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 2009  marzo 27 Venerdì calendario

L’ "altro" Andreotti riporta al padre Giulio per la somiglianza del volto, la battuta pronta e i lampi di ironia che spesso gli incendiano gli occhi

L’ "altro" Andreotti riporta al padre Giulio per la somiglianza del volto, la battuta pronta e i lampi di ironia che spesso gli incendiano gli occhi. L’"altro" Andreotti, Lamberto, vive da tempo a New York ed è un big dell’industria farmaceutica che ha passato buona parte dei suoi 58 anni all’estero. stato in Recordati, Farmitalia-Carlo Erba, Pharmacia & UpJohn, e infine Bristol-Myers Squibb, colosso americano del settore da oltre 20 miliardi di dollari di cui, da qualche settimana, è diventato il capo operativo. L’"altro" Andreotti, forse perché si dice abbondantemente liberato dal peso del nome che porta, tranquillamente accetta di farsi intervistare su tutto. Compresi quei temi, dal testamento biologico ai profilattici agli africani, che in un paese cattolico dividono allo spasimo e possono suscitare - e qui bene o male conta il nome che si porta - una comprensibile ritrosia. La vita è davvero imprevedibile: uno studia da ingegnere civile per poi ritrovarsi a capo di un colosso della farmaceutica. Com’è successo? Mentre facevo l’università a Roma avevo già capito che i cantieri e le costruzioni non avrebbero fatto per me. Ma ligio al dovere mi sono laureato per poi andare in America a fare un master che mi ha convertito al management. Una conversione che apre a qualsiasi tipo di attività Infatti molto dipende dagli incontri che uno fa. Il mio mi cambiò la vita. Mentre ero in Finmeccanica a New York mi chiamò Arrigo Recordati offrendomi di occuparmi di prodotti e sviluppo della sua azienda. Lamberto Andreotti E adesso lei sa tutto di bugiardini, molecole, effetti collaterali. In quegli anni mi leggevo i manuali di farmacologia per infermieri perché quelli per i medici erano troppo difficili. Ma in seguito sono sempre stato a contatto con gente che si occupa di ricerca avanzata. Quindi ha visto cose che noi quando andiamo in farmacia neanche immaginiamo Vedo e seguo la genesi dei nuovi farmaci, ovvero ciò che un medico e i suoi pazienti vedranno tra cinque, sei anni. Andarsene dall’Italia, lei figlio di un padre molto italiano, fu una scelta? No, tant’è che la Recordati era italiana, così come la Farmitalia-Carlo Erba di cui sono stato amministratore delegato fino a quando non mi hanno venduto. Anzi, svenduto. Svenduto? Vedo un’ombra nel suo volto Quando nel ’92 Farmitalia-Carlo Erba fu comprata dagli svedesi di Pharmacia, Montedison aveva un disperato bisogno di fare cassa. Di recente Fulvio Conti, che all’epoca era il suo direttore finanziario, mi ha detto che non devo usare il termine svenduto. Invece ci svendettero. Fu allora che, deluso, decisi di diventare un manager internazionale. Chi scala a debito lascia debito, una legge che non ha colpito solo Montedison. Sì, ma in quel momento mi sarei aspettato una più energica difesa dell’azienda che era un fiore all’occhiello della ricerca italiana. Guardi come si sono mossi qualche anno fa i francesi quando, con Aventis sotto scalata da parte degli svizzeri, la fusero con Sanofi. Per la verità mi pare che nell’occasione nemmeno i privati sudarono per tentare di salvare l’italianità della Carlo Erba. E ne fui deluso. Mi sarebbe piaciuto che gli imprenditori si fossero consorziati tra di loro per rilevare l’azienda. Il vostro più di altri è un settore di grandi fermenti, fusioni, acquisizioni.  un settore molto frazionato e complesso, dove la ricerca e sviluppo è cara. Per un nuovo farmaco non si spende meno di un miliardo di dollari. Quindi è naturale che si uniscano le forze. Giulio Andreotti Pensi che a me Bristol-Myers Squibb fa venire ancora in mente il dentifricio. A molti della sua generazione, ma da tempo siamo diventati un’altra cosa. L’ultima metamorfosi risale a tre anni fa: abbiamo unito un pezzo di farmaceutica al meglio del biotech per creare un colosso del bio-farm. Guardando all’ultimo bilancio sembra che crisi e recessione vi facciano un baffo Non ci occupiamo di beni di consumo ma di salute, un settore che per forza di cose è meno ciclico di altri. Non si risparmia sulle cure. Siamo nell’oncologia, nell’Aids, nel cardiovascolare... Quando si azzecca il farmaco è come per l’auto azzeccare il modello di successo. Fortuna o capacità? Tutte e due. Ma si deve sapere che le cose non arrivano mai per