varie, 27 marzo 2009
APPUNTI CONGRESSO PDL 27/03 - PER IL FATTO DEL GIORNO
EMANUELA FONTANA PER IL GIORNALE DI VENERDì 27
Bianco. Il colore che li assorbe tutti. La luce che unisce le altre. Nuovo, luminosità. Sarà il bianco il tratto del primo giorno del Popolo della libertà riunito. Un colore che non è un caso. Sintesi di differenze e ripartenza.
La scenografia parla così, con un colore che traccia il futuro. La kermesse tutta comunicherà da sola con luci, immagini, metafore per gli occhi. Il bianco, non l’azzurro, sarà il colore predominante alla Fiera di Roma, dove da oggi pomeriggio parte, con l’intervento di Silvio Berlusconi, il Congresso costituente del Pdl. Saranno però gli oratori, ministri, capigruppo, delegati in Europa e negli enti locali, a dover far partire davvero la sintesi del nuovo partito, al di là delle immagini, dei segni e della «scena».
All’ingresso nord, il simbolo ufficiale è stato già issato: alto sulla mastodontica struttura, visibile già a centinaia di metri di distanza. Due interi padiglioni saranno occupati, 12mila metri quadrati di spazi tra struttura principale, sala buffet, salottini per gli oratori, una zona rossa per i ministri, spazio per gli oltre mille giornalisti accreditati da 217 testate (ci sarà anche l’agenzia di stampa giapponese), un mix di impianti tecnologici, luci, audio per 200 chilometri di fili. Verranno serviti 1.500 chili di lasagne e 400 di mozzarella. I delegati saranno 6mila, unico partito ospite fuori dal Pdl la Lega. Ieri sera tutta la zona dei padiglioni è stata bonificata dalla polizia.
Il set, perché così lo si può chiamare, è enorme e molto televisivo: 500 metri quadrati di parete per i filmati, con tre schermi dove contemporaneamente verranno proiettati materiale d’archivio e la «diretta» dell’oratore che parla. un congresso per immagini, di suggestioni, molto di contatto con il pubblico. Si parla anche così nella politica che diventa arte visiva. Ha già fatto scuola in America Obama, con il suo palco fra la folla, che creava un effetto circolare.
Qui, al congresso del Pdl (costato 3 milioni di euro, compreso il soggiorno dei delegati e l’affitto delle strutture), ci sarà il palco-ponte. Bianco, con due scale laterali, «passaggio dal vecchio al nuovo». Imponente: misura 600 metri quadrati. Ponte, bianco, i tre schermi di presente e passato. Le idee sono tutte dell’architetto Mario Catalano, ma non solo le sue: «La scenografia è stata studiata insieme al presidente Berlusconi», precisa. Le quinte ai lati dei tre schermi rimangono azzurre, di un turchese marino. Ma arriva il bianco, non quello però dei partiti del passato. Sarà forse definito colore post ideologico, perché è questo un termine che piace molto nel Pdl, soprattutto ai giovani. E saranno loro, ragazzi poco più che ventenni, a precedere l’intervento del premier. Le prime file saranno riservate ai ragazzi di sedici anni. Poi una sorpresa: la proiezione di immagini dietro l’oratore forse, ma questo ieri alla fiera faceva parte della suspense, il fuoco d’artificio tenuto in serbo per l’inizio del film, come il nuovo inno del partito.
I titoli di testa li hanno già scritti Ignazio la Russa e Denis Verdini, capomastri ieri per gli ultimi preparativi: «Sarà un grande colpo d’occhio per un grande congresso», dice il ministro della Difesa. «Non ci sarà mai il rischio di una monarchia assoluta - esclude il coordinatore di Forza Italia - Il Pdl punta al 50 per cento più uno». Anche la data è un simbolo: il 27 marzo fu il giorno delle elezioni vinte da Berlusconi nel ”94.
La musica sarà affidata alla banda della Nave Azzurra. Si apre con l’inno d’Italia, seguito dall’Inno alla gioia, omaggio all’Europa.
