S.C., Liberazione 21/3/2009, 21 marzo 2009
IL MONDO HA SETE E NE AVRA’ SEMPRE DI PIU’ NEL 2030 META’ PIANETA PRIVO DI ACQUA
Entro il 2030 metà del mondo resterà senza acqua. Un allarme a cui i paesi ricchi non danno ascolto. E’ a causa dei cambiamenti climatici ma anche della rapida crescita demografica, che la metà della popolazione del pianeta vivrà in regioni ad alto stress idrico, tra cui in particolare l’Africa che conterà fra i 75 e 250 milioni di abitanti sottoposti a tale pressione. La denuncia è contenuta nel Rapporto mondiale dell’Onu sullo sviluppo delle risorse idriche dal titolo "L’acqua nel mondo che cambia" presentato di recente al Palazzo di Vetro a New York. Fra l’altro il rapporto punta anche il dito contro una diffusa incapacità gestionale e la crescente domanda di energia che hanno accentuato la pressione sulle risorse idriche mondiali in continua diminuzione. Secondo l’Onu, inoltre, la situazione idrica mondiale è già preoccupante perchè più di un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso sufficiente alle fonti di acqua pulita e quasi altri due miliardi di esseri umani vivono senza servizi igienici.
Sono questi gli scenari e le cifre che sono al centro del dibattito a Istanbul dove si stta svolgendo il 5° Forum mondiale dell’acqua organizzato dal Consiglio Mondiale. Iniziato il 17 si chiuderà il 22 marzo. Oltre 3.000 le organizzazioni partecipanti e circa 20.000 gli esperti. Presenti anche una ventina di capi di Stato e circa 180 ministri dell’ambiente da altrettanti Paesi del mondo
Ma, come ormai è buon uso fare, sempre a Istanbul - in parallelo al Forum "ufficiale" - si sta svolgendo il Forum Alternativo, promosso dai numerosi movimenti mondiali che non riconoscono la legittimità del Consiglio Mondiale dell’Acqua (difatto un think-tank privato strettamente legato alla Banca Mondiale, alle multinazionali dell’acqua e alle politiche dei governi piu’ potenti del mondo) e invocano l’Onu come unico organismo legittimato a guidare le politiche mondiali dell’acqua.
Le associazioni del Forum Alternativo lottano contro la privatizzazione dell’acqua e a favore di una gestione pubblica, partecipata e democratica della risorsa idrica intesa come un diritto inalienabile dell’uomo, anche se non ancora riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dell’Onu. In particolare i partecipanti al Forum Alternativo sono fortemente contrari alla costruzione di altre dighe, come avviene da anni in Turchia. Ieri, all’assemblea plenaria del Forum della società civile, i delegati della minoranza curda in Turchia hanno denunciato la violazione dei diritti umani da parte del governo di Ankara, accusato di costringere i curdi ad abbandonare la propria terra attraverso politiche distruttive della risorsa idrica, in particolare la costruzione di grandi dighe. Negli ultimi 60 anni ci sono stati più di 200 accordi internazionali per la gestione delle acque transfrontaliere con 37 casi accertati di violenze tra Stati a causa della risorsa idrica.
Ma a tener banco sia nel vertice formale che in quello della società civile è soprattutto il tema della privatizzazione dell’acqua.
Investire nell’acqua per far soldi è l’ultima frontiera del business.
E per l’Italia questo principio, purtroppo non è più teoria. Con la legge 133 dello scorso agosto, a firma di Giulio Tremonti, si è passati alla pratica. L’articolo 23 bis, infatti, ha classificato l’acqua come un bene a rilevanza economica espropriando di fatto la loro gestione ai comuni che saranno costretti alla messa a gara di tutti i servizi pubblici acqua compresa.
Contro questa decisione sono stati opposti, da parte di alcune regioni, ricorsi di costituzionalità.
Anche in Parlamento qualcosa si sta muovendo. Il 22 Gennaio 2009 è iniziato formalmente l’iter parlamentare di una legge popolare promossa dal Movimento per l’Acqua pubblica e che nel giro di qualche mese ha raccolto oltre 400mila firme.