Claudio Antonelli, Libero 30/3/2009, 30 marzo 2009
LA CAMORRA RUBA IL POSTO ALLE BANCHE
In un Paese a 18 chilometri da Vicenza, un artigiano con 16 dipendenti ha inaugurato il 2009 con un debito verso le banche (un grande e un piccolo istituto) di 520 mila euro. A metà gennaio ha avuto la certezza che né le sue banche né altri sportelli avrebbero riaperto i rubinetti del credito per aiutare la sua piccola azienda a superare la crisi economica e il crollo degli ordini.
Inevitabilmente il suo nome è finito nella centrale rischi. Tre giorni dopo un’auto di media cilindrata ha fatto ingresso nel piazzale della ditta. Sono scese due persone che molto gentilmente hanno chiesto di poter fare due chiacchiere col titolare. Senza tanti giri di parole l’artigiano si sente offrire 550mila euro in cambio di qualche favore sulla contabilità. Dopo due giorni la proposta viene accolta.
L’indagine
In meno di due mesi i debiti con le banche vengono saldati grazie alle ”elargizioni cash”. Dietro il flusso di denaro c’è la camorra - spiega a Libero una fonte vicina al dossier avviato dalla guardia di finanza - che ha bisogno di disfarsi di liquidità e al tempo stesso di ripulire il denaro sporco. Soltanto Quindici giorni fa l’artigiano vicentino decide di andare in caserma a denunciare i due rappresentanti della mala organizzata che nel frattempo si erano letteralmente impadroniti della automobile e della contabilità dell’azienda. A spingerlo verso gli inquirenti è stata anche una minaccia di morte. «Sappiamo che in tutto il Veneto sono incorso diverse indagini», spiega Mario Pozza, presidente di Confartigianato marca Trevigiana, «la nostra associazione collabora con la guardia di finanza appena ha sentore di qualche irregolarità. importante che i diretti interessati lancino però subito l’allarme». E la parola allarme sembra decisamente appropriata. Sono decine i casi di usura in Veneto, nel Nordest e in tutto il Nord.
E le organizzazioni criminali sanno che questo è il loro momento. Nel triennio 2005-2007 sono stati 165 mila le attività commerciali e 50 mila gli alberghi e i pubblici esercizi costretti alla chiusura a causa della crisi. Nel 2008 hanno cessato l’attività almeno 200 mila aziende e oltre 40mila alberghi o bar. E per la prima volta il numero delle chiusure ha superato quello delle aperture. Insomma, quando le banche chiudono i rubinetti, camorra, mafia e ”ndrangheta sanno come forzare le debolezze umane o la disperazione degli imprenditori.
La Consob
Lamberto Cardia in persona, presidente della Consob, ha recentemente lanciato un masso nello stagno. «In un momento in cui gli indici di borsa sono molto bassi, fondi sovrani o ricchezze private possono con pochi spiccioli portarci via pezzi strategici del nostro sistema produttivo», ha detto Cardia, lasciando capire che per ricchezze private si intende capitali di provenienza illecita o quanto meno oscura.
E che il suo allarme sia stato preso alla lettera lo dimostra il fatto che il governo Berlusconi è corso ai ripari. Che la finanza illecita sia in grado di minacciare «la sicurezza nazionale» lo conferma anche un recentissimo dossier della presidenza del Consiglio.
Secondo la ”Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” la contrazione del Pil, della produttività e dei livelli di occupazione ha ampliato «i margini di vulnerabilità del tessuto economico italiano accentuando l’invasività delle organizzazioni criminali». Ciò che preoccupa maggiormente è «la capacità di penetrazione» nei settori produttivi nazionali da parte delle associazioni mafiose, propense ad acquisire, soprattutto attraverso pratiche d’usura, il controllo di aziende in difficoltà. Sempre secondo il dossier c’è in atto un «humus favorevole» per reclutare nuove leve. «L’ingente volume di denaro ripulito» rischia di far finire nelle mani del crimine il controllo di «interi comparti strategici nazionali».
Inoltre, spiegano gli esperti dell’Agenzia Informazioni Sicurezza Interna, l’Italia si dovrà preparare a un incremento delle attività delinquenziali estere, che «sono interessate a reinvestire proventi illeciti nel mercato immobiliare italiano approfittando dell’immissione di asset pregiati da parte delle imprese in crisi».
Pericolo estero
Inoltre i gruppi finanziari vicini alla malavita organizzata possono inserirsi nelle piazze finanziarie alterando le dinamiche della domanda e dell’offerta. «Elevata è stata poi l’ingerenza criminale nell’aggiudicazione dei pubblici appalti e dei finanziamenti pubblici», si legge ancora nel dossier messo a punto proprio dopo la recente riunione del Comitato di sicurezza finanziaria: al centro delle indagini la realizzazione di opere viarie, lo smaltimento dei rifiuti, la realizzazione di infrastrutture. Nella lista nera di Palazzo Chigi figurano infine i consorzi euroasiatici che si infiltrano nell’economia attraverso società off shore. In particolare, le consorterie criminali cinesi che, oltre al business della contraffazione, gestiscono e costituiscono banche clandestine per il trasferimento dei fondi. O quelle nigeriane che gestiscono il riciclaggio attraverso l’acquisizione dei money transfer. Il pericolo insomma per le Pmi italiane arriva su vari fronti. Interni ed esterni. Speriamo che le banche riaprano presto i rubinetti senza dimenticare che a fronte di una stretta creditizia riguardante il 30% delle aziende le sofferenze bancarie sono rimaste sostanzialmente invariate.