Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 26 Giovedì calendario

I GIORNALI USA DIVENTANO AZIENDE NO PROFIT


I grandi soci di Rcs, il gruppo editoriale che controlla il Corriere della Sera, hanno fissato per lunedì prossimo, in mattinata, la riunione del patto che controlla il 64,5% del capitale della società. All’ordine del giorno, formalmente, c’è la messa a punto della lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione da sottoporre alla prossima assemblea del 27 aprile (il 30 in seconda convocazione). Ma sul tavolo dovrebbe finire anche la questione relativa alla direzione del Corriere. L’orientamento prevalente indicherebbe una scelta consona ad una linea editoriale di continuità rispetto all’attuale. Si parlerà anche di una versione aggiornata del patto. I pattisti avevano già deciso di preparare un nuovo testo formale aggiornato che riporti tutti gli accordi in vigore e che recepisca i codicilli, oltre una ventina, aggiunti in quasi 10 anni di vita. L’impianto originario dell’accordo di blocco e consultazione che oggi governa Rcs è datato 1997.I giornali americani sono in crisi, New York Times compreso, e alcune testate hanno già chiuso o sono sul punto di farlo: Seattle Post-Intelligencer, Rocky Mountain News, Baltimore Examiner e San Francisco Chronicle. A sostegno del settore il senatore democratico del Maryland Benjamin Cardin, unico firmatario per ora, ha introdotto martedì al Senato il Newspaper Revitalization Act, Legge per la rivitalizzazione dei quotidiani. Essa darà, se arriverà alla firma di Obama dopo il sì delle due camere, facilitazioni fiscali alle società editrici che si trasformeranno in enti senza scopo di lucro.
I giornali non hanno bussato finora a Washington, a differenza di banche e case automobilistiche, ma la loro condizione non è meno precaria. Gli abbonamenti, le vendite e i ricavi pubblicitari si sono ristretti anno dopo anno perché gli americani usano sempre più televisione e Internet per informarsi: secondo gli analisti di Barclays Capital, le inserzioni sui quotidiani sono scese di circa il 25% nel 2008.
«Stiamo perdendo il settore dei nostri giornali», ha detto Cardin spiegando la sua iniziativa. «L’economia ha causato un problema immediato, ma il modello di business per i quotidiani, che si fonda sulla diffusione e sulla pubblicità, è fallito. E ciò è una tragedia reale per le comunità in tutto il Paese e per la nostra democrazia». Secondo il senatore, «mentre abbiamo un mucchio di nuove fonti di notizie, ci affidiamo ancora alle inchieste in profondità dei quotidiani che seguono le questioni importanti e portano alla luce i misfatti. Gran parte se non tutte le fonti di informazione giornalistica - dalla radio alla televisione a Internet - raccolgono in realtà le notizie dai reporter dei giornali che coprono i fatti su base quotidiana. interesse della nazione e del buon governo che sia assicurata la loro sopravvivenza».
Il Newspaper Revitalization Act permetterebbe ai quotidiani di operare come enti senza scopo di lucro secondo il codice fiscale che prevede le esenzioni per le attività a ”scopo educativo”. I giornali che accettassero questo regime, già in vigore per le reti tv pubbliche, non potrebbero esprimere espliciti appoggi ai candidati prima delle elezioni, ma sarebbero liberi di trattare qualsiasi argomento, comprese le campagne locali o presidenziali. I ricavi da vendite e pubblicità sarebbero esenti da tasse e i contributi del pubblico per la produzione di notizie diventerebbero una forma di beneficenza e sarebbero fiscalmente deducibili.
«La soluzione del non-profit potrebbe non essere la scelta ottimale per certi maggiori quotidiani o per le corporation che controllano catene di testate», ha aggiunto Cardin, «ma dovrebbe essere un’opzione per tanti giornali che stanno soffrendo». Per il portavoce del senatore la legge è stata accolta con grande interesse. E proprio perché da anni i profitti del settore languono, «nessuna sostanziale perdita di ricavi federali» si verificherebbe se la riforma fosse introdotta, secondo Cardin. La legge punta a preservare i quotidiani locali, non le corporation che posseggono sia i giornali sia i network televisivi, ma consentirebbe a un ente non-profit di comprare quotidiani posseduti dalle grandi conglomerate.
L’idea del non-profit non è nuova. A San Francisco c’è un sito, Spot Us, che sta sperimentando da tempo il ”giornalismo finanziato dalla comunità”, con inchieste proposte e sovvenzionate con sottoscrizioni dal pubblico. E a New York opera ProPublica, società editrice indipendente, bipartisan, no-profit, guidata da Paul Steiger, ex direttore del Wall Street Journal.