caso. Dietro al successo di un farmaco c’è moltissima ricerca. Anche dietro al Viagra, la big star di questi anni? Certo, anche se il Viagra ha goduto di un effetto mediatico planetario e forse spropositato. Ma prendiamo i farmaci per curare l’Aids: agli inizi degli anni 80 un malato moriva nell’arco di qualche mese, oggi i farmaci gli hanno allungato moltissimo la vita. Pensiamo ai trattamenti per il post infarto e l’ictus, ai progressi nell’oncologia. A proposito. Perché l’oncologia in Italia è oggetto di tanta enfasi mediatica? Questo spesso trasforma gli oncologi in dei divi che passano molto del loro tempo in televisione o a farsi intervistare suo giornali. Posso solo dire che una fase dell’oncologia mondiale ha avuto per protagonisti gli italiani, specie nel periodo delle antracicline, farmaci che nacquero in Farmitalia. Con medici di assoluta eccellenza come Gianni Bonadonna o Umberto Veronesi, che ha fatto grandi cose nella chirurgia dei tumori. Nell’ultima campagna presidenziale avete finanziato Obama o McCain? Un’azienda non può finanziare nessuno, lo possono fare i singoli o gruppi che raccolgono soldi separatamente. Glielo chiedo perché il vostro slogan, "Together we can prevail" (insieme possiamo prevalere, ndr), riecheggia assonanze obamiane... Se mai il contrario, visto che lo slogan esiste da prima di Obama. Dovrebbe essere lui a pagarci i diritti. Ma le dirò di più. Nella pubblicità di Orencia, il nostro farmaco per l’artrite reumatoide,da due anni lo slogan è "Yes, I can". Lo abbiamo pubblicizzato durante il Super Bowl e il New York Times ha scritto che l’abbiamo fatto per strizzare d’occhio a Obama. Spendete sempre moltissimo in lobbing? Molto meno che in passato, ma sempre svariati milioni di dollari. Ovviamente tutti dichiarati. chiaro che nel gestire prodotti per la salute ci confrontiamo con le istituzioni e con le autority regolatorie. Lo stato si dissangua per salvare AIG, e questa, in tutta risposta, paga bonus milionari. Anche in America qualcuno dorme. C’è qualcosa che non funziona, che dev’essere modificato. I bonus devono rispondere all’aumento di valore per l’azionista. Bristol-Myers Squibb è una public company, che per me resta la miglior forma di assetto azionario per gestire lo sviluppo. Nonché i soldi che ci affida l’azionista, cui noi abbiamo il dovere di assicurare un ritorno. Invece le vostre stock option sono tranquille? Tranquillissime. Del resto BristolMyers Squibb non è stata salvata né ha ricevuto un dollaro di soldi pubblici. Non se la sta passando bene l’America. No, e mi preoccupano soprattutto due rischi: l’eccesso di protezionismo e di una reindustrializzazione sbagliata nei paesi occidentali. Cioè? Che per una sorta di furore iconoclasta contro la finanza dai servizi ci si ributti sul manifatturiero, focalizzandosi su produzioni su cui l’Occidente non può più essere concorrenziale, pena un bieco protezionismo. Lei è ricco? Non sono ricco. Sono pagato adeguatamente, quanto merita uno che quotidianamente mette a rischio la propria carriera. Suo padre dice che lei è il parente più ricco della famiglia. Credo che mio padre abbia una minima idea se io guadagno, mille, un milione o dieci milioni di dollari. Dicendo così lo sottovaluta. No, penso di conoscerlo bene. un uomo talmente avulso dal denaro che credo non abbia alcuna idea al riguardo. Obama ha aperto sulle staminali. Per voi è importante, anche se la polemica impazza  un settore che conosco poco essendo una tipologia di ricerca precedente a quella che gestisco io. Il grosso punto d’attrito non è sulla necessità o meno della ricerca, ma sull’origine delle staminali, chi la vuole embrionale chi di altra natura. Bush era ferocemente anti abortista, al contrario di Obama. Infatti i loro mondi di riferimento sono completamente diversi. Mi pare che l’America abbia scelto il secondo. L’ha mai sfiorata l’idea che la presenza del Vaticano nella vita pubblica italiana possa essere d’ostacolo alla ricerca scientifica? Magari. Mi piacerebbe che la ricerca in Italia fosse bloccata solo dall’ingerenza della Chiesa, perché tutti se ne fregherebbero e andrebbero avanti. Più del Vaticano mi fa paura la burocrazia Lei è cattolico? Sì E quando il Papa va in Africa e parla contro l’uso del preservativo come la mette? Quello che può aver detto il Papa sull’uso dei profilattici si presta a interpretazioni teologiche e sociali. Nel mio lavoro è più importante continuare a fare ricerca sull’Aids per ottenere farmaci che allungano