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SALVATORE DAMA PER LIBERO DI VENERDì 27
Altro che fichi secchi: il matrimonio tra Forza Italia e Alleanza nazionale costa. E quanto costa: all’inizio gli amministratori dei partiti avevamo messo in bilancio un investimento che si aggirava attorno ai 3 milioni di euro. Cifra rivista al rialzo. A conti fatti, ma è una stima ancora relativa, si sarebbe arrivati intorno ai 7 milioni di euro. Forse un record assoluto per un’assise di partito. Ma Silvio Berlusconi è così. Quando si tratta di fare bella figura, il Cavaliere non bada a spese. E gli alleati, loro malgrado, si sono dovuti adeguare. L’esborso maggiore tocca agli azzurri, comunque. E ciò in ragione del primo accordo sul Popolo della Libertà, quello sottoscritto dai fondatori nel febbraio 2008 e depositato presso lo studio di un notaio di Roma. Compromesso secondo cui Forza Italia partecipa alle spese del nuovo partito al 75 per cento e An al 25.
i viaggi del cavaliere
Dove finiscono tutti questi soldi? Anzitutto in prenotazioni alberghiere. I delegati al congresso del PdL sono seimila. E ognuno, arrivato a Roma, avrà a disposizione una stanza doppia per le notti di venerdì e sabato. Allo scopo sono stati opzionati ben 120 hotel della capitale. Tutti pagati dalla organizzazione congressuale. Fatto che ha stupito deputati e senatori di entrambi i partiti. In passato, nel caso di altre assemblee congressuali, i parlamentari venivano ”tassati” oltre il costo della stanza d’albergo. E questo per poter offrire una sistemazione gratuita ai delegati ”meno facoltosi” di quelli dotati di un seggio in Parlamento. Stavolta no. tutto messo in conto al nuovo partito.
C’è poi da saldare la fattura alla società che s’è occupata di organizzare tutto l’evento. Si tratta della Enac, azienda fiorentina specializzata in grandi eventi. Anche se una manifestazione così ”popolosa” probabilmente non le era mai capitata. « uno dei più importanti congressi al mondo», spiega il titolare Stefano Gabrielli. Seimila delegati, circa mille giornalisti, centinaia di ospiti. Con questi numeri nulla può essere lasciato al caso. Ci saranno 150 autobus per permettere ai delegati di spostarsi dagli hotel alla Fiera e viceversa. Nei padiglioni i congressisti troveranno 250 tra hostess e steward. Oltre a un catering pronto a servire novemila pasti nelle giornate di oggi, sabato e domenica. Il menù? Sarà tricolore: mozzarelle di bufala (ce n’è una provvista di 400 chili), lasagna al forno, vari secondi, dolci. Per dissetare i congressisti ci sono 10 mila litri d’acqua e 2.500 di vino.
an cerca l’anti-calabria
Il palco è la trasposizione in tre dimensioni della grandeur berlusconiana: 600 metri quadrati che richiamano l’immagine di un ponte. E dominati da uno sfondo di 500 metri illuminato da tre videowall. Uno centrale da 100 metri quadrati su cui andranno le immagini dell’oratore di turno. E due laterali da 200 metri quadrati su cui scorreranno immagini evocative. Tutto scelto da Silvio in persona: «Gli abbiamo sottoposto una decina di soluzioni diverse», spiega Mario Catalano, architetto di fiducia del Cavaliere. E lui ha scelto «la linea di un giovane partito nel quale trovino casa i giovani iscritti». il giovanilismo la chiave. Anche del nuovo inno del PdL. Le parole sono del premier. Chi l’ha sentito, dice che il testo è diverso dalle altre canzoni che portano la firma di Berlusconi. I nuovi concetti sono «la fiducia nel futuro», «l’entusiasmo giovanile», «il proverbiale ottimismo» del Cavaliere. E sempre una giovanissima, Annagrazia Calabria, deputata 26enne, sarà la madrina del congresso. Fatto, raccontano, che avrebbe scatenato le gelosie di Alleanza nazionale. Alla ricerca, nelle proprie file, di una speaker altrettanto giovane e carina, che presenti l’intervento di Gianfranco Fini.
