Giampaolo Cadalanu, la Repubblica 24/1/2009, 24 gennaio 2009
LA GUERRA CHE COPIA IL VIDEOGAME
I cattivi sullo schermo si muovono come pupazzetti. L´obiettivo inquadra da vicino, poi basta un movimento di joystick e il nemico è al centro del collimatore. Il missile parte, un attimo dopo l´obiettivo si è liquefatto in un´esplosione lontana. L´unica differenza percepibile con i videogame della categoria Sparatutto è negli effetti sonori. Ma al posto delle figurine elettroniche, sempre pronte a ricominciare dopo il Game over, nel mirino ci sono esseri umani veri. Nella guerra del Terzo Millennio non c´è più confine fra la playstation e gli aerei senza pilota: negli Usa uno degli istruttori che insegna ai piloti come guidare un drone ha fatto esperienza sulla X-Box, ha raccontato a Democracy Now l´analista PW Singer, autore di Wired For War.
Le alte sfere militari vanno pazze per il videogioco con missili veri, con tutti gli accessori dai fantastici nomi biblici o macho. L´esempio perfetto è il Reaper, il "mietitore", che usa missili "fuoco dell´inferno" e bombe "spiana-strada". Anche l´aeronautica italiana lo ha voluto, «ma senza dotarlo delle capacità offensive di cui potenzialmente dispone», ricorda il capo di Stato maggiore Vincenzo Camporini, perché «non ne è previsto un impiego che non sia la ricognizione». vero che il Predator B (come l´Aviazione preferisce continuare a chiamarlo) vola molto più in alto del fratello minore, vanta il doppio dell´autonomia e migliori capacità di ricognizione. Ma nella sua identità più brutale, cioè come Reaper, guidato da giovanotti lontani migliaia di chilometri, ha consentito al Pentagono di vantare i primi successi su Al Qaeda nelle zone tribali al confine fra Afghanistan e Pakistan. L´unico problema è il costo, in termini di vittime civili: così alto da suscitare le proteste di Islamabad e da far rischiare agli Usa una rottura diplomatica.
La stessa arma ha permesso a Israele di programmare dall´alto i raid degli F-16 e di colpire obiettivi "scelti" su Gaza. Il know-how dello stato ebraico è riconosciuto: dai vecchi piccoli Hunter Rq-5 con motore Moto Guzzi, all´Eitan, un mostro grande quanto un Boeing 737 e capace di stare in volo un giorno intero. Gli attacchi a terra sono affidati all´Hermes 450S, una libellula velenosa di sei metri, nata negli Usa per sorvegliare i confini e trasformata dai tecnici israeliani in macchina di morte con i missili Hellfire. Per le offensive sul terreno, un team dell´Istituto di ricerca aeronautica Fischer di Herzliya ha sviluppato il MedUav, un drone-ambulanza a forma di disco volante. A decollo e atterraggio verticali, potrà evacuare fino a quattro feriti dalla zona di guerra e garantire già durante il volo le cure d´emergenza.
In Europa, l´industria italiana è all´avanguardia, con i piccoli Sky dell´Alenia destinati a compiti di sorveglianza, ma soprattutto con il Neuron, progetto congiunto di sei nazioni: un vero cacciabombardiere teleguidato, capace, nelle intenzioni degli ideatori, di affrontare persino duelli ad alta quota con ipotetici "top gun" nemici. Il giocattolo è talmente di moda che la Marina Usa è arrivata a litigare con i cugini dell´aviazione e lanciare per conto suo il Lockheed Cormorant, un bombardiere telecomandato così piccolo da poter essere lanciato dai sommergibili, negli stessi tubi che in tempi di Guerra fredda servivano ai missili balistici pronti per la fine del mondo.
Il balocco assassino avrebbe anche un immenso panorama di utilizzi "civili": dalla sorveglianza del traffico al controllo delle frontiere, alle rilevazioni ambientali. Ma il vero boom è negli usi bellici: controllo dall´alto, spionaggio, ovviamente omicidi mirati e persino sostegno telemetrico per le attrezzature che individuano i nemici prima ancora che sparino. Un boom legato, in apparenza, alla considerazione che non si rischiano vite umane. un principio della dottrina militare Usa, legato alla lezione vietnamita: ogni soldato caduto ha un grande effetto negativo sull´opinione pubblica interna, meglio quindi bombardare dall´alto. E meglio ancora senza esporre i piloti. Ma l´euforia dell´industria si spiega anche con i costi di questa tecnologia: quattro Predator con le stazioni di comando costano come una squadriglia di cacciabombardieri, ma dopo l´11 settembre in Occidente nessuno ha il coraggio di contestare i prezzi folli delle attrezzature militari.
Il mercato lo ha capito bene: se una battuta di Barack Obama sui micro-aerei senza pilota della AeroVironment (i Raven, pesanti meno di mezzo chilo, sono stati acquistati anche dalle Forze armate italiane) fa esplodere al Nasdaq i titoli dell´azienda, l´industria di Israele non ha bisogno di pubblicità. Per far conoscere le sue macchine di morte basta la passerella sui tg.