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 2009  marzo 29 Domenica calendario

«Non chiederemo alcun rito abbreviato ». Il 3 novembre scorso i difensori di Alberto Stasi sembravano decisi: se Corte d’Assise dev’essere, che sia

«Non chiederemo alcun rito abbreviato ». Il 3 novembre scorso i difensori di Alberto Stasi sembravano decisi: se Corte d’Assise dev’essere, che sia. Il professor Angelo Giarda arrivò a dire che nel caso di un rinvio a giudizio avrebbe preferito il processo in Assise perché «voglio che sia reso pubblico quello che è stato fatto e quello che non è stato fatto». Ieri la retromarcia, dopo cinque udienze e un bel po’ di perizie, controperizie, deduzioni, integrazioni... Cos’è cambiato in questi cinque mesi? Che cosa ha convinto il professor Giarda e i fratelli Giuseppe e Giulio Colli a cambiare strada? Il punto di svolta, fanno capire, è stato l’intervento dei due pubblici ministeri (Rosa Muscio e Claudio Michelucci) nell’udienza del 17 marzo: quattro ore per ricostruire come morì Chiara la mattina del 13 agosto 2007, per puntare il dito contro Alberto che «l’ha uccisa con crudeltà», per chiederne il rinvio a giudizio e fare un’ammissione che la difesa ora ritiene preziosa: cioè che questo processo «è sicuramente su base indiziaria », indizi «gravi, precisi e concordanti». Quanto basta per convincere i legali di Alberto che «i pm hanno scoperto tutte le loro carte, perché quando uno ha poco dice tutto. E quello che hanno non basta per dichiarare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio». Così dice anche Alberto: «Non hanno prove. Non possono condannarmi quindi sarò assolto ». Giuseppe Colli chiarisce di non aver mai avuto dubbi: «Stasi è innocente e ci sono elementi sufficienti per proscioglierlo ». La parola d’ordine, dunque, è assoluzione. Contando sull’«agire molto scrupoloso», come ripetono i tre avvocati, del giudice Stefano Vitelli. E incrociando le dita perché anche questa volta si finisca con un colpo di scena come successe con il gip che scarcerò Alberto a settembre del 2007, dopo quattro giorni di cella. Ma lui, il biondino di Garlasco, non può certo ignorare che il rovescio della medaglia è il carcere. La bocciatura di tutte le eccezioni preliminari (esclusa una) potrebbe averlo spaventato e convinto a cambiare copione più di quanto abbia fatto la dottoressa Muscio ammettendo che è un «procedimento indiziario ». Quindi rito abbreviato non per la certezza di correre incontro al proscioglimento ma per il timore di un rinvio a giudizio, di un processo pubblico e di ricominciare daccapo per convincere non più un solo giudice ma una giuria popolare. E poi in caso di condanna si parte da un conteggio della pena scontata di un terzo, in teoria si potrebbe scendere anche sotto i 20 anni e non è cosa da poco «tagliare» di dieci anni, forse più, il tempo da passare in carcere per un ragazzo che oggi ne ha 25. Giusi Fasano