Marco Damilano, L’Espresso, 26 marzo 2009, 26 marzo 2009
MARCO DAMILANO PER L’ESPRESSO 26 MARZO 2009
Avanti Berluscloni Scelti personalmente dal premier. Cresciuti a sua immagine e somiglianza. E ora pronti a correre alle europee. Per misurare popolarità. E potere futuro
Si preparano a scendere in campo, come il loro Leader quindici anni fa. Hanno imparato come si fa dal Capo: sorriso stampato, faccia tosta, ottimismo. Alla fine della prossima settimana sfileranno sul palco della Fiera di Roma per il congresso di fondazione del Popolo della libertà, ottima occasione per mettersi in mostra. E poi sono pronti a candidarsi alle elezioni europee.
"Li metteremo in testa di lista, ministri e presidenti di regione, alle spalle di Berlusconi che sarà al primo posto in tutte le circoscrizioni", annuncia l’uomo dell’organizzazione di Forza Italia Denis Verdini, che sta per diventare coordinatore del Pdl, insieme a Ignazio La Russa e Sandro Bondi.
I ministri sono ineleggibili, spenderanno una fortuna per farsi eleggere in circoscrizioni immense e si dimetteranno un minuto dopo. Ma vale la pena: l’inutile corsa serve a misurare il peso degli aspiranti leaderini. Si vota con le preferenze, il terreno migliore per far vedere quanto valgono. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini già accende i motori: "Se Berlusconi mi chiama, lo seguirò, come ho sempre fatto".
Raffaele Fitto, ministro delle Regioni, può contare su una collaudata macchina di voti personali e non ha problemi a gareggiare. Ci stanno pensando anche i due ministri prediletti dal Cavaliere: Mara Carfagna in Campania e Angelino Alfano in Sicilia. Prove generali di leadership.
Sono i forzisti di seconda generazione. Quelli nati e cresciuti interamente nell’era azzurra. Quelli che non sono ex qualcosa: né ex democristiani come Claudio Scajola, né ex socialisti come Fabrizio Cicchitto, né ex comunisti come Bondi, né ex casti come Roberto Formigoni. Sono forzisti e basta. Bellocci e sbarbati i ragazzi, sempre in tiro le ragazze.
Puledrini di pura razza berlusconiana, venuti dal nulla, plasmati a immagine e somiglianza del Cavaliere. I Berluscloni: gli invaders su cui il premier punta per creare la classe dirigente del futuro Pdl. E spegnere le ambizioni di pretendenti più blasonati come Gianfranco Fini e Giulio Tremonti.
L’ultimo esemplare della specie è l’ex portiere Giovanni Galli, lanciato nella partita per il sindaco di Firenze come candidato del Pdl contro Matteo Renzi che ha vinto le primarie nel Pd. un caso da manuale, un esperimento da laboratorio. Faccia da bravo ragazzo, studi dai salesiani (come il premier), un campione calcistico (nel Milan berlusconiano), un discreto commentatore televisivo (su Mediaset), un signor nessuno come politico.
"Il nostro candidato sei tu", lo ha battezzato Silvio Berlusconi al telefono. Pochi minuti di conversazione con cui il premier ha esautorato la potente lobby che sosteneva la candidatura del deputato Gabriele Toccafondi: il sottosegretario-portavoce Paolo Bonaiuti, il vice-presidente della Camera Maurizio Lupi, il senatore Gaetano Quagliariello. L’unico a restare in piedi (almeno per ora) è il toscano Verdini, regista dell’operazione, che si è sbarazzato di qualche concorrente.
Ora tocca agli altri: "La prossima volta levate il palco della presidenza, sa di apparato", ha ordinato Berlusconi all’ultima riunione dei gruppi parlamentari del Pdl, seminando il panico nella banda dei quattro che guida i gruppi di Camera e Senato accomodata sul podietto: Cicchitto e Quagliariello più i colonnelli di An Maurizio Gasparri e Italo Bocchino. Alcuni di loro ricordano bene quello che accadde qualche mese fa quando, raccontano, Berlusconi annunciò al coordinatore di Forza Italia in Sardegna Piergiorgio Massidda che il candidato alla presidenza della regione contro Renato Soru sarebbe stato un certo Ugo Cappellacci. Massidda non riuscì a mascherare il disappunto: aumentato quando, al termine della riunione, fu rimosso dall’incarico. Sostituito proprio da Cappellacci.
