Aldo Cazzullo, Corriere della sera 26/3/2009, 26 marzo 2009
PISANU: NON ANDRO’ DA CASINI, SIA LUI A VENIRE CON NOI
Presidente Pisanu, lei entra nel Pdl?
«Certo. Perché non dovrei?».
Le voci di Palazzo la danno in avvicinamento al partito di centro che progetta Casini.
«Casini sta facendo un’opposizione costruttiva, che però temo gli porterà più apprezzamenti che consensi, più lodi che voti. La spinta al bipolarismo restringe gli spazi elettorali al centro e semmai ne lascia ai lati. Non a caso, Bossi e Di Pietro cercano di crescere ai danni dei loro alleati maggiori. Solo una deriva del Pd verso sinistra e del Pdl verso destra potrebbe favorire le sorti del centro. Ma mi pare un’ipotesi improbabile. Anche perché proprio al centro è approdata la lunga evoluzione di Fini e di An».
Casini però non solo resiste, ma pare aver steso in mezzo allo schieramento politico una sorta di rete, in cui possono arrivare pesci ora da sinistra, ora da destra.
«Ma non si può fare politica contando sulle disgrazie altrui. Credo accadrà il contrario: le affinità ideali e la comune appartenenza al partito popolare europeo spingeranno il Pdl e l’Udc al dialogo e all’intesa. Mi batto perché questo avvenga e perché in futuro l’Udc entri nel Popolo della libertà per consolidare insieme il partito dei moderati italiani. E per reggere meglio la concorrenza della Lega».
I valori cattolici sono molto in voga.
«Qui nessuno vuol morire democristiano. Però vedo molti naufraghi di altre esperienze politiche aggrapparsi alla scialuppa degli ideali cattolici, a costo di rovesciarla...».
A chi pensa?
«Penso a coloro che agiscono o per eccesso di zelo o per opportunismo o per altro ancora. Apprezzo di più l’approccio laico di Fini al primato della persona umana. Come quello di Tremonti alla dottrina sociale della Chiesa».
Che c’entra Tremonti con la dottrina sociale della Chiesa?
«Ho letto il suo longseller, La paura e la speranza, e vi ho ritrovato l’eco delle encicliche sociali e dei libri che mi mise in mano il segretario della Dc di Sassari Francesco Cossiga, quando divenni capo dei giovani democristiani. Don Sturzo. Ropke, il cattolico liberale tedesco che ispirò la politica di Adenauer. Soprattutto, l’umanesimo integrale di Maritan. E la rivoluzione personalista e comunitaria di Mounier. lì che Tremonti cerca la via d’uscita alla crisi globale. Fa piacere scoprire che il futuro ha un antico cuore cattolico...».
Con quale spirito andrà domani al primo congresso del Pdl?
«Il congresso è una tappa importante verso la fusione perfetta tra Forza Italia, An e gli altri gruppi minori. Berlusconi vuole procedere gradualmente, e fa bene. Non è facile dare una cultura politica comune e una coerente forma democratica a un partito di moderati, che si rivolge alla maggioranza degli italiani. Rispetto al Pd, che si è smarrito nell’amalgamarsi, il Pdl ha due vantaggi: la leadership unificatrice di Berlusconi; e una sicura collocazione internazionale nel Ppe».
Lei che è stato un dirigente dc si troverà a proprio agio nel Pdl?
«Non credo più ai partiti tradizionali. La forma partito cui penso oggi ricorda ET: testa grande e corpo piccolo, in grado di produrre idee, formare consenso e selezionare classe dirigente in modo democratico. In ogni caso, il futuro del Pdl dipende soprattutto dalla politica del governo Berlusconi».
Come le pare si stia muovendo il governo, nell’anno della crisi?
«Sono convinto che l’Italia possa uscire dalla crisi meno grassa, più agile, meglio motivata a riprendere la via dello sviluppo. A me pare che il governo per ora si stia muovendo bene. Il piano casa è un’idea giusta, perché l’edilizia è il settore più reattivo: come dice Berlusconi, " quand le batiment va, tout va". Ora si tratta di andare oltre, facendo di necessità virtù e di affrontare la riforma delle istituzioni e dello Stato sociale».
Cosa pensa della riforma federalista?
«Il federalismo è un impegno da mantenere. Il problema è farlo uscire dalle nebbie padane che ancora lo avvolgono. Occorrono dati precisi sui costi e sui benefici del federalismo fiscale: se i conti tornano si va avanti; altrimenti si devono rivedere le scelte fatte con la legge delega, in cui ci sono tante belle cose, ma numeri non ce n’è. E il nuovo assetto istituzionale dovrà rispettare rigorosamente l’articolo 5 della Costituzione. Il federalismo è un mezzo; l’unità e l’indivisibilità della Repubblica sono un fine irrinunziabile. Se il Pdl cedesse su questo punto, sarebbe un suicidio politico».
d’accordo con Vargas Llosa, secondo cui le prossime saranno le elezioni europee più importanti della storia?
«Sì. Obama è il meno europeo tra i grandi presidenti democratici, non tanto per le sue origini quanto per la sua strategia: ormai si muove in un’ottica multipolare, tra Russia, India, Cina, le nuove potenze economiche e militari. L’Europa sarà della partita solo se riuscirà a darsi una politica economica unitaria, una sola politica estera, e un solo strumento militare. Perciò il governo fa bene a muoversi in questa direzione e anche ad alzare la mira sull’Europa cristiana, quella che va dall’Atlantico agli Urali».
Sempre le voci di Palazzo indicano che lei, già ministro dell’Interno stimato anche dall’opposizione, non sia del tutto soddisfatto del ruolo attuale. Qual è davvero la sua aspirazione?
«Ho già tanto da fare con la presidenza dell’Antimafia e con la fondazione Medidea, che si occupa del Mediterraneo e del nostro Mezzogiorno. Non cerco posizioni di potere. Come diceva Moro, il potere conterà sempre di meno. Conterà di più una parola chiara, rispettosa e rispettabile».