Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  marzo 21 Sabato calendario

BABY BOOM, L’AMERICA TENTA IL BIS


Da cinquant’anni a questa parte, Malia e Sasha sono le più giovani residenti alla Casa Bianca. Sono, inoltre, tra i numerosi bambini che contribuiscono alla continua crescita della popolazione statunitense. La demografia ha un numero "magico": 2,1. il numero medio di figli per coppia (o per donna, nel calcolo delle statistiche) necessario per riprodurre una generazione, mantenendo un equilibrio della popolazione (senza contare le migrazioni). I dati recentemente pubblicati negli Usa sul 2007 confermano che per il secondo anno consecutivo il numero medio di figli per coppia è pari, quasi magicamente, proprio a 2,1.
Da cinquant’anni a questa parte, per la prima volta gli Stati Uniti superano il numero annuo di nati del picco del baby boom: 4,317 milioni. Sembra difficile spiegare l’abbondanza di childrens guardando dalla vecchia Europa, ma anche dalla Cina e dal Giappone. Siamo infatti abituati a pensare, anche grazie a ricerche ben condotte, che si fanno figli laddove esistono politiche sociali che consentano di combinare lavoro e famiglia, oppure che sostengono economicamente le famiglie con figli. Il welfare amichevole nei confronti dei bambini e delle donne sarebbe la chiave per spiegare i livelli di fecondità quasi "americani" della Francia (2,0 nel 2007), contro i bassi livelli di Germania, Italia o Giappone (tra 1,3 e 1,4). Ma negli Usa il welfare è "poco amichevole" per definizione: come spiegare la fecondità da equilibrio?
I motivi sono essenzialmente tre. Primo, i figli si fanno da più giovani, e dunque se ne fanno di più. Si diventa spesso genitori da teenager (10,5% dei nati sono da mamme meno che ventenni): questo welfare debole paradossalmente "aiuta" la fecondità. Per vasti segmenti della popolazione l’unico sogno, già a 15 o a 18 anni, è infatti veder crescere un figlio che potrà farcela. Comunque, anche i ceti più privilegiati hanno una fecondità più precoce rispetto all’Italia, dove come sappiamo ogni passaggio all’età adulta (ivi compreso diventare genitori) avviene più tardi. Secondo, la cultura pesa: sopra la media spiccano sia gli ispanici (3,0 figli per donna) sia i nuovi tradizionalisti religiosi (lo Utah dei Mormoni nel 2006 ha il livello più alto tra gli Stati, 2,6). Terzo, il libero mercato contribuisce anche alla più alta natalità. Aiutano la flessibilità del mercato del lavoro e degli orari di vita, lo spazio meno costoso, ma forse anche un atteggiamento più imprenditoriale, più propenso al rischio, nelle scelte familiari.
L’esempio Usa mostra come nei Paesi ricchi oggi per avere un equilibrio demografico non è assolutamente necessario avere un welfare forte. Tutto a posto allora? Niente affatto: a una società dinamica e orientata al futuro non basta avere tanti bambini se essa non è in grado di farli crescere come adulti consapevoli e produttivi. Proprio questo è il rischio principale del debole welfare statunitense. Giustamente Obama ha puntato, almeno in campagna elettorale, sugli investimenti in istruzione e sanità oltre che sulla crisi economica. Nella nazione della libera scelta, si è finora ignorato che i bambini non possono essere "liberi" di scegliere sul mercato né l’assicurazione sanitaria né la scuola. Si è sempre pensato che fosse ovvio far scegliere ai genitori. Ma i genitori, sappiamo, non sempre possono scegliere nell’interesse del figlio, e a volte anche quelli che possono semplicemente non lo fanno. Inoltre, le diseguaglianze si perpetuano e si moltiplicano quando la famiglia d’origine influenza molto l’accesso sanità e istruzione di qualità. Gli Stati Uniti hanno un tasso di mortalità infantile nettamente superiore rispetto ai Paesi di ricchezza paragonabile; la struttura della famiglia d’origine ha un effetto più elevato sugli esiti scolastici rispetto ad altri 24 Paesi Ocse studiati nell’indagine Pisa 2003.
I dati sulle nascite sono tempestivi: quelli appena usciti si riferiscono al 2007. Non è affatto chiaro quale sarà la reazione demografica alla profonda crisi economica attuale, e quanti saranno i nati del 2008, del 2009 e dei prossimi anni. Ma anche se al boom seguisse un baby bust, rimarrà per gli Usa la generazione di nati più numerosa della storia. dunque fondamentale puntare oggi all’estensione dell’accesso all’istruzione (anche quella precedente la scuola primaria, tanto latitante oggi quanto fondamentale per la costruzione della persona) e alla copertura sanitaria dell’intera popolazione sotto i 18 anni. Sarebbe altrimenti un immenso spreco per un Paese che sul capitale umano ha costruito la propria fortuna.