Cinzia Sasso, la Repubblica 27/03/2009 Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 27/03/2009, 27 marzo 2009
LEGO - IL RITORNO DEL MATTONCINO
Cinque anni dopo il suo anno più nero, quando ormai i giornali finanziari l´avevano data per morta, uccisa dai video-game, da Internet, dai mille canali tivù che pareva rubassero tutto il tempo dei bambini, dopo l´ondata di mille licenziamenti e perfino l´annuncio che avrebbe lasciato la Danimarca, la Lego è risorta e ha cominciato a riempire con le sue costruzioni le case di mezzo mondo. Come spiega il Guardian per ogni persona sulla terra ci sono 62 mattoncini. «I nostri ultimi risultati - dice il presidente Jorgen Vig Knudstorp - sono stati straordinariamente buoni e pensiamo che il 2009 sarà ancora più roseo». Altro che chiusure, nel 2008 la Lego ha aperto due fabbriche - in Ungheria e nella Repubblica Ceca - e si appresta ad inaugurarne una in Messico; i profitti sono cresciuti del 32 per cento; nella sola Gran Bretagna le vendite sono aumentate del 51; lassù, a Billung, i dipendenti licenziati sono tornati al lavoro; e quest´anno più di 400 milioni di persone si siederanno sul tappeto per giocare con il Lego.
Ma la cosa più straordinaria sono le ragioni del ritrovato successo della fabbrica danese di vecchi giocattoli: una è la crisi globale; l´altra è che la Lego, dopo aver cercato di rincorrere la tecnologia e le mode, è tornata all´antico. Nata - come fabbrica di mattoncini di plastica da assemblare in più di centomila modi per costruire qualsiasi cosa - sessant´anni fa, creata dal falegname Ole Kirk Christiansen e ancora in mano ai suoi eredi, alla fine degli anni Novanta aveva perso l´anima. Incalzata dalla rivoluzione del mercato, dai cambiamenti anche dei bambini che diventano adulti molto in fretta, terrorizzata dall´invasione dei computer games, attratta dall´apertura, dall´Inghilterra alla California, di parchi a tema, aveva trascurato di fare, come spiega la portavoce Charlotte Simonsen, «quello che eravamo i più bravi di tutti a fare». Cioè loro, i semplici mattoncini.
Nel 2004 il declino sembrava inarrestabile. E allora, come fosse una casetta costruita con il Lego, è stata smontata tutta e rimontata. Venduti gli asset non primari - i parchi, le linee di prodotto dedicate alle bambine che non erano mai decollate, le commistioni troppo ardite con la tecnologia - gli investimenti sono tornati a focalizzarsi sul core business. Poi, secondo il direttore Mads Nipper, è arrivata la crisi: «In tempi difficili, i consumatori preferiscono i prodotti fatti bene, durevoli e sicuri. Magari il Lego non è il giocattolo più economico, ma resiste nel tempo, garantisce ore di gioco di qualità, rappresenta un buon investimento per il denaro guadagnato con fatica». Non sono, aggiunge Nipper, le campagne di marketing a decretare il successo di un prodotto: «Quello che conta, tutto quello che conta, è che il tuo prodotto sia in cima alla lista dei desideri dei bambini. Ed è quello il posto che noi, ora, siamo tornati ad occupare».
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STEFANO BARTEZZAGHI - LA SOLIDITA’ NON TRAMONTA
STEFANO BARTEZZAGHI
Fino a un po´ di tempo fa la maggiore curiosità a proposito del gran gioco del Lego, i mattoncini colorati con cui costruire di tutto, era l´origine del nome: a noi pare dover dipendere da qualcosa legato al legare o al raccogliere e al leggere, che invece sono effetti collaterali di senso che dipendono dalla locuzione danese, leg godt, cioè: «gioca bene».
Ultimamente la spigolatura filologica è superata in interesse dalla quantità di volte in cui il gioco è sembrato minacciato da ricorrenti crisi aziendali (dovute a loro volta ai cambiamenti di abitudini dei bambini) e poi è risorto. Sono cambiati i colori dei mattoncini, sono state sperimentate integrazioni con l´elettronica, il marketing ha preso insomma la sua parte. Ma quello che almeno sino a ora è risultato decisivo è il piacere che ancora molti bambini provano con il modesto, ma fondamentale, esercizio manuale dell´incastro.
La plastica che venne accolta con diffidenza cinquant´anni fa, quando fu inventato il mattoncino standard ancora in uso, ora pare un baluardo della realtà concreta, spigolosa, contro le costruzioni arrotondate e seducenti del virtuale. Si interrompe, o almeno si rinvia, il tramonto di una certa idea di solidità, solidità ottenuta con il lavoro e la sagacia. Nel suo piccolo, è una buona notizia.