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 2009  marzo 21 Sabato calendario

RICARICHIAMO LE PILE DEL MONDO


Fate una prova: togliete le pile dal telefonino o dal computer. Di colpo, l´aggeggio che vi pesa sempre, come un macigno, in tasca o nella borsa, è leggero come un foglio di carta. E fosse solo questo. Quante volte prendete il cellulare per fare una telefonata importante e un lamentoso bip vi avverte subito che il telefonino sta per abbandonarvi? Oppure piazzate il vostro pc sul tavolinetto dell´aereo per scrivere quella cosa importante. Niente, c´è una lampadina che lampeggia furiosamente. "Carica del portatile in esaurimento" avverte lo schermo. Così tocca ricorrere all´unico backup disponibile: carta e penna.
Capita sempre, capita a tutti. Perché tutti ci scontriamo, di continuo, con un problema apparentemente insolubile. «Anche se sembra arcaica, in un mondo di gigahertz e di nanocircuiti - sostiene Winn Rausch, autore della "Bibbia dell´hardware" - la vecchia modesta pila non solo è sopravvissuta alla moderna era digitale. La alimenta». Ma questa è esattamente la fregatura. «La più importante strozzatura nel cammino della tecnologia oggi - lamenta un blogger americano dell´high tech, Matt Buchanan - è un unico singolo ostacolo: le batterie. Fra tutti gli straordinari progressi degli ultimi cinquant´anni, la tecnologia delle batterie è rimasta, fondamentalmente, la stessa». Oggi, però, la strozzatura di cui parla Buchanan rischia di compromettere molto di più di un brillante futuro digitale, fatto di gadget sempre più leggeri, sempre più potenti, sempre più efficienti: telefonini inestinguibili, computer che marciano tutto il giorno, videocamere infallibili. In ballo c´è la drammatica speranza di uscire, il più in fretta possibile, dall´era del petrolio e del riscaldamento globale.
La batteria l´abbiamo già inventata due volte. A stare a quanto dicono alcuni archeologi, un reperto di 2.500 anni fa, trovato a Baghdad nel 1932, un bastone di ferro infilato in un cilindro di rame, sarebbe, in realtà, una rudimentale pila. Con un po´ di liquido acido dentro, poteva generare una debole corrente elettrica, più o meno come un limone in cui abbiate infilato due striscette di rame e zinco, classico esperimento da scuola media. Probabilmente, serviva a lucidare il metallo, per far brillare il rame come oro. Per saltare dai falsi protostorici di bigiotteria alla pila vera e propria, comunque, bisogna aspettare l´Ottocento e Alessandro Volta. Seguono anni di vertiginoso progresso tecnologico. Nel 1859, siamo già alla prima batteria ricaricabile: la pila a piombo e acido solforico di Gaston Planté.
E lì, più o meno, siamo rimasti. La batteria che, tutte le mattine, mette in moto (se non l´avete lasciata con i fari accesi) la vostra macchina è, ancora, in buona sostanza, quella di Planté. Esattamente come le pilette che alimentano, oggi, la nostra macchina fotografica sono sorelle di quelle con un conduttore solido, anziché liquido, che per primo realizzò Carl Gassner all´epoca di Bismarck.
Bisognerebbe, insomma, inventare la batteria una terza volta. Invece, la pila resta, tuttora, sostanzialmente una scatola piena di elementi chimici che producono elettricità, secondo principi e processi, noti da decenni. Senza un salto di qualità, quindi, per dirla con Buchanan, siamo fermi agli ingegneri «che, ogni anno, strizzano qualche goccia di potenza in più dalla vecchia tecnologia». Questo non significa che non ci siano stati progressi significativi, che hanno reso possibili, tra l´altro, telefonini e computer portatili. Nel campo delle pile ricaricabili, abbiamo superato le batterie a nickel e cadmio (Ni-Cad), che avevano il non trascurabile difetto di doversi scaricare completamente, per potersi ricaricare completamente, perché la batteria memorizzava l´ultima carica ricevuta e, la volta successiva, non ne accettava di più. Siamo arrivati, negli anni ´90, a quelle a nickel e metallo (Ni-Mh) che contengono il 50 per cento di energia in più, rispetto a quelle al cadmio e che questo "effetto memoria" non ce l´hanno. L´ultimo grido sono quelle al litio (Li-ion) che contengono tre volte l´energia delle Ni-Mh e producono il doppio della potenza. Ultimo grido, tuttavia, è una esagerazione: le prime batterie al litio sono di trenta anni fa. E, rapportato al mondo digitale, il progresso nelle batterie rivela uno scompenso esponenziale. Il mondo digitale segue la legge di Moore (la potenza di un chip raddoppia circa ogni due anni), quello delle batterie le leggi naturali. Il risultato è che, come ha notato il mensile americano Wired, le prestazioni delle batterie sono aumentate di 8 volte in 150 anni. Quanto le prestazioni dei microchip aumentano, accrescendo di altrettanto la capacità potenziale dei computer e dei gadget elettronici, in soli sei anni. Per il mondo digitale, insomma, le batterie sono una zavorra storica.
