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 2009  aprile 01 Mercoledì calendario

DUECENTO TOMBE NEL MEDITERRANEO


Dovrebbero essere 200, i dispersi dell’ultima tragedia davanti alle coste libiche. In realtà, sarebbe soltanto una l’imbarcazione naufragata, l’altra è quella recuperata dagli italiani. Oggi, però, siamo preoccupati perché da 12 ore sono fuori contatto radio due pescherecci libici. Non sappiamo se a bordo ci sono soltanto pescatori oppure altri migranti». Laurence Hart è il responsabile dell’ufficio libico dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, e vive a Tripoli. Quello di Hart è un osservatorio privilegiato per comprendere il fenomeno dei flussi di immigrazione irregolare verso l’Italia.
Cosa ci aspetta nelle prossime settimane?
«La situazione in Libia si sta saturando. Dalle varie frontiere desertiche del Sud del paese sono in arrivo migliaia e migliaia di disperati. Chiusa la rotta Senegal-Canarie, per via dei pattugliamenti Ue di Frontex, i migranti del Mali, per esempio si sono trasferiti in Libia per tentare di raggiungere l’Italia, l’Europa. Dal Niger migliaia di giovani che fuggono dalla guerra per il controllo dell’uranio premono per entrare in Libia. Insomma, la situazione non è eufemisticamente fisiologica».
Tripoli è un immenso cantiere. Per celebrare il prossimo quarantennale della presa del potere di Gheddafi, si sta trasformando in una ”Dubai del Mediterraneo”. Migliaia di lavoratori africani stanno per finire il lavoro...
«In tempi di recessione globale, la Libia sembra non toccata dalla crisi. E si conferma la Svizzera dei paesi rivieraschi e della fascia subsahariana. Preoccupa e inquieta che il 2 marzo, in occasione dell’anniversario della Jamahiria, sia stata decisa l’abolizione del ministero del Lavoro».
Il ministro Maroni confida molto che il 15 maggio diventi operativo l’accordo per i pattugliamenti misti. Serviranno?
«Benvenuti i pattugliamenti congiunti perché aiutano a prevenire un ripetersi di tragedie, come quella accaduta in queste ore. Non credo però che siano una risposta esclusiva per affrontare il fenomeno dei flussi di migranti. Quello che è accaduto tra Senegal e Isole Canarie lo dimostra. Dietro ai viaggi dei disperati si nascondono interessi molteplici. Quelli economici - è evidente che siamo in presenza di fenomeni di corruzione individuale degli apparati repressivi in generale - criminali e politici. Ma quei viaggi sono mossi dalle tragedie delle guerre, delle violenze, della miseria. In tre anni, noi dell’Oim abbiamo realizzato 3.500 ritorni volontari assistiti, creando nei paesi d’origine altrettanto opportunità di lavoro».
Come sono oggi i rapporti Italia-Libia?
«Il peggio è passato. L’Italia è stata sdoganata dal leader Muammar Gheddafi e le prospettive nelle relazioni tra i due paesi sono ottime. Ma...».
Cos’è che non va?
«Il problema per la Libia è la Ue, che è diventata il suo grande nemico».
Perché?
«Bruxelles non ha ancora dato il via libera a una procedura più rapida per i visti Schengen». /La «trappola mortale», per dirla con Terry Davis, il segretario generale del Consiglio d’Europa, adesso è diventata la Fossa delle Marianne del Mediterraneo, un buco nero che custodisce i suoi misteri. Lì, in quel triangolo che dalla costa libica converge verso Lampedusa, si è consumata l’ennesima tragedia dei migranti, nella notte tra sabato e domenica. Un naufragio: 21 corpi recuperati, 23 superstiti, ma all’appello ne mancano cento (secondo le autorità), forse duecento (secondo le testimonianze dei superstiti). E poi un peschereccio in avaria agganciato da un rimorchiatore italiano con i suoi 356 viaggiatori clandestini, e portato in salvo a Tripoli. Ma ci sono due pescherecci che non danno più notizie, che hanno fatto temere un bilancio ancora più drammatico: qualcuno è arrivato a ipotizzare 500 dispersi complessivi. Le autorità libiche, invece, sono convinte che non si tratti di carrette gremite di disperati, trasportate dai Caronte del Mediterraneo. Incrociano le dita, e sperano che i pescatori tornino a casa.
Tragedia, ecatombe, «il Mediterraneo, mare di morte» (Marco Minniti, Pd) «scena apocalittica», per il comandante del rimorchiatore italiano, Francesco Barraco, che ha ne ha salvati 356, e che sarebbero stati inghiottiti dal mare «in cinque, sei ore se non fossimo arrivati in tempo». Addolorate le riflessioni di Terry Davis, il segretario generale del Consiglio d’Europa: «Il costo in vite umane della disperazione continua a crescere e i morti di ieri si andranno ad aggiungere alla lunga lista delle migliaia di vittime anonime che ogni anno periscono mentre cercano di raggiungere l’Europa». Davis sprona i governi europei «a investire nei paesi d’origine per creare opportunità economiche». Angosciate quelle del ministro dell’Interno, Roberto Maroni: «Quello che è successo è una tragedia immane, che è al di fuori della nostra conoscenza e della minima nostra possibilità di intervento». Solidali quelle del segretario generale della Cei, la Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociato: «I vescovi italiani seguono con grande pena le notizie sugli ultimi naufragi di clandestini e ribadiscono che chi arriva sul territorio nazionale va accolto e trattato come una persona».
Le stragi continuano, gli sbarchi pure. Fino al 15 maggio, scommette il ministro Maroni. Perché in quel giorno entreranno in funzione i pattugliamenti misti italo-libici. Sei mezzi della Finanza, con a bordo personale misto, ai limiti delle acque territoriali, anzi dentro quelle libiche. La prossima settimana voleranno a Tripoli gli uomini del Viminale, per gli ultimi sopralluoghi tecnici, e i nostri istruttori dovrebbero concludere i corsi di aggiornamento del personale libico. Il 15 maggio i primi tre mezzi della Finanza diventeranno operativi: «Un’ulteriore strumento - spiegano al Viminale - per contrastare in maniera più efficace la tratta dei clandestini».
Sulla «collaborazione» libica, gli uomini del Viminale non hanno (molti) dubbi. Ricordano la cooperazione nelle inchieste giudiziarie italiane, le retate e gli arresti dei trafficanti. E le missioni in mare per salvare i disperati. Anche nella notte tra sabato e domenica, l’allarme, girato da Roma, ha mobilitato i libici.
Potranno tre motovedette in mare arrestare il flusso di migranti diretti in Italia? Maroni ci spera. E intanto, il Centro di Lampedusa è gremito. Se si creeranno le condizioni, le nuove carrette del mare in arrivo con i loro carichi di disperati, potrebbero essere scortate verso porti siciliani. «Non c’era uno spazio libero, ogni angolo era occupato da immigrati, sembrava una scena di quelle che si vedono soltanto in tv». Il comandante del rimorchiatore italiano Asso 22, il capitano Francesco Barraco, racconta così la scena che gli si è presentata quando ha raggiunto il barcone in avaria con oltre 350 immigrati. «Eravamo in navigazione dalla piattaforma petrolifera a Tripoli - racconta Barraco - quando la guardia costiera libica ci ha lanciato l’allarme. Sono saliti a bordo tre ufficiali libici e noi abbiamo rimorchiato il peschereccio fino a Tripoli».