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FILIPPO CECCARELLI PER LA REPUBBLICA DI VENERDì 27
E comunque lì dentro non si è preparato un semplice congresso, né un evento di rilievo della vita pubblica o il più grande spettacolo dell´«età berlusconiana», come già la qualifica il senatore Quagliariello.
Poche storie, inutile girarci attorno. Perché al netto della politica e della meraviglia da quel tanto o da quel poco che è dato conoscere, sotto le volte del Padiglione 8 della Nuova Fiera di Roma si prepara un´apoteosi. E il fatto che questa avvenga in un luogo isolato, nel bel mezzo del nulla, rende l´inusitata cerimonia ancora più tecnologica e gravida di simboli e di conseguenze.
Detta più semplicemente, ma il senso non cambia: per Berlusconi si prepara, lì dentro, un antico rituale di glorificazione aggiornato però ai ritmi mediatici e alle modalità del presente. Quello che con qualche pigrizia si continua a chiamare congresso, e che un tempo ormai lontano veniva convocato per definire la linea politica di un partito e a regolare i rapporti di forza interni, ecco, serve in realtà solo a consacrare la figura del capo, del presidentissimo, del fondatore, della guida, di Lui.
A differenza degli uomini politici, in effetti, l´architettura e la scenografia non mentono. E non solo perché l´architetto di fiducia del Cavaliere, Catalano, ha confermato ieri che la dislocazione degli spazi avviene sempre d´intesa con Berlusconi che alla fine «dà anche delle indicazioni sui colori e sull´attuazione dei programmi». Il punto è che proprio perché mobili e transitorie, queste strutture fatte di pannelli e cartapesta confessano al di là del volere dei committenti come questi ultimi intendono governare i cittadini - o telespettatori che siano.
Ebbene, colpisce addirittura i sensi lo sforzo di imponenza, l´approccio «megalo», la radiosa città divinizzante. Come dei valenti giornalisti di RepubblicaTv hanno ieri documentato con una telecamera, dietro il palco e sopra la pedana campeggiano la bellezza di 580 metri quadrati di maxi schermi. Nessuno finora aveva osato tanto; nessuno mai aveva portato alle estreme conseguenze quel processo di mutamento della realtà politica che il professor Sartori, diversi anni orsono, aveva battezzato all´insegna dell´homo videns; e che al tempo stesso trasforma i leader in giganti, colossi, titani, idoli a portata di video.
Anche l´ampiezza del palco è impressionante: 600 metri quadri, roba da concerti rock. Ma l´impressione cresce e vira decisamente in studiatissimo stupore se si considera che sarà uno spazio vuoto, un enorme palco nudo e quasi deserto. O meglio: un fondale costruito in modo da mettere al centro dello sguardo il piccolo podio dell´oratore, la tribunetta rialzata che sulla scena deve trasmettere il primato solitario, l´esclusiva superiorità del Capo.
Luoghi incantati, ammalianti, densi di dispositivi simbolici e cognitivi. I giornalisti faticano a rincorrere la portata delle novità sceniche, più adatte a chi abbia approfondito l´antropologia del comando o la liturgia del trionfo nei secoli, da Roma antica alle dittature del secolo scorso, passando per le consacrazioni degli imperatori, dei pontefici e dei santi. Cresciuti fra i templi e le piramidi di Panseca (maestro di Catalano), maturati in mezzo alle rovine romane e ai cinghiali rupestri dei congressi leghisti, disincantati dinanzi ai laboratori leonardeschi ricostruiti da Bertinotti all´Ergife e resi ormai scettici dalle modeste rincorse verso le agorà e la decantata sobrietà dei ds, i cronisti del berlusconismo prendono atto che le forme hanno preso definitivamente il sopravvento sui contenuti.
