Alberto Piccinini, il Manifesto 26/3/2009, 26 marzo 2009
SOUVENIR
Ricordo che la sera del 26 ottobre 1922, alla stazione di Pescara, fui messo su un treno che sarebbe arrivato la mattina dopo a Roma. ( ... ) La mattina dei 28, il sarto di via dei Pontefici (la bella strada ora scomparsa per far posto agli inqualificabili edifici di piazza Augusto lmperatore) mi fece indossare la mia divisa di collegiale; e così passeggiando vidi i primi drappelli di fascisti che affollavano i caffè e le trattorie. Si diceva che a San Lorenzo avevano incontrato una seria resistenza, ma io ricordo che i passanti applaudivano. Sul Corso, all’angolo di via delle Convertite, c’era allora un negozio di articoli da toletta. Nella vetrina vidi allineati una miriade di piccoli bush di Mussolini, tra nastri tricolore. Motti fascisti compravano quel souvenir che era anche utile. Un’altra vetrina di farmacia, in via Tomacelli, esponeva una sede patriottica di profilattici, marca Fascio, marca Ardito, anche questi tra nastri tricolore. Roma accoglieva alla meno peggio i suoi ospiti, che non vedevano in quegli oggetti nessuna ironia: difatti non c’era. Abituati da secoli i romani a vendere articoli di devozione ai pellegrini, ora vendevano anche questi. (uno degli ultimi elzeviri di Ennio Flaiano, Corriere della Sera, 5 novembre 1972)