Con quel pedigree (inesistente) non doveva andare da nessuna parte. Invece il risultato elettorale ha dato ragione al premier: lo sconosciuto ’Ugo-dì-qualcosa-anche-tu’, soprannominato così perché nei comizi con Berlusconi faceva scena muta, ha stracciato il quotatissimo Soru. Una vittoria personale del Cavaliere, che arriva dopo quella in Abruzzo del candidato del Pdl
Gianni Chiodi, un altro oscuro notabile locale: la dimostrazione che si può trasformare un perfetto sconosciuto in un vincente. Basta essere sfiorati dal tocco magico di Re Silvio. I Berluscloni che si candideranno alle europee, poi, non sono tutti oggetti misteriosi. Nonostante i quarant’anni ancora da compiere, il pugliese Fitto sfoggia un curriculum da professionista del potere: figlio dello scomparso democristiano presidente della Regione Puglia, Salvatore, è stato consigliere regionale, parlamentare europeo (127 mila preferenze a 29 anni), presidente della Regione Puglia dal 2000 al 2005, oggi ministro. Nel governo Berlusconi gli ha assegnato un ruolo centrale: portabandiera degli interessi del Sud, per bilanciare la presenza della Lega e non dimenticare che il vero serbatoio di consensi per il Pdl sono le regioni meridionali, dove il partito berlusconiano nel 2008 ha superato il 40 per cento.
Anche il ministro della Giustizia Alfano può contare su una discreta dote di preferenze, fu eletto consigliere regionale in Sicilia nel ’96, a soli 25 anni. Un mese fa Berlusconi gli ha affidato il compito di gestire il passaggio da Forza Italia al Pdl nell’isola, accompagnato dal sottosegretario Gianfranco Miccichè, suo rivale storico. La pax berlusconiana tra i due è la consacrazione definitiva del giovane Alfano: preparato, garbato, il berlusconiano dal volto umano. Il più richiesto dai forzisti di mezza Italia per i loro incontri, in testa alle classifiche di popolarità tra i ministri e di recente tirato in ballo da Berlusconi come suo possibile delfino. Se alle europee dovesse raccogliere una barca di voti, la sua carriera politica farebbe un altro salto importante.
La Gelmini è già in campagna elettorale: ha appena firmato con Roberto Formigoni un accordo con cui la Lombardia ottiene il federalismo scolastico, il passaggio di competenze dallo Stato al Pirellone di 170 istituti. "Qui c’è la realtà più virtuosa del paese", gongola il ministro, che si prepara a chiedere il voto dei lombardi alle europee, in vista delle regionali del 2010: difficile che Formigoni voglia candidarsi per un quarto mandato.
C’era lei, Mariastella, sotto il Predellino da cui è partita l’avventura del Pdl, in compagnia di Michela Vittoria Brambilla che alla vigilia del congresso del Pdl dovrebbe ottenere finalmente la promozione a ministro del Turismo cui tiene tanto. Mara Carfagna, invece, non ha dovuto aspettare un anno per entrare al governo, ma ora deve decidere cosa fare da grande: una candidatura alle europee significherebbe doversi finalmente confrontare con la caccia al voto, dopo anni di liste bloccate, in cui basta esserci per risultare eletti. Per Mara è pronta la candidatura nella circoscrizione Sud, trainata dal capolista Silvio. Se l’esperimento riesce, si può pensare al colpo grosso del 2010: la presidenza della regione Campania.
Così i Berluscloni scalano i vertici del Pdl, con la benedizione del Capo. "Berlusconi è l’unico stalinista ancora in circolazione", si lamenta un deputato forzista. "Si va avanti con le epurazioni improvvise e la promozione di personaggi a lui fedeli. Qualcuno ricorda un certo Antonione? Fece il coordinatore di Forza Italia, serviva per silurare Scajola ed è stato spedito a casa. Poi è arrivato il turno di Bondi-Cicchitto". Ora c’è la carica dei giovani da buttare nella mischia per scompigliare i giochi di chi pensa alla successione di Berlusconi. tra di loro che bisogna pescare i delfini del Capo. Gi altri, Fini e Tremonti, si abituino a nuotare in un altro mare.