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 2009  marzo 21 Sabato calendario

«SOLTANTO I PROFILATTICI? IL CONTAGIO CRESCE»


Il paradosso è servito: la scienza medica conferma che la distribuzione a vasto raggio dei preservativi aumenta il contagio di Aids. Mentre l’insistenza sul­la fedeltà coniugale e l’astinenza sessuale sono «pro­babilmente il maggior contributo» nella lotta al virus Hiv. Parola del New York Times (lo stesso quotidiano che in questi giorni ha criticato Benedetto XVI), 1 marzo 2003, in un commento a firma di Edward C. Green, direttore del Progetto di ricerca per la prevenzione dell’Aids pres­so il Centro studi sulla popolazione e lo sviluppo del­l’università di Harvard. La stessa dove il (non ancora) presidente Obama insegnava diritto.
Green, un’autorità mondiale in materia ( suo il libro Rethinking AIDS Prevention del 2003), autore di decine di contributi specialistici, concorda con Benedetto XVI su come affrontare l’Aids nel Continente Nero. «Il Papa ha ragione: l’evidenza migliore di cui siamo in posses­so supporta i commenti del Pontefice», ha dichiarato Green alla National Review Online. «I nostri migliori studi mostrano una consistente associazione tra una maggior disponibilità/uso di preservativi e maggiori (non minori) indici di infezione da HIV». Per Green la posizione del Papa non è affatto bizzarra rispetto alla scienza: «Un numero sempre maggiore di esperti di Aids sta accettando queste posizioni», tra le quali l’esperto di Harvard indica «la riduzione di partner sessuali oc­casionali », che egli definisce «il cambiamento di com­portamento più importante associato alla riduzione della diffusione del virus».
In un testo del 7 aprile 2007 comparso sempre sul New York Times, Green smentiva l’idea che i piani occiden­tali – nel caso, la distribuzione di condom in Africa – po­tessero avere successo: «Sta crescendo l’evidenza che i modelli biomedici di tipo occidentale nella prevenzio­ne dell’Aids – come i condom, gli antibiotici per le in­fezioni trasmesse per via sessuale e i test sull’Hiv – so­no largamente inefficaci in Africa». Il luminare harvardiano confrontava due esempi: da u­na parte quello applicato in Uganda, basato sul con­cetto ABC – astinenza, fedeltà e uso del preservativo (in questo ordine) – dal costo irrisorio di 0,23$ pro-capite, che ha portato ad una riduzione del tasso di infezione dal 15% nel 1992 al 5% nel 2004. Mentre altri Paesi, og­getto di campagne miliardarie finanziate dall’Occiden­te per l’uso di preservativi, «sono tra gli Stati che han­no gli indici più alti di diffusione dell’Hiv». Green offre anche dati concreti: nello stesso periodo, in Uganda ve­nivano usati ogni anno solo 4 profilattici per ogni ma­schio, in Botswana ben 35, in Zimbabwe 25 e in Suda­frica 20. In una conferenza del 2006 al Christian Connections for International Health di Washington Green ha snoc­ciolato altri numeri per dimostrare che non sono i pre­servativi la panacea anti-Hiv. Vedi il caso-Kenya, passato da un’incidenza del 10% di malati di Aids negli anni No­vanta al 7% del 2003: «In questo periodo il Kenya ha vi­sto un aumento significativo di A (astinenza) e B (fedeltà) e un piccolo incremento dell’uso dei preservativi».