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 2009  marzo 25 Mercoledì calendario

IL CODICE DELLO HUMOR CI SONO SOLO 8 MODI PER FAR RIDERE LA GENTE


Si può ridere in otto modi soltanto e nessuno di questi dipende da come siamo. questa in sostanza la scoperta di Alastair Clarke, un ricercatore evoluzionista inglese che ha classificato il senso dello humour in otto schemi. E può sembrare molto strano, ma pare si rida sempre per gli stessi motivi senza che le nostre origini, la nostra classe sociale, il nostro livello di cultura o di esperienza, influenzino l’insorgere di una risata.
Nel suo libro The Eight Patterns of Humour, appena uscito in Inghilterra, Clarke spiega che l’ilarità nasce sempre dal riconoscimento da parte del cervello di una di queste otto basi del ridere: la ripetizione positiva, la qualificazione, la ricontestualizzazione qualitativa, l’applicazione, la fine, la divisione, l’opposizione, la scala. Paroloni per indicare meccanismi spesso a noi noti, legati alle scenette delle commedie umoristiche o al semplice sarcasmo. Fa sempre ridere ripetere una frase o un concetto all’infinito, ridicolizzare e stravolgere una situazione conosciuta, cambiare la scala dimensionale di un oggetto disorientando e quindi stimolando il cervello. Clarke è giunto a queste conclusioni dopo aver studiato più di ventimila situazioni comiche, dalle barzellette degli antichi fino allo humour proposto oggi in televisione. Ha diviso poi le fonti della risata in due categorie: quelle artificiali come giornali e televisione e quelle relative alle interazioni spontanee. «Il cervello cerca uno degli otto schemi e quando lo ritrova si premia con una bella risata - spiega Clarke - a volte si tratta di uno schema soltanto, a volte può essere una combinazione. Teoricamente non esistono limiti al numero di schemi combinati che possono suscitare ilarità, la cosa incredibile è che sono sempre gli stessi otto».
«Forse l’aspetto più positivo di questa mia scoperta - ha commentato lo studioso - è che questa teoria non smentisce tutte le altre effettuate sull’argomento in precedenza, ma le riunisce per la prima volta. Per decenni infatti i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione su settori limitati dell’umorismo litigando sulle fonti che lo scatenavano. Ora la mia teoria riconosce e accomuna tutte le altre senza esclusioni, rivelando che ridere ha ben poco a che fare con uno spettacolo comico quanto con la funzione cognitiva». I comici sono avvertiti.

1. Quando ripetere fa sorridere: La prima categoria che scatena le nostre risate è la «ripetizione positiva». Detto in termini non scientifici, il classico «tormentone». Si tratta della ripetizione continua della frase, un gesto o perfino un’intera scena. n segreto tipico della tradizione del cabaret e della commedia. Rientra negli schemi della «fedeltà», attraverso i quali riconosciamo la ripetizione di una componente in un solo contesto.

2. Interrompersi funziona: Il secondo schema mentale che garantisce uno scoppio d’ilarità è la «divisione». E’ la tecnica per cui una situazione viene interrotta e poi ripresa da più persone. Anche questo meccanismo rientra nella categoria «fedeltà». In particolare, come spiega Clarke, si tratta di schemi che ci forniscono una infrastruttura cognitiva forte. La «fedeltà» ci offre uno schema «matematico-aritmetico» di base.

3. Questa frase finitela voi: la terza categoria è quella della «fine» o «completamento»: è la tecnica per cui è il pubblicoo a dover completare con la propria immaginazione il senso di una frase o di uno scenario, proposti e delineati dal comico, creando un legame immediato e una forte partecipazione. Perciò rientra a pieno titolo fra i meccanismi propri della «fedeltà», perchè la variazione avviene in un contesto immutato.

4. Quant’è bello storpiare: Il quarto schema, secondo lo studio condotto da Clarke, è quello della «qualificazione»: una parola, di solito molto familiare per il pubblico, viene ripetuta in modo inusuale, in modo da spiazzare e, allo stesso tempo, sucitare ilarità. Accenti, storpiature, difetti di pronuncia, birignao sono tutti «sottotrucchi» del genere. Anche il meccanismo della «qualificazione» rientra in quelli della «fedeltà».

5. L’arma sicura: il doppio senso: Il quinto meccanismo scatena-risata è la «ricontestualizzazione applicativa»: uno schema che si può esemplificare come quello del doppio senso, in cui si gioca sul significativo ambivalente delle parole. La tecnica funziona non solo coi singoli vocaboli, ma anche con frasi intere. L’«applicazione» rientra nella categoria della «vastità», nella quale riconosciamo la medesima componente, ripetuta in contesti multipli.

6. Il trucco è stravolgere: la sesta categoria è quella della «ricontestualizzazione qualitativa»: è il meccanismo per cui qualcosa che conosciamo molto bene viene stravolto o ridicolizzato. Lo stravolgimento di una situazione, un contesto, o del modo in cui vediamo una persona suscita immediatamente una risata. Anche la «ricontestualizzazione qualitativa» rientra nella seconda maxicategoria, quella della «vastità».

7. Una risata simmetrica: Il settimo schema mentale è quello dell’«opposizione», che funziona prendendo la singola componente e rovesciandola contro se stessa. Un pò come vedere un’immagine riflessa allo specchio o rispedire una freccia indietro nella direzione da cui proveniva. E’ uno schema di simmetria e comprende tutto ciò che è riconducibile all’ironia e al sarcasmo. Rientra nella categoria della «vastità».

8. Basta cambiare la dimensione: l’ottava e ultima categoria è quella della «scala»: è lo schema in cui prendiamo in considerazione qualcosa e poi la riproponiamo in dimensioni completamente diverse. L’oggetto è lo stesso, ma è proprio il cambiamento della scala dimensionale che, disorientadoci neo nostri riferimenti, crea l’effetto umoristico. Anche questo schema appartiene alla categoria della «vastità».