M. Numa e N. Zancan, La stampa 31/03/09, 31 marzo 2009
ECCO IL FILMATO CHE ACCUSA SORIA
Nitish tiene il telefonino nella tasca del grembiule. Accende la piccola telecamera prima di incominciare a lavare i piatti. Pulisce, risciacqua e aspetta che Giuliano Soria, ancora una volta, riveli il suo lato più inconfessabile. Sono le undici di sera. Maggio scorso. Eccolo, il professore. Entra nella grande sala da pranzo con cucina open-space, il murales di un albero stilizzato sulla parete. Mutande bianche e maglietta della salute. Prima incarta un vasetto di acciughe, poi traffica nel frigo. Infine si lascia andare: «Sei bello come una donna. Dai, abbracciami, baciami, dai: baciami qui». Lo dice in francese. Poi mette le mani addosso al domestico, che si divincola. Ci prova ancora, questa volta da dietro. Ma Nitish si allontana. Allora sbotta: «Non capisco perché devo perdere del tempo con un imbecille come te...».
I video che accusano Giuliano Soria sono tre. Domani verranno trasmessi in esclusiva da Studio Aperto e Matrix. Tutti registrati dal domestico Hemrajsing Dabeedin, Nitish «il buono». Nato a Mauritius il 17 aprile 1986, in Italia da tre anni, ancora senza permesso di soggiorno. Sperava di lavorare, mettersi in regola e «vivere in Europa». Ma dopo quindici mesi alla dipendenze del professor Soria ha deciso di smettere di essere buono.
Molti hanno visto le angherie che era costretto a subire. Alcuni gli hanno consigliato di registrare. Così ha fatto. Audio e video, prima di presentare la denuncia che ha fatto crollare l’impero del Premio Grinzane Cavour.
Interno alloggio. Parigi e Torino. Sono scene di vita quotidiana e ordinari insulti, anche nel loft di via Montebello 21. Cinquecento metri ristrutturati ed arredati, secondo la Procura di Torino, anche attraverso il reato di malversazione. Soldi pubblici destinati al Premio usati per scopi privati.
In un’altra scena Giuliano Soria è seduto in poltrona. Accanto c’è la madre Iolanda Beccaris, 83 anni. L’ambiente è fiocamente illuminato dallo schermo. All’improvviso esplode la voce di Soria. Il tono è imperioso: «Nitish!!!! Questo cappuccino fa schifo, non sa fare neanche il cappuccino, non è possibile che lei non sappia neanche fare un cappuccino? Le tolgo 50 euro dal prossimo stipendio...». E la madre annuisce.
Estate 2008. «Casa Matisse», un altro appartamento dell’immobiliare Grinzane, a Parigi, nei dintorni di boulevard St Michel. Vista sulle guglie di Notre Dame. in corso una cena privata, con ospiti vip. Si celebra la nascita di un profumo letterario. Nitish è stravolto dalla stanchezza. Non ne può più: «Mi fa male la schiena, sono 24 ore che sto in piedi, mi fanno male i piedi, mi lasci andare via, ho bisogno di riposarmi. Devo allargare il tavolo?». Soria: «Certo che devi allargarlo il tavolo! Noi non siamo mica schiavi come voi, noi mangiamo ben separati uno dall’altro, ben distanziati, non come le bestie, sulle stuoie...». Il dialogo è aspro, in francese. Le risposte si perdono nel brusio di sottofondo.
A volte, l’ira del Presidente scoppia senza una ragione plausibile. Le stesse frasi, ripetute mille volte: «Negro di m... I tuoi avi erano schiavi, i tuoi genitori sono schiavi, e anche tu sarai per sempre uno schiavo». Ma Soria alterna l’ira e la crudeltà con ripetuti tentativi di convincerlo ad avere una relazione con lui. La voce cambia, vorrebbe essere dolce, carezzevole: «Devi stare con me, devi essere gentile come gli altri, come l’altro ragazzo, solo così potrai diventare un uomo vero, importante...». Al silenzio di Nitish, il padrone oppone una specie di mormorio ostile e deluso, spesso incomprensibile. Come quelle tre notti - ma non ci sono filmati - in cui avrebbe cercato di infilarsi nel letto del suo domestico.
Terzo video. Ancora in Francia. Un frammento di vita. Nitish sta mettendo a posto le valigie. La casa è in disordine. Da dietro una porta compare la sagoma di Giuliano Soria. Lo colpisce con uno schiaffone alla nuca.
Il professore è in carcere da venti giorni. Oggi la decisione del Riesame. Durante il primo interrogatorio aveva ammesso la malversazione, ma respinto le accuse di violenza sessuale: «Quelle cose non le ho mai fatte. Ammetto che ero stressato e nevrotico. Il peso del Grinzane gravava tutto su di me. Ero aggressivo con tutti, non solo con i dipendenti».