Occorrerà forse riconoscere di aver sottovalutato il ruolo del Cavaliere come fondatore di città. Tutto alla Nuova Fiera sembra studiato per accendere l´immaginazione. A partire dalla data d´inizio, 27 marzo, che rievocando la prima vittoria elettorale di Forza Italia mostra una volontà di impossessarsi del tempo assegnandolo al ricordo della storia. E proseguendo con la musica che, risonante in orchestre e cori dal vivo, pare anch´essa destinata al governo della macchina emotiva. Fino al menu, che pure ha avuto l´imprimatur dell´autorità suprema che rifulge anche nella cura del dettaglio.
In platea, nelle prime file, il presidentissimo Berlusconi non vuole vedere «le solite facce». E questo in fondo si capisce. Meno scontato - e del tutto inedito nella storia repubblicana - è che egli abbia inteso sagomare una particolare platea a suo uso e consumo, dislocando al posto d´onore delle persone, degli individui, dei corpi che rispondono a criteri estetici, esemplari e anche decorativi, se si vuole, in ogni caso scelti dal leader. Giovani, perciò, preferibilmente adolescenti, quindi belli a vedersi, ieri girava voce che avessero anche fatto addirittura dei provini: magari non è vero niente, ma forse anche le bugie e di sicuro le dicerie, al giorno d´oggi, dicono molto sulla realtà.
Nell´ordine simbolico della platea, in mezzo, Lui vuole le autorità istituzionali - ma solo perché non può farne a meno. Poi, appresso: donne, donne, tutte donne, colori, splendori, vita. Il popolo delle libertà: e così sia, salmodie, clamori, tripudio, sale al cielo fumo e profumo d´incenso. Dopo tutto è anche vero che questo popolo esiste perché l´ha voluto lui, solo lui.
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DA LA REPUBBLICA DI VENERDì 27
ROMA - Ultimi preparativi al padiglione 8 della nuova Fiera di Roma, che da oggi a domenica ospiterà il congresso fondativo del Pdl. Si parte alle 17. Un´ora dopo il via con l´intervento di Berlusconi che chiuderà anche i lavori domenica mattina dopo l´elezione ufficiale a presidente del Pdl. Domani toccherà a Gianfranco Fini, che parlerà però come presidente delle Camera, prima del presidente del Senato Renato Schifani. I delegati sono 6mila. A loro disposizione anche un padiglione riservato, dove un catering servirà pranzo e cena. Mille i giornalisti accreditati per 217 testate. Le spese per l´organizzazione ammontano a 3 milioni di euro, cifra che comprende l´alloggio per i delegati non residenti nella Capitale. I lavori si apriranno sulle note dell´inno di Mameli e dell´inno alla Gioia cantato da cento coristi.
A dominare il padiglione è un super-palco, bianco, su cui sarà allestito un ponte che, spiega l´architetto Mario Catalano, «rappresenterà il passaggio dal vecchio al nuovo». Alle spalle posizionati tre maxi schermi. I due laterali di 400 metri quadrati riproporranno la storia che ha portato alla nascita del partito, mentre lo schermo centrale di quasi 100 metri quadri manderà in diretta le immagini del congresso.
E intanto scoppia una polemica con quattro atenei, che stanno lavorando – coordinati da Marco Tarchi – ad una ricerca scientifica su 13 formazioni politiche: il Pdl ha negato ai ricercatori l´autorizzazione a presenziare al congresso e ha detto no alla distribuzione ai delegati di un questionario su cultura politica, organizzazione e strategia. «Sono rammaricato – dice Tarchi – perché sinora tutti i partiti avevano collaborato con ampia disponibilità».
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FABRIZIO RONCONE PER IL CORRIERE DELLA SERA DI VENERDì 27
OMA – «L’inizio di tutto? Ho un ricordo netto, visivo, e quasi fisico: ero nel mio ufficio di presidente della commissione Antimafia, a Palazzo San Macuto, e stavo guardando i tigì di mezza sera. All’improvviso sentii dare questa notizia: "L’imprenditore Silvio Berlusconi ha deciso di appoggiare il leader dell’Msi Gianfranco Fini che, nella corsa a sindaco di Roma, è impegnato contro Francesco Rutelli, candidato del centrosinistra"... Beh: mai, prima di quel momento, c’era stato qualcuno così sfrontato nell’appoggiare un esponente di destra, e di una destra vera, autentica... che anno era?».
