Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 21 Sabato calendario

«ATTENTI, IL BALLO DEI LISTINI E’ SFRENATO»


Volete sapere quanto rischioso è investire in Borsa? Ora è disponibile un nuovo strumento, che porta la firma di un Nobel, Robert Engle, premiato nel 2003 proprio per le sue ricerche sulla volatilità – l’ampiezza delle oscillazioni dei prezzi, all’insù e all’ingiù – dei mercati. Basta visitare il sito del Volatility lab (http:// vlab.stern.nyu.edu ), il nuovo centro di ricerca della Stern school of business della New York University dove insegna Engle, che in tempo reale dà il polso della situazione di varie Borse e di altri indicatori come il cambio dollaro- euro.
Il suo consiglio? Concentratevi di più sui rischi – oggi sono ai massimi dal 1987, l’anno di un altri crac – che non sui potenziali guadagni.
Qual è l’obiettivo del Vlab?
«Studiare la volatilità e rappresentarla con modelli che ci aiutino a capire l’attuale crisi finanziaria. La parte più innovativa è il sito dove ogni giorno si può controllare il livello della volatilità dei mercati e vedere le previsioni a una settimana, un mese, sei e 12 mesi».
Facciamo un esempio: la volatilità dell’indice S&P500 delle azioni americane è del 42,12%....
« una misura annualizzata della volatilità, basata sugli ultimi 12 mesi. Questo dato significa che la deviazione standard dell’andamento dell’indice è circa il 3%: il giorno successivo, quindi, è probabile che l’indice possa salire o scendere al massimo del 3%. Ma se vogliamo essere sicuri al 99% delle nostre previsioni, dovremmo moltiplicare per tre quella variazione e prepararci a una banda di oscillazione fra +9 e -9%».
La volatilità nell’estate 2007, prima dello scoppio della crisi dei mutui subprime, era molto bassa, attorno al 10%: com’era possibile anticipare il terremoto imminente?
«Nessun modello di analisi della volatilità forse avrebbe potuto prevedere ciò che è successo».
 per questo che le banche e le altre istituzioni finanziarie non si sono accorte dei rischi che stavano prendendo?
«Gran parte delle società ha dipartimenti di gestione dei rischi che raccolgono dati dalle varie attività aziendali e li analizzano: se usano modelli capaci di seguire velocemente i cambiamenti del mercato, possono fronteggiarli meglio. Ma i modelli impiegati per misurare i rischi non erano molto buoni e così le banche hanno assunto più rischi di quello che credevano su certi prodotti. Un altro problema è che c’erano moltissimi incentivi perché tutti ignorassero i rischi».
Tutti chi?
«Gli azionisti, le società di rating, gli amministratori delegati: tutti erano pagati per non vedere i rischi. Inoltre, per anticipare una crisi come quella dei mutui subprime bisogna tenere d’occhio non la volatilità quotidiana, ma i rischi di lungo termine, macroeconomici: in quel senso era ragionevole aspettarsi un rallentamento dopo anni di boom degli immobili e della finanza ».
Secondo alcuni, una causa della crisi sono i modelli matematici usati per valutare prezzi e rischi dei titoli costruiti sui mutui , come gli Mbs, Mortgage-backed securities: è d’accordo?
«Gli Mbs e altri titoli derivati sono molto complessi ed è molto più difficile studiarne e prevederne la volatilità rispetto a un indice di Borsa. I modelli usati finora non rivelavano i rischi assunti sui Mbs, ma fissavano solo un prezzo basato su titoli simili».
La crisi ha fatto cambiare l’atteggiamento verso i rischi?
«Si sta facendo molta ricerca per migliorare i sistemi di analisi e previsione dei rischi.
E quei prodotti finanziari complessi non hanno più mercato».
Che cosa si può fare dei titoli tossici?
«Le banche vorrebbero venderli a un prezzo superiore a quello che altri operatori sono disposti a pagare. In mezzo c’è il governo, che però non ha le idee chiare: tutti aspettano di capire a quanto potrebbe comprare quei titoli. Così il mercato resta fermo ».
C’è chi parla di nazionalizzare le banche: che cosa ne pensa?
«Sarà difficile evitarla. Ma bisogna aspettare la fine dello stress test con cui il Tesoro sta valutando la salute delle banche per sapere chi sopravvivrà da sola. Il pubblico comunque può stare tranquillo perché i depositi sono assicurati ».
E chi ha investito risparmi in Borsa?
«Deve guardare i grafici della volatilità su Vlab: quella di Wall Street non è mai stata così alta dal 1987. Se si crede che i potenziali futuri guadagni saranno alti, ha senso restare in Borsa; altrimenti è saggio rifugiarsi nelle obbligazioni e anche nella liquidità».
Su quale base si stimano i futuri rendimenti?
«A muovere i prezzi delle azioni sono le notizie: se si pensa che arriveranno buone notizie, significa che le quotazioni saliranno. Siamo in un’epoca con un sacco di informazioni. L’economia va male e la gente legge molto, cambiando idea da un giorno all’altro. Purtroppo ci si concentra spesso sul cercare di indovinare dove andrà la Borsa e non si pensa abbastanza al rischio di investirci».
Quanta responsabilità hanno i media nell’incentivare l’altalena di umori che fa impazzire i listini?
«Molto relativa. Sui mercati contano i grandi investitori, che usano subito e in modo sofisticato le notizie. L’umore del pubblico più generale è importante, ma sarebbe sbagliato da parte dei media cercare di influenzarlo in modo troppo ottimista: la gente potrebbe essere seriamente danneggiata da previsioni positive che non si verificano».