Adriana Bazzi, Corriere della sera 21/3/2009, 21 marzo 2009
PICASSO, IL GENIO DEL RISPARMIO
E’ una specie di detective story che mescola scienza e arte, gascromatografi e vernici colorate, acquisti su eBay e analisi microscopiche, alla ricerca di indizi che potranno essere sfruttati per conservare e restaurare i quadri di uno dei grandi maestri dell’arte moderna: Pablo Picasso.
A capo dell’indagine è Francesca Casadio, chimica laureata a Milano e da sei anni all’ Art Institute di Chicago dove dirige come «conservation scientist» il laboratorio scientifico. Il rapporto preliminare della ricerca sarà presto pubblicato a sua firma sulla rivista Applied spectroscopy.
«Il progetto Picasso – dice Casadio – è nato parallelamente alla costruzione della nuova ala per l’arte moderna, ideata da Renzo Piano, all’Art Institute di Chicago. Così si è deciso di sottoporre ad analisi scientifiche due suoi capolavori conservati al museo ». Picasso in queste opere, The Red Armchair (1931) e Still life (1922), non ha usato soltanto pittura da tubetti per artisti, ma anche vernici industriali che un occhio esperto identifica già per l’effetto tipo smalto, diverso dalla pennellata di colore. Il motivo della scelta dell’ artista? Sperimentare nuovi materiali, ottenere un’asciugatura più rapida, ma anche risparmiare sui costi.
Da qui la domanda: come si conserveranno nel tempo queste vernici e come evitare che si degradino? E’ quella che i tecnici chiamano conservazione preventiva.
«Intanto bisogna capire che cosa Picasso ha usato – continua Casadio ”. Prendiamo The Red Armchair: l’effetto visivo non basta per giudicare, è indispensabile ricorrere a un’analisi dei materiali».
Materiali dei quadri che vengono prelevati con una sorta di biopsia, come avviene in medicina, e che vengono poi analizzati con tecniche varie come la microscopia elettronica (che permette di visualizzare, per esempio, pigmenti microscopici) o la microspettrofotometria a infrarossi che rileva i composti chimici presenti in un campione. E materiali di confronto, in questo caso tubetti (di colore per artisti) e barattoli (di vernice, quella industriale).
«Fra le carte di Picasso – aggiunge Casadio – sono stati trovati ordini per barattoli di Ripolin, una marca di vernici piuttosto diffusa soprattutto in Francia». Che Picasso la usasse è dimostrato anche dal fatto che nella scultura Figure (del 1935, conservata sempre all’Art Institute) la faccia è costruita con il coperchio di un barattolo di Ripolin.
«Per trovare campioni di Ripolin dell’epoca – continua Casadio – abbiamo cercato su eBay: anche lo shopping online serve alla ricerca scientifica. Adesso abbiamo una collezione di barattoli di Ripolin e persino le brochures della ditta dove è addirittura specificata la composizione delle vernici ».
Gli elementi per il confronto ci sono tutti. E così pure i risultati. Eccone uno: «L’analisi di un frammento del violetto in The Red Armchair – spiega Casadio – ci ha rivelato la presenza di sali di metalli pesanti. Questo sta a significare che Picasso ha usato, come base, il bianco Ripolin cui ha aggiunto il violetto di cobalto, usato dagli artisti e piuttosto costoso. La presenza di quest’ultimo è stata svelata dall’identificazione di grossi pigmenti visibili al microscopio, che contengono, come rilevato dallo spettro infrarosso, cobalto e fosforo. Il colore bianco della faccia, invece, è Ripolin puro, assolutamente paragonabile a quello contenuto nei barattoli e nei campioni delle brochure». Il prossimo passo è analizzare come queste vernici invecchiano e quali provvedimenti poi adottare per conservare i dipinti. Un esempio: il colore bianco contiene zinco che reagendo con l’olio forma saponi idrosolubili, particolarmente sensibili a quei trattamenti a base acquosa usati di solito per la pulizia.
Adriana Bazzi