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 2009  marzo 26 Giovedì calendario

SARA’ IL NORD A PAGARE IL CONTO DEL FEDERALISMO?


Il disegno di legge che delega il governo ad attuare il federalismo fiscale (art. 119 Costituzione) è al centro dell’interesse. La Lega Nord, per disinnescare il referendum, punta sull’astensione del Pd, che è tentato di darla, per recuperare peso politico a Roma e consensi al Nord. Proviamo ad allontanarci della politique politicienne.
La questione federalista è nel caos primigenio, a oltre 60 anni dalla Costituzione: non si può parlare di fretta, ma di superficialità e mancanza di metodo sì. Marco Vitale in un recente articolo ricorda che il federalismo è questione civile, sociale e istituzionale, prima che fiscale o contabile. Andrea Manzella scrive che stiamo vendendo la «carrozzeria di un’auto con l’idea di un motore futuro, ma ignoto; intanto c’è il pagamento del prezzo»: ignoto anch’esso. Se la permanenza delle vetuste province lascia dubbi, la mancanza di una Camera delle Autonomie – per la quale si rimanda alle calende greche, alla riforma del bicameralismo perfetto – rende balengo l’impianto istituzionale, ma queste valutazioni vanno lasciate ai costituzionalisti.
Partiamo invece dal parere con il quale la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha dato, si fa per dire, via libera alla legge delega.
L’approvazione è infatti condizionata all’esame congiunto di questa con un’altra delega, in quanto prima «è indispensabile individuare le funzioni fondamentali degli enti locali contestualmente alla definizione delle modalità del prelievo fiscale e dell’allocamento delle risorse». In parole povere, se non si dice cosa devono fare gli enti, è inutile parlare di quanto incassano e come.
La nostra specialità è improvvisare senza metodo, sulla spinta dell’urgenza politica, per poi piangere a cose fatte.
Il ministro Calderoli ha già al passivo la «porcata» della legge elettorale di cui a lungo pagheremo le conseguenze, e che rende sempre più grave la subordinazione del potere legislativo all’esecutivo: dovrebbe perciò astenersi dalla luciferina ricaduta. Ove la delega fosse approvata così come sta, troppo tardi sentiremmo ammettere che, dato che la bandiera doveva a tutti i costi sventolare ora, il federalismo è nato storpio. Se si vuole farlo camminare, invece, va ben congegnato. Bisogna prima definire un quadro istituzionale adeguato, poi ripartire le funzioni fra lo Stato e i diversi enti locali, individuare fonti autonome di imposizione, definire i livelli di prestazione, infine valutare il costo dell’operazione, affrontando la questione del divario Nord-Sud.
 deprimente constatare che nulla di tutto ciò è sul piatto. Del quadro istituzionale e della ripartizione delle funzioni s’è detto. Fonti di imposizione autonome non ce n’è; quella che c’era, l’Ici, è stata quasi rasa al suolo (salvo spargere, di nuovo, lacrime tardive subito dopo l’errore). Quanto ai costi, il ministro Tremonti dice che è presto per parlarne, si vedrà poi. Strano, non trova il ministro che approvare ora qualcosa che non sappiamo quanto costerà sia poco consono alla lombarda concretezza?
Se poi si scopre che abbiamo sbagliato, torniamo indietro dicendo che abbiamo scherzato? Questo non è un errore, è una scelta cosciente, ma insensata: si vuol far passare la delega così proprio per bruciarsi i ponti alle spalle. C’è da augurarsi che non solo l’opposizione, ma anche parte della maggioranza sia colta da un soprassalto di attenzione all’interesse generale: non solo di quanti abitano a Nord dell’Appennino, ad uso e consumo dei quali si narra la favola del federalismo.
Si ammicca al Nord, cui si promette il ritorno dei soldi là guadagnati, e al Sud, cui si dice: tranquilli, i soldi arriveranno come e più di prima. Tutt’e due le affermazioni non possono essere vere: è più probabile che alla fine lo sia la seconda. Si tenga conto del peso elettorale del Sud nella maggioranza, e della consumata abilità di alcuni politici di punta nel far gravare sul Paese tutto le loro inefficienze e collusioni con la criminalità, Catania docet; ne deriva che non è neanche nel ristretto interesse del Nord approvare qualcosa che non si sa cos’è, né quanto costa. Il conto lo pagherà in gran parte proprio il Nord, non essendo concepibile che al Sud scendano i livelli delle prestazioni, o gravino costi ulteriori; tanto più in una fase di acute difficoltà economiche.
Se la maggioranza non tentenna, ci pensi almeno il Pd prima di avallare tanta improvvisazione. Essa introdurrebbe un nuovo, cruciale elemento di divisione in un Paese spaurito, fazioso e frazionato come non mai. Tremonti ha detto che per la questione meridionale, «il federalismo fiscale può essere la soluzione». Finale, probabilmente.