I tentativi per liberarsene, infatti, si moltiplicano. Ci sono le celle a combustibile, quelle che danno corpo al miraggio dell´era dell´idrogeno. O le nanotecnologie: tante nanobatterie da disseminare all´interno di un computer, rendendolo più efficiente, perché in grado di rispondere ai suoi diversi requisiti (l´hard disk non ha le stesse esigenze di potenza e voltaggio dello schermo, ad esempio). Per ora, però, tutte queste tecnologie restano nei laboratori. Il futuro prevedibile della batteria è legato alla tecnologia di oggi, quella del litio. Già nel 2005, il litio alimentava 50 milioni di portatili, 800 milioni di telefonini, 80 milioni di macchine fotografiche. Oggi, qualsiasi nuovo prodotto va a litio. Ed è sul litio, dunque, che si sta accendendo una vera e propria guerra industriale.
In ballo, allo stato attuale, c´è un mercato globale da 80 miliardi di dollari, dominato dalle potenze dell´Estremo Oriente: Giappone, Corea del Sud, Cina. Se si crede alle proiezioni che fanno a Seul, nel giro di un paio d´anni, la quota di mercato del Giappone (Panasonic-Sanyo) dovrebbe scendere dal 65 al 51 per cento. Quella coreana (Samsung, Lg) salire dal 26 al 35 per cento, mentre quella cinese (Byd) restare intorno al 10 per cento. Buono o meno che sia lo scenario della spartizione, ciò che conta è che il totale delle tre potenze asiatiche farebbe il 95 per cento del mercato. Al resto del mondo resterebbero le briciole.
Probabilmente, così andrebbe a finire se la posta in gioco fossero solo le batterie che alimentano il mondo digitale. Troppo poco perché si parli, come si comincia a fare, di "guerra delle batterie". Ma, allora, perché il piano di stimolo di Obama destina 2,5 miliardi di dollari per lo sviluppo di un´industria americana delle batterie? Due miliardi e mezzo di dollari a fondo perduto, per farsi largo in un mercato, già ampiamente presidiato, che cresce del 3-4 per cento l´anno e che ne vale in tutto 80 miliardi? La risposta è che la posta in gioco è molto più ampia: quel mercato da 80 miliardi di dollari è destinato ad esplodere presto. La tecnologia delle batterie è, oggi, cruciale, infatti, perché è la chiave dell´immagazzinamento di energia. Il futuro delle energie alternative è legato a doppio filo alla possibilità di immagazzinare energia, da distribuire anche quando vento e sole non ci sono. il litio la risposta? Probabilmente no, date le quantità di energia coinvolte. Ma se il litio non serve per le centrali ed è una zavorra per il mondo digitale, c´è un altro settore, che non funziona secondo la legge di Moore, ma quella di natura. un mercato grande e altrettanto assetato di energia: l´auto, dove le batterie al litio sono più leggere e più facilmente ricaricabili (per esempio alla presa elettrica del garage) di quelle al nickel usate nelle macchine ibride di oggi.
Non passa settimana, senza che un´azienda automobilistica non annunci un accordo con qualche industria del settore per la produzione di batterie al litio: la Toyota con Panasonic (cioè con se stessa), la Gm con Lg, la Nissan con Nec, la Mercedes con Johnson Control-Saft. Tutte si posizionano per un futuro che sentono vicino. Un rapporto di un istituto americano, Lux Research, calcola che, se Obama riuscirà davvero a lanciare l´auto elettrica negli Usa, nel 2012 si potrebbe arrivare fino a 5 milioni di macchine vendute, che richiederebbero batterie per un controvalore di almeno 14 miliardi di dollari. Significherebbe, solo all´inizio, aumentare d´un colpo quasi del 20 per cento il mercato globale attuale.
Ma c´è tutto questo litio? E quanto costerebbe? Lux Research valuta che, nell´ipotesi più probabile (3 milioni di auto elettriche vendute) occorrerebbero, per le loro batterie, quasi 4 mila tonnellate di litio, circa il 6 per cento dell´attuale produzione annua. Ma se le macchine fossero 5 milioni, con una percentuale più alta di plug-in, cioè ricaricabili in garage (che richiedono batterie con più litio), occorrerebbero 25 mila tonnellate, il 42 per cento della produzione annuale. A produrre, attualmente, però, sono solo Cile, Argentina e Cina. Secondo il servizio geologico americano, metà delle riserve mondiali di litio sono in Bolivia e non sono ancora state toccate. Detto in altre parole, Evo Morales e gli indios boliviani hanno riserve di litio pari a quelle esistenti in tutto il resto del mondo. Sono seduti su un tesoro. E lo sanno benissimo.