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 2009  marzo 21 Sabato calendario

NANI (DI STARCK) E BALLERINE SESSANT’ANNI DI FATTORE «K»


Fattore K. C’era una volta quella maiuscola Kappa creativa che, tutto il dopoguerra, condizionò la nostra piccola storia: i papà che montavano sul tettuccio dell’auto i rivoluzionari portasci di plastica e gomma, le mamme che scolavano la pasta nei polimeri... Una volta. Poi arrivarono i comodini arancioni, le librerie a chiocciola, i nanetti e le sedie invisibili. La K del signor Kartell, un’ideologia. L’oggetto che in casa, in famiglia, in ufficio non doveva solo servire, ma anche «confortare». Chi ha detto che le ideologie sono morte? A sessant’anni dalla sua nascita, il fattore K c’è ancora. evoluto, nel modo più naturale. E gli oggetti si sono fatti moda: madama la plastica, sempre lei, per festeggiare l’anniversario prende la forma delle ballerine Cinderella; le storiche seggiole Mademoiselle di Philippe Starck si rivestono di griffe, dal leopardato Dolce&Gabbana allo smacchinato Missoni; le Ghost si tingono di rosso Valentino e finiscono nelle vetrine di Varsavia; le mille luci Bourgie illuminano New York e la mostra di Sprouse da Louis Vuitton.
Il design non è più una virtù. Non l’unica, almeno. Dopo l’era della plastica innovativa (Giulio Castelli, il fondatore: 1949) e la fase del design per tutti (Claudio Luti, il genero di Castelli: 1988), la terza generazione K crede nel fashion system. Lorenza Luti, nipote di Giulio e figlia di Claudio, trentenne direttrice marketing dell’azienda di Noviglio, firma l’ultima metamorfosi: «L’idea delle ballerine di gomma c’è costata un paio anni di lavoro, come una lampada di Starck. Sono questi, i tempi di chi vuole disegnare oggetti per sempre, meno futili e passeggeri. La crisi fa piazza pulita di ciò che non resta. Noi entriamo nella moda con quel che sappiamo fare: forme che non siano solo "di moda"». Nulla d’improvvisato, sia chiaro: papà Claudio, che dalla moda quasi cominciò, negli anni ’70 divideva affari (era commercia-lista) e affitti (la prima stanza con cucina in via Spiga) con tale Gianni Versace e fu così sino all’88. Ed è per questo la coscienza critica dell’operazione: «Sappiamo quali sono i rischi di quest’evoluzione.
Nella moda italiana non vedo più la ricerca d’una volta. un sistema un po’ sfiduciato, che non crede nelle sue potenzialità. Potremmo essere i maestri, ben più dei tedeschi o dei francesi. Anche per questo, forse, è utile che arriviamo per dire la nostra ». A volte basta poco, per mettersi in testa un’idea meravigliosa: per dirne una, fu a Luti che un giorno capitò fra le mani una strana plastica trasparente, produzione General Electric, buona solo per fare i caschi antisommossa della polizia, e da quel giorno materia prima delle sedie che hanno fatto accomodare il mondo.
Dalla testa ai piedi. Con le Grandi Firme, che da una vita zampettano nell’orto del design, stavolta invasi dai signori Grandi Forme: «I nomi della moda li abbiamo visti disegnare piastrelle, tirar su palazzi e alberghi – punzecchia Luti ”. Ma con una differenza: gli stilisti sono abituati a bruciare collezioni e t’arredano una casa pensando al loro gusto; noi designer, pensando a chi compra. Un oggetto che, in quella casa, deve restare per decine d’anni». Da Sottsass a Zanuso, da Starck a Ron Aral, da Laviani a Magistretti, passando per le esposizioni al Moma, il fattore K ha reso popolare, «democratico » il genio del design: l’ultima scommessa si chiama Normaluisa, la creatrice delle ballerine di gomma, che per due anni ha girato in incognita saloni e sfilate per capire che cosa la gente s’aspettasse dal suo prodotto, poi si è presentata: Giorgiana Zappieri, 30 anni, figlia d’arte, pure lei: «Ci siamo capite subito – dice Lorenza Luti – anche lei, come la mia famiglia, capace di pensare a progetti e non ad attimi».
«Tanti – dice Luti – ci chiedono di disegnare per noi. Non diciamo no a nessuno, ma nemmeno sì a chiunque: per convincerci, non devono volere tutto e subito. Vogliamo cose che restino». Nel giardino di Noviglio, dov’è il museo Kartell e dove nascono le idee, le siepi sono a forma di gigantesche sedie, poltrone, oggetti che hanno fatto storia: il sempreverde della nostra vita quotidiana.