Era il 23 novembre 1993.
( Luciano Violante ha 68 anni ed è nato a Dire Daua: il padre, giornalista comunista, fu costretto dal regime fascista ad emigrare in Etiopia. Ma su questo non indugiamo: è pomeriggio tardi, dalle finestre del suo ufficio al terzo piano di via Uffici del Vicario si vede il sole venire giù su Roma. un ufficio bello ed elegante come il rango di ex presidente della Camera impone. Naturalmente di Violante, ora nel Pd, occorre ricordare che fu anche magistrato di spicco e alto dirigente del Pci, e poi, ma questo è in molti libri di storia, uno dei pochi e sinceri amici di Giovanni Falcone).
Berlusconi – all’epoca padrone di tv e strepitoso presidente del Milan – decide di mettersi a fare politica: voi del Pds cosa pensaste?
«Pensammo ciò che pensò buona parte della classe politica italiana sopravvissuta a Tangentopoli: ma chi è questo? Cosa vuole? Come si permette di irrompere nella nostra politica in modo così sgrammaticato?».
Tutti sorpresi.
«No... forse non tutti. Ugo Pecchioli, che era presidente della commissione per i Servizi, qualcosa intuì».
Tipo?
«Lui era un politico assai rigido, rigoroso. Di pura cultura comunista. Ma ricordo che un giorno mi disse: "Attenti, le cose nuove, in politica, nascono così"...».
E i diccì? E i socialisti?
«Erano provati dalle vicende di Tangentopoli... Ma tipi come Martinazzoli e Cabras... e anche come Gargani...».
Cosa dicevano?
«Mah, è probabile che loro qualcosa, delle potenzialità di Berlusconi, intuissero. In fondo loro avevano frequentato Bettino Craxi, erano stati suoi alleati e perciò lo avevano incontrato in privato, con lui avevano trattato...».
E quindi?
«Beh, credo che una certa sua capacità di rompere gli schemi, in fondo, la ritrovassero anche in Berlusconi».
Voi, invece, rigidi.
«Non capimmo che cominciava una nuova era».
Perché?
«Aneddoto. Pranzo di Pasqua, a casa mia, in montagna, a Cogne: tra gli ospiti una signora che era funzionaria di Publitalia. La quale, ad un certo punto, fa: "Io ve lo dico...
guardate che quello sta fondando un partito"...».
E voi?
«Scettici. Pensando: e che un partito si fonda così?» Ingenui.
«Ci credevamo poco. Mentre lui tesseva alleanze, stringeva patti con la Lega, con la destra... noi ironizzavamo».
Per esempio, quando?
«Quando si seppe che ai suoi adepti forniva un kit di ordini: lasciare i bagni puliti, essere sempre sbarbati...».
E quando, il 26 gennaio del 1994, Berlusconi registrò il suo primo messaggio televisivo, mettendo una calza da donna davanti all’obiettivo della telecamera per garantirsi così un effetto visivo più fascinoso?
«Pensammo fosse una roba poco seria. E sbagliammo. Perché lui, invece, aveva già intuito come la nuova società italiana stesse cambiando e, alla verità del merito, tipica della nostra storia comuni-sta, si stesse sovrapponendo la verità della forma».
Achille Occhetto, avversario designato.
«All’ultimo match televisivo si presentò con un abito marrone in stoffa "occhio di pernice" piuttosto triste... Berlusconi, di fronte, come un manichino lucente...».
Ma lo sottovalutaste davvero a lungo. Veltroni, all’epoca direttore dell’«Unità », gli consentì addirittura di scrivere un editoriale in prima pagina per spiegare l’uso delle sue tivù. Vittorio Foa lo definì una «bolla di sapone»...
«Davvero Foa disse questo?... Se posso aggiungere, però, ricordo che D’Alema, almeno lui, non fu tenero. La verità è che Berlusconi, dopo che i suoi tigì avevano cavalcato Tangentopoli, si presentò dicendo "io sono il nuovo". Noi, automaticamente, diventammo il vecchio».
