Luca Iezzi, la Repubblica 25/3/2009, 25 marzo 2009
MA IL MONDO HA UN’ALTRA RICETTA SETTIMANA CORTA PER LA RIPRESA
C´è una cosa che accomuna i tornitori delle aziende meccaniche del bresciano e i croupier di Las Vegas, i giornalisti del Financial Times e metalmeccanici tedeschi o giapponesi: lavorare meno.
A crisi globale risposte globali: di fronte ai consumi che crollano e alle scorte che si accumulano le aziende e i governi, compreso quello italiano, hanno tutti utilizzato l´orario di lavoro come uno strumento flessibile che riduce la sovraproduzione e il costo del lavoro, mentre i lavoratori riescono a spalmare i sacrifici, limitando al minimo licenziamenti e cassa integrazione.
Il paradosso è che il Silvio Berlusconi che invita a «lavorare di più» è lo stesso che solo il 20 dicembre, incontrando il cancelliere tedesco Angela Merkel, annunciava: «Stiamo valutando la proposta tedesca di ridurre a quattro giorni la settimana lavorativa, come ammortizzatore sociale».
Qualche giorno dopo il governo passava ai fatti con il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che lanciava in grande stile l´operazione settimana corta. La proposta prevedeva una riedizione dei contratti di solidarietà previsti da una legge del 1984: lo Stato integra il 60% dei salari dei lavoratori che rinunciano a parte delle loro ore e riduce i contributi dovuti dalle aziende che scelgono di stipulare questi contratti.
I sindacati propongono i contratti di solidarietà in tutte le situazioni di difficoltà aziendale come antidoto agli esuberi e sempre più trovano l´accordo dei lavoratori. Le imprese finora sono sempre state restie ad accettarli: li consideravano difficili da applicare e non abbastanza incisivi in caso di ristrutturazione. Invece proprio in questa crisi i contratti di solidarietà stanno vivendo un successo mai sperimentato dalla loro introduzione in Italia, specie nel comparto meccanico e tessile. Il ministro Sacconi ha annunciato una prossima ricapitalizzazione del fondo dedicato per far fronte alle tante richieste.
Ma è in Germania che la riduzione delle ore lavorate si sta diventando il simbolo dello sforzo per uscire dalla crisi: da molti anni le imprese tedesche possono ridurre l´orario di lavoro con lo Stato che integra tra il 60% o 67% della differenza tra il vecchio e il nuovo stipendio netto a seconda del numero di figli. Da gennaio questo sostegno può durare fino a 18 mesi e tutti i grandi costruttori di auto tedeschi (Daimler, Volkswagen, Opel e Bmw) vi hanno fatto ricorso tanto che i turni da quattro giorni coinvolgono solo nell´auto oltre 100 mila persone.
In Inghilterra si è fatta una scelta meno netta, con Gordon Brown che ha approvato una serie di sgravi fiscali per datori di lavoro e dipendenti che passano dall´orario pieno al part time, mentre in Francia la legge sul tetto delle 35 ore settimanali, considerata un fallimento finora, viene riutilizzata dalle aziende come un tetto da applicare ai dipendenti e ridurre i costi.