Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 27 Venerdì calendario

JESSE MC KINLEY

FRESNO (California)
Con il suo lavoro di responsabile di un centro per senzatetto, Paul Stack è abituato a vedere persone che nella vita hanno avuto poca fortuna. Quello che non aveva ancora visto - fino a pochi mesi fa - era gente che vive in tenda o in piccoli bungalow accanto alla ferrovia, a pochi minuti dal centro.
«Sono spuntati circa 18 mesi fa - racconta. Il giorno prima non c’era nessuno, il giorno dopo c’era gente che viveva lì». Succede qui in una dozzina di città degli Stati Uniti. Un brutto giorno spuntano le hoovervilles, accampamenti illegali abitati da senzatetto che ricordano - anche se in scala molto più piccola - le baraccopoli degli Anni Trenta, gli anni della grande depressione. Martedì, in conferenza stampa, un giornalista ha chiesto al Presidente Barack Obama un parere sulle tendopoli californiane. Ha risposto che «non è accettabile che bambini e famiglie non abbiano un tetto sulla testa in un paese ricco come il nostro».
E se gli accampamenti di strada sono sempre stati parte del paesaggio in grandi città come Los Angeles e New York, oggi la tendenza prende piede anche in quelle più piccole: da Nashwille a Olympia, da Washington a Saint Petersburg (in Florida) spuntano tendopoli che tra l’altro sono abitate solo da una piccola parte delle migliaia di americani che sono rimasti senza casa con la grande crisi. A Seattle, l’accampamento dei senzatetto conta cento abitanti e ha perfino un nome: l’hanno chiamato Nickelsville, con un riferimento ironico e amaro al nome del sindaco, Greg Nickels.
A Fresno il problema è diverso: qui la crisi è cronica e la città è lontana dalla ribalta nazionale. Senzatetto ce ne sono sempre stati, con alti e bassi stagionali, soprattutto tra i lavoratori occupati in agricoltura. Ora però la recessione ha ingrossato le file di chi non ha una casa, mescolando ai braccianti elettricisti e camionisti.
Il risultato fa impressione. Fresno ha circa 500 mila abitanti. Secondo i funzionari del Municipio, nei tre grandi accampamenti vicino al centro e in altri due lungo le autostrade, vivono più di duemila persone. E secondo Gregorio Barfield, dirigente municipale che si occupa di casa e disagio sociale, l’uso di droghe la prostituzione e la violenza sono «fin troppo frequenti» nelle tendopoli. «Il problema è che tutto ciò costruisce un’economia sommersa», ha detto Barfield, che intanto ha annunciato un piano di monitoraggio degli accampamenti per determinare quante persone abbiano bisogno di casa e servizi decenti. «Ci stiamo comportando come di fronte a una catastrofe naturale».
A nord ovest di Fresno c’è l’accampamento di sudamericani, ribattezzato Little Tijuana. Sono arrivati a Fresno iseguendo la promessa di posti di lavoro nell’agricoltura. Hanno trovato la grande crisi e tre anni di siccità. Guillermo Flores, 32 anni, racconta di aver cercato di lavorare nei campi e nei fast food, ma ha trovato nulla. Negli ultimi otto mesi ha raccolto lattine da riciclare per una cifra tra i 5 e i 10 dollari al giorno: vive in una baracca di tre camere linda e pulita, con tanto di angolo cottura a gas . «L’ho appena costruita, ne avevo bisogno» spiega Flores. «Ora l’unico problema che ho è che mi manca la spider».
Durante il giorno, il campo può apparire tranquillo. Bandiere americane, gente che chiacchera. Daniel Kent,27 anni, dell’Oregon, inneggia all’orgoglio del campo: «Abbiamo gente di cuore qui, siamo orgogliosi di essere quello che siamo. Nonostante le complicazioni della vita, non cambia il cuore. C’è buona gente qui, brave persone davvero». La signora Smith ha perso un occhio dopo essere stata colpita alla faccia, durante una rissa notturna. venuta a Little Tijuana perché - nel campo dove stava prima e dov’è stata ferita - ha visto due persone uccise. Dice che vuol chiudere con la droga. Si guarda intorno, le sembra di aver realizzato un sogno: «Qui ho quasi una casa».
Copyright: The New York Times