diretto dello Stato nel capitale dell’azienda. Su questo, però, Merkel è inflessibile. E non si lascia sviare neanche dalla perfetta scenografia messa su da Opel: coro di bambini in apertura di visita, magliette gialle con la scritta «Wir sind Opel» («Opel siamo noi») distribuite in anticipo ai dipendenti, manager e rappresentanti sindacali seduti spalla a spalla in prima fila, un modello dell’auto elettrica Ampera parcheggiata alla destra del palco, a simboleggiare il futuro dell’azienda. La cancelliera ha un solo cedimento, quando si rivolge ai dipendenti chiamandoli «cari colleghe e colleghi», una frase dal sapore sindacale che non a caso il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, in visita a Rüsselsheim nelle scorse settimane, aveva ripetuto più volte. Per il resto Merkel è chiara. Bisogna fare di tutto per trovare «un investitore privato che, ovviamente col sostegno dello Stato», possa dare una prospettiva di lungo periodo all’azienda, scandisce dal palco. A cosa stia pensando è presto detto: la strada per aiutare Opel è quella delle garanzie statali, non quella dell’acquisizione di una quota di capitale da parte dello Stato. Una doccia fredda per Klaus Franz, il capo del consiglio di fabbrica di Opel che poco prima, dal palco, aveva chiesto a Berlino di entrare temporaneamente nella casa automobilistica. Ma soprattutto, una precisazione che pone Merkel in contrasto con Steinmeier, vice cancelliere e suo sfidante alle elezioni nazionali del 27 settembre.
Steinmeier ha chiesto esattamente l’opposto: «aspettare un investitore privato richiede troppo tempo», per questo Stato e Länder dovrebbero rilevare una partecipazione, ha scritto in un piano in dieci punti per salvare Opel. «Non dobbiamo escludere precipitosamente nessuna strada», ha ribadito ieri, criticando indirettamente Merkel. Il ragionamento della cancelliera è un altro: non bisogna ripetere, spiega, gli errori fatti con Holzmann, il gruppo edile salvato nel 1999 da Gerhard Schröder coi soldi pubblici e costretto a dichiarare insolvenza meno di tre anni dopo. Anche perché, a differenza di dieci anni fa, la lista delle aziende tedesche in bilico e che sperano nell’aiuto di Berlino è oggi lunga.
Per ora Merkel si è impegnata a creare nei prossimi giorni un gruppo di esperti incaricato di discutere del futuro di Opel insieme a General Motors e al governo statunitense. Perché, oltre che a Rüsselsheim e Berlino, le sorti dello storico marchio tedesco si giocano a Washington.