Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 21 Sabato calendario

LA FOLLIA DI OLINDO


Sembrano pagine del diario di un adolescente, invece sono le lettere di Olindo Romano. Il netturbino diventato il mostro di Erba, l’altra metà della coppia diabolica condannata all’ergastolo per l’omicidio di quattro persone, tra cui un bimbo di due anni. Sono tutte indirizzate a S.C.D., un detenuto che per nove mesi è stato il suo dirimpettaio nel reparto ”osservazione” del (...)

(...) Bassone di Como e che poi è stato trasferito nel carcere di Sondrio. Otto lettere in cui Olindo parla spesso al plurale e si firma ”Olly e Rosa” oppure ”Rosa e Olindo”. Una cosa sola. Anche nella corrispondenza. I fogli, tranne in un caso, sono tutti a quadretti. La calligrafia è pulita, senza cancellature (ma con diversi errori di ortografia e grammatica), le frasi sottolineate con evidenziatori fluorescenti. Gli spazi bianchi riempiti con fiorellini colorati come quelli che i bimbi disegnano alle elementari.

Quelle di Olindo Romano non sono lettere normali. Ognuna è una composizione di parole e immagini, lo scorrere del testo è interrotto da vignette e fotografie ritagliate dai giornali e incollate con precisione maniacale. Le figure hanno spesso un significato, un legame con la sua vita o con quella del suo amico-detenuto. Immagini di santi, Madonne, ma anche la formazione dell’Italia campione del mondo, un camper (come quello che avevano lui e Rosa), la faccia di Marco Pannella (perché S.C.D. per un periodo ha fatto lo sciopero della fame), Valentino Rossi (S.C.D. è un fan del campione). In una delle lettere Olindo ha incollato una bustina su cui c’è il primo piano del pilota di Formula Uno Felipe Massa da un lato, e la copertina del libro ”Tulipano Nero” di Alexandre Dumas dall’altra. Dentro, è infilato un pappagallo giallo e blu.

In una busta c’è un foglio giallo a forma di cuore. un codice di segni e numeri inventato dal netturbino per impedire agli agenti di leggere la sua corrispondenza. Funziona così: in una lettera precedente ci si accorda su quale punto del codice corrisponde alla ”A” e da questo, in senso orario, seguono tutte le altre lettere dell’alfabeto. Di che cosa parla Olindo al suo ex vicino di cella? Di Rosa, soprattutto. Poi scrive delle udienze spiegando dettagliatamente alcuni aspetti tecnici del processo, si preoccupa della salute della madre del suo ex dirimpettaio e di quella di suo figlio che chiama ”il tuo ometto”. Manda al suo amico, tifoso dell’Inter, una lettera con la foto della Nazionale di calcio e il commento: «Lo scudetto l’avete vinto per miracolo. Altro che sudato». E poi ancora sport: «Il traguardo del giro d’Italia l’hanno fatto apposta sotto casa tua perché sapevano che non c’eri tu».

In un’altra missiva Olindo chiede a S.C.D. di spedirgli dei giornali perché «a noi danno solo il Corriere della Sera ma non c’è su quasi nulla». Nessuna parola sulla strage, solo un commento dopo la condanna: «Stiamo bene, nonostante ci abbiano dato l’ergastolo e tre anni di isolamento, pena che danno ai capi mafia».
il vicino di cella

Il tre marzo scorso, S.C.D. ha finito di scontare due anni per traffico di stupefacenti. L’uomo che nessuno vorrebbe come vicino di casa è diventato il suo migliore vicino di cella. Nove mesi di convivenza forzata e poi, dopo il trasferimento a Sondrio, un’intensa corrispondenza. «Non è un amico, non lo sarà mai. All’inizio, non volevo saperne di lui perché ha ucciso un bambino. Ma quando sei in isolamento devi parlare con qualcuno altrimenti impazzisci. Non abbiamo mai avuto contatti fisici, anche l’ora d’aria la facevamo separatamente. E quando dovevo dargli qualcosa, una sigaretta o un francobollo, usavo le guardie come tramite. In qualche modo si era legato a me e, quando mi hanno trasferito a Sondrio, ha iniziato a scrivermi». Nove mesi uno di fronte all’altro nello stesso reparto. Quattro celle in tutto e gli agenti che controllano ventiquattro ore su ventiquattro. stato Olindo a parlargli per primo. «Un giorno mi ha chiesto: ”Ma tu perché sei qui?”. Ho risposto: ”Non sono uno come te, non ammazzo i bambini perché fanno rumore”. Dopo alcune settimane di silenzio assoluto, sono stato io a chiedergli qualcosa. Non potevo più stare zitto».

 così che è cominciato un dialogo. All’inizio poche parole che, col tempo, sono diventate conversazioni interminabili. «Non mi ha mai parlato della strage. A volte gli chiedevo: ”Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?” Lui non mi rispondeva. Sbuffava, e cominciava a fumare». S.C.D. racconta di un Olindo che disegna Paperino e Topolino per i suoi figli, che gli regala francobolli e sigarette e di un altro che, dopo aver litigato con le guardie carcerarie, urla: «Se mi fanno arrabbiare gli tiro il collo, tanto uno in più, uno in meno...». E minaccia: «La vendetta ha la memoria lunga». I pensieri del netturbino erano sempre per Rosa. «Mi ha confessato che aveva comprato la Seat ”Arosa” e che aveva cancellato la ”A” perché la sua auto si chiamasse come sua moglie. E poi ogni volta che si parlava di vallette e veline lui, seccato, sbottava: «Ma io ho la mia Rosa...». Il suo chiodo fisso era la cella matrimoniale. Mi diceva: «Pensa che bello se potessimo avere le nostre mogli con noi».

Olindo faceva doccia e barba solo quando doveva incontrare Rosa Bazzi. Metteva sempre la stessa camicia a quadri da campagnolo e i pantaloni di velluto. Gli altri giorni non si curava del suo aspetto, si dedicava piuttosto alla pulizia della cella. E al suo kit, la sua scatola dove conservava i ritagli, le forbicine, la colla, tutto l’occorrente per realizzare le sue strane lettere. Dopo lunghe battaglie, Olindo ha ottenuto di tenerla in cella fino alle 22. Passava ore intere a scrivere, ritagliare, incollare».
un uomo tranquillo

L’ex vicino di cella parla del mostro di Erba come di un uomo tranquillo, dice: « sereno come se avesse ammazzato un coniglio». Mai un cenno di pentimento, solo nostalgia per il passato: «Una volta mi ha detto: ”Ma chi me l’ha fatto fare? Stavo così bene...”». I primi mesi, prima che cominciasse il processo, nella cella di S.C.D. arrivava l’eco di una litania. «Che fai, Olindo, preghi? E lui: ”Prego, perché Mario Frigerio muoia”». L’unico sopravvissuto e unico testimone della strage, si è salvato per un difetto congenito alla vena del collo. Olindo, colpendolo alla gola, era convinto di averlo ammazzato. «Una volta mi confidò: ”Ho fatto proprio un buon lavoro, mica potevo sapere che quel Frigerio lì aveva la giugulare deviata”».