Eppure voi, fino all’ultimo, pensaste di vincere. Occhetto definì la vostra armata elettorale una «gioiosa macchina da guerra».
«Propaganda. Io dico che se ci fossimo alleati con i popolari di Martinazzoli avremmo vinto. Comunque, negli ultimi due giorni di comizi, capii che avremmo perso. A Palermo, a Caltanissetta....
Ci fu un suo incidente con Marcello Dell’Utri.
«Il quotidiano La Stampa
mi attribuì frasi che io non avevo mai pronunciato. Occhetto mi costrinse alle dimissioni da presidente dell’Antimafia, seguì una querela... acqua passata, direi».
Oggi comincia il congresso di fondazione del Pdl.
«Il segreto di Berlusconi è che è sempre rinato. Ha vinto, perso, rivinto, riperso, e ancora rivinto. Ogni volta cambiando gioco e regole».
E stavolta?
«Stavolta, con il Pdl, l’obiettivo è quello di dare un nuovo ordine alla società italiana... ».
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ELSA MUSCHELLA PER IL CORRIERE DELLA SERA DI VENERDì 27
MILANO – Il Cavaliere vive nel qui e ora, del domani chissà e quelli che fan troppe domande sul futuro rovinano la festa. Il Pdl sboccia questo weekend alla Fiera di Roma con un imponente dispendio di energie per gestire premier, ministri e 6.000 delegati. Gli organizzatori hanno il loro daffare, il valzer degli accrediti prospera da settimane ma c’è un gruppetto che rimarrà fuori.
Marco Tarchi ( foto) coordina l’«Osservatorio italiano sulle trasformazioni dei partiti » e con gli studiosi degli atenei di Firenze, Bologna, Trieste e Cosenza porta avanti questo «Progetto di ricerca di interesse nazionale » con il timbro del ministero dell’Università che lo cofinanzia con 70mila euro. In pratica, dal 2002, il professore e il suo team non si sono persi neanche un congresso, vivisezionando ogni assise attraverso questionari sottoposti ai delegati e interviste alle classi dirigenti per elaborare dati che finiranno in tre volumi sulla cultura, l’organizzazione e la strategia politica dei partiti italiani nell’ultimo decennio.
Dopo aver ritirato i fogli con le risposte al definitivo congedo di An, domenica scorsa, il loro secondo impegno di marzo era distribuire le 18 pagine di interrogativi alla fondazione del Pdl. Da parte di Alleanza nazionale c’è stato subito un sì ma poi da Forza Italia è arrivato il tutto osta: «L’organizzazione operativa del congresso ci ha negato gli accrediti per motivi di sicurezza – spiega Tarchi ”. la prima volta che l’Osservatorio si vede opporre un diniego da 6 anni a questa parte». Commenta Gianni Cuperlo (Pd): « stupefacente. Forza Italia, nata sui sondaggi, espelle una equipe di ricercatori».
Il professore invece – una gioventù ormai archiviata nell’Msi, una maturità nella Nuova destra e un presente da insegnante di Scienza e comunicazione politica all’Università di Firenze – non capisce perché dovrebbe essere considerato un pericolo: «In effetti è davvero spiacevole. Sia per noi che così perdiamo un pezzo importante, sia per loro che saranno tagliati fuori da una ricognizione a tutto campo. A voler essere sospettosi, può darsi che gli dispiacessero le nostre domande sul futuro e sul dopo Berlusconi...». Quindi l’egemonia culturale berlusconiana (copyright Cicchitto) si manifesterà alla Fiera di Roma senza alcun monitoraggio scientifico? Tarchi non ha dubbi: una vita fa parlava di una destra di «esuli in patria» e in lotta contro la superiorità di stampo gramsciano, oggi che si definisce «un terzo contro le parti» è libero di dire altro. Per esempio che «l’egemonia culturale conquistata dal centrodestra è una favola. Un conto è il successo politico, altro è un’influenza intellettuale che è e resta sempre progressista».