Flavia Amabile, La stampa 25/3/2009, 25 marzo 2009
DAL CARCERE AL TALK-SHOW LA SECONDA VITA DI RACZ
La Procura della Repubblica si appresta a chiedere il rito immediato per Ionut Alexandru e Oltean Gavrila, autori dello stupro di una quattordicenne nel parco della Caffarella (nella foto un sopralluogo degli investigatori). Ieri, intanto, si è riunito il Tribunale del Riesame per decidere sulla scarcerazione di Alexandru Loyos Isztoika, uno dei due romeni arrestati pochi giorni dopo lo stupro, ma poi scagionati: è accusato di calunnia nei confronti della polizia romena che, a quanto dice, gli avrebbe estorto la confessione. Ma il pm chiede che resti in cella: è sospettato di avere «coperto» uno dei veri stupratori, Gravila.Dove è Karol Racz?». Terzo piano del centro di produzione Rai di via Telulada: si aspetta il sindaco Gianni Alemanno per iniziare la registrazione di «Porta a Porta» sul romeno, rimasto 35 giorni in carcere con l’accusa di aver stuprato due donne e uscito due sere fa, innocente.
La sala vip ha la porta aperta su un buffet, ma di Racz nemmeno l’ombra. «Non ci si può parlare», avvertono due hostess. E perché mai non si può parlare con un uomo libero e per di più innocente? Da 24 ore i giornalisti provano ad avvicinarlo e vengono respinti dall’avvocato, Lorenzo La Marca. «Ha chiesto lui così», spiegano un po’ di persone dalla trasmissione. «Ha chiesto una stanza a parte ed è lì chiuso con l’avvocato ad aspettare l’inizio della trasmissione. Non se la sentiva di stare con gli altri».
Lo descrive così anche l’avvocato. Parla di un uomo «disorientato», che «per 35 giorni non ha visto la tv e che quindi non capisce che cosa sia questo clamore». In effetti nel primo giorno da persona libera di Racz di clamore ce ne è stato un bel po’.
Alle 19,45 di lunedì si apre il cancello di Regina Coeli, il tempo di fare pochi passi e chiudersi dentro una Mercedes grigio metallizzata, inviata dalla trasmissione. La prima corsa fino a via Teulada, dove Bruno Vespa è in studio ed è tentato dall’idea di mandare subito in onda Racz. Alla fine si rimanda di un giorno.
Racz viene accompagnato a cena e poi in albergo. Raccontano che non sia uscito nemmeno ieri, se non per pranzare e poi nel pomeriggio, accompagnato dalla solita Mercedes, per tornare alla Rai di via Teulada. Arriva intorno alle sei e mezza e si chiude nella stanza. «Non vuole parlare», è il ritornello ripetuto a tutti.
In realtà vuole parlare solo a «Porta a Porta». Che avrà mai da dire, allora? Circola subito voce di un compenso, ma dalla produzione ci si limita a parlare di un «gettone di presenza». Le telecamere nello studio si accendono intorno alle sette e dieci di sera. Vespa è teso, ripete per tre volte la registrazione dell’annuncio della puntata. Alle sette e mezza appare Racz. Giubbotto blu con la zip, occhio vispo, aria tranquilla. Prima domanda: che cosa ha provato dopo l’arresto? «Non riuscivo a capire, non riuscivo a capacitarmi del motivo per cui ero stato arrestato», risponde. E perché l’amico Alexandru Loyos l’ha accusato di aver commesso lo stupro? «Non so perché l’abbia fatto, non mi spiego il motivo», risponde di nuovo. Poi spiega di non essere andato a Livorno «per fuggire, ma perché volevo raggiungere mio fratello e cercare un nuovo lavoro».
Conosce il parco della Caffarella dove è avvenuto uno dei due stupri per cui era finito in carcere? Racz nega, e nega di conoscere Primavalle. Dalla questura fanno sapere che ha alcuni precedenti penali in Romania per furto. Lui nega di nuovo: potebbe esserci stato «un equivoco» per un’omonimia con il fratello, lui sì con precedenti a carico. Per quel che lo riguarda, ha solo una multa per un biglietto non pagato su un treno.
Nega tutto e racconta di quando aveva 18 anni e voleva fare voto di castità e diventare monaco ortodosso. «Sono stato in monastero per quattro anni», ricorda. Racconta della sua infanzia in orfanotrofio e del lavoro come pasticciere e fornaio e dell’arrivo in Italia nel 2007. E ora che cosa vorrebbe fare dopo che l’Italia l’ha tradito così? «Vorrei rimanere, stabilirmi e trovare un lavoro qui. Non saprei che cosa fare in Romania».