la vita dei malati. E poi continuare le attività che abbiamo in Africa a sostegno dei malati di Aids attraverso la Fondazione BMS, o non imponendo in quei paesi restrizioni legate ai brevetti di alcuni nostri farmaci. Detto questo lei non ha niente contro la distribuzione di profilattici in Africa. Assolutamente no, anche se sono temi che diventano cibo per l’insaziabile fame mediatica dei nostri tempi. Una fame sproporzionata? Sui giornali dei giorni scorsi hanno tenuto banco due temi: il discorso del Papa sui profilattici e i bonus di Aig. Non ci ho dedicato più di un minuto d’attenzione. Un po’ snob? No, credo veramente che dobbiamo occuparci di cose più concrete. In Italia ha tenuto banco il caso di Eluana, un po’ come fu in America con Terry Schiavo. Lei è per staccare o meno la spina? Come residente americano ho redatto da tempo il mio testamento biologico. Contiene le mie volontà e chi deve eseguirle nel caso non possa decidere da solo. Ma ha dato mandato di staccare o no? Non le dico cosa c’è scritto. Però la scorsa settimana è morto un mio amico americano che negli ultimi mesi è stato molto malato. Sono andato a fargli visita varie volte e mi sono resoconto che lui non aveva la minima idea che ero lì. Eppure ho percepito degli sprazzi, quasi un sorriso che gli illuminava il volto. Ma pensando a me non avrei voluto essere lì su quel letto con un pannolone, anche se nelle mani di infermieri molto bravi. Testamento biologico vuol dire comunque dare alla persona la possibilità di scegliere, mentre per i cattolici è Dio che sceglie. Che sia la persona a scegliere è giusto. Infatti dovrò stare attento a non morire in Italia perché il mio testamento biologico credo non valga. Ma il tema da voi è molto ideologizzato, come tutto del resto. Dall’estero è più facile criticare Vivere all’estero, e non da poveri emigranti, consente di apprezzare le cose belle del tuo paese d’origine e al tempo stesso di criticarne le negative. Che cosa in particolare? Mi fa molto ridere che sui vostri telegiornali su ogni questione ci siano dieci dichiarazioni dei rappresentanti di dieci diversi partiti. Colpo di stato in Bangladesh, crisi delle materie prime, crisi della pastorizia, tutti intervistati a dire la loro Un modo un po’ democristiano di procedere... ma forse pensando al suo cognome ho sbagliato metafora. Più che democristiano direi tipicamente italiano. Per un gruppo farmaceutico come il suo la quasi immortalità di Berlusconi dev’essere un tema intrigante... Oddio, non so di che farmaci faccia uso il premier, spero anche di qualcuno che produce Bristol Mayer-Squibb. Quanto anni dice che vivrà Berlusconi? Se non ha cambiato idea di recente mi pare fino a 120. Mi sembrano un po’ tanti, anche se l’età media è di molto aumentata stimolando la ricerca a fare continue progressi. Perché mentre la mortalità in alcune tipologie di tumori è diminuita, ci sono molti più pazienti a rischio di cancro. L’altra sfida è l’alzheimer, dove si stanno concentrando i nostri sforzi. Non è che ha lavorato molto fuori Italia per sfuggire al peso di un cognome importante? Ho 58 anni, e mi sembrano abbastanza per aver razionalizzato il problema. Sa che per Freud non si razionalizza mai fino in fondo In famiglia non abbiamo mai dato peso al fatto che mio padre fosse una figura pubblica. Ciò è servito anche negli anni delle avversità, quando sono successe quelle che io ho definito mascalzonate politico-giudiziarie che hanno colpito mio padre. E come non ci avevano fatto effetto le sviolinate di prima, altrettanto è successo quando gli sviolinatori sono scomparsi. Opportunismo italiano? No, è una legge universale del comportamento umano. Quando sente parlare di andreottismo pensa a quella sottile arte del potere... So che dall’esterno sembra impossibile, ma alla parola Andreotti e suoi derivati penso solo a mio padre. Ciò non toglie che suo padre sia un uomo di potere. Immagino che anche lei lo sia. Lo sono, ma in modo diverso perché il mondo dell’industria non è paragonabile a quello della politica. Se dovesse trovare uno slogan farmaceutico equiparabile al citatissimo "il potere logora chi non ce l’ha" di cui suo padre ha il copyright? L’innovazione logora chi non ce l’ha. Ma anche il nostro "Togheter we can prevail" non mi sembra così male. Ha visto il Divo? No, e non andrò nemmeno a vederlo. Non ho la magnanimità di comportamento che hanno altri. E se suo padre le chiedesse di vederlo? L’ha già visto lui, basta e avanza